La sfida di Obama
Il presidente Obama ci riprova dopo cinquant’anni e fa la sua dichiarazione di guerra alla povertà.
Correva l’anno 1964 quando il democratico Lyndon Baines Johnson, noto come il presidente dei “diritti civili” e della “guerra alla povertà”, diventa il 36º presidente degli Stati Uniti d’America, dopo l’assassinio di Kennedy a Dallas, il 22 novembre 1963.
Il neo eletto lancia subito il suo programma per la realizzazione della “Great Society”, attuando diverse riforme per migliorare la vita degli americani meno abbienti (si contavano 36 milioni di poveri) come il rinforzo del sistema sanitario e l’approvazione del “Civil Right Act of 1964” per l’integrazione degli immigrati africani in America.
Dopo mezzo secolo molte cose sono cambiate ma per parafrasare il Vangelo “i poveri sono sempre con noi” e oggi negli Usa la povertà riguarda oltre 40 milioni di persone che vivono al limite della sopravvivenza, guadagnando meno di 11.490 dollari l’anno. Decisamente troppi per il presidente Usa sono coloro che “non hanno la possibilità di avere successo”: una situazione a cui porre rimedio e da cambiare con “l’impegno delle singole persone, delle comunità, del settore privato e del governo”.
Così giovedì Obama ha lanciato il programma per il governo federale, chiamato a combattere la miseria, fornendo incentivi fiscali e aiuti a determinate zone (“Promise zones”, le zone della speranza) come Los Angeles, Philadelphia, San Antonio, la zona sudorientale del Kentucky, la regione dell’Oklahoma e ne seguiranno altre 15.
L’obiettivo principale è quello di creare posti di lavoro, di accrescere la sicurezza economica, di offrire a tutti le stesse opportunità educative, di ampliare il più possibile il numero di case disponibili: la sfida è appena cominciata!
Cristian Cavacchioli
10 gennaio 2013