Spagna, Rajoy sfiduciato. Pedro Sanchez e il PSOE al governo
A partire da ieri, venerdì 1 giugno 2018, la Spagna ha un nuovo governo. La mozione di sfiducia presentata dal partito socialista spagnolo (PSOE) e dal suo leader Pedro Sanchez contro il governo di Mariano Rajoy è stata infatti accolta dal Congreso de los diputados, la camera bassa del parlamento iberico. A sostenere la mozione di sfiducia proposta dal PSOE hanno partecipato diversi partiti, tra cui Podemos con il decisivo appoggio dei partiti secessionisti catalani (ERC e PDeCAT) unito a quello dei regionalisti baschi (PNV ed EH Bildu), valenciani (Compromìs) e delle Canarie (Nuevas Canarias). Fondamentale l’appoggio soprattutto dei baschi e dei catalani, i quali hanno dichiarato solo all’ultimo momento che avrebbero votato a favore della sfiducia del governo. La mozione è stata accettata con 180 voti favorevoli e 169 contrari più un solo voto di astensione. A votare contro la mozione il PP, il partito di centro Ciudadanos e UPN. Nonostante i socialisti abbiano appoggiato le politiche anti-secessioniste di Rajoy e del PP, i partiti indipendentisti catalani preferiscono l’arrivo di un governo più predisposto al dialogo e più propenso ad una soluzione politica del processo catalano anziché la via giudiziaria tenuta fin qui dal partito popolare. Infatti la costituzione spagnola del 1978 prevede il meccanismo di sfiducia costruttiva: ogni sfiducia presentata dall’opposizione deve infatti necessariamente includere la proposta di una candidatura al governo senza la quale la mozione è nulla. Nel caso la mozione venga accolta dal parlamento, il candidato alla presidenza sarà investito della fiducia alla camera e nominato dal Re come nuovo presidente. Questo meccanismo serve a preservare la stabilità dei governi impedendo al parlamento una sfiducia senza che lo stesso abbia già pronto un governo nuovo.
Le motivazioni per la mozione di censura sono relative alla sentenza della Audiencia Nacional, il massimo organo giudiziario spagnolo, sul caso Gürtel. La corte del tribunale ha infatti sentenziato la settimana scorsa confermando all’interno del PP “l’esistenza di una struttura di contabilità e finanziamento illegali che si sviluppò in parallelo con quella ufficiale a partire dal momento della fondazione del partito nel 1989” messa in piedi e diretta dal faccendiere Francisco Correa e condannando lo stesso Correa (nome in codice Gürtel, da qui il nome all’intero caso) e l’ex tesoriere del PP Luis Barcenas a 33 anni di reclusione per frode fiscale e riciclaggio. Il tribunale ha anche certificato la non-veridicità della testimonianza di Mariano Rajoy durante il processo, tuttavia non condannando l’ex premier.
Cosa aspettarsi dal nuovo governo? Pedro Sanchez ha affermato di voler governare seguendo l’esempio di Zapatero, di voler mantenere gli impegni con l’Unione Europea e di voler iniziare un dialogo con il governo catalano per un superamento politico dell’attuale crisi. Il leader madrileno ha dichiarato che presenterà un governo interamente socialista cercando l’appoggio dei partiti che lo hanno sostenuto nella mozione di sfiducia in modo da traghettare il paese alle elezioni anticipate, quindi prima della scadenza della legislatura prevista per il 2020, anche se non ha specificato quando. Da non sottovalutare neanche il fatto che al Senato il PP ancora detiene la maggioranza assoluta, mentre al congresso il PSOE può contare solo su 85 seggi contro il 135 del PP e che quindi ogni iniziativa che il nuovo governo dovrà prendere dovrà contrare obbligatoriamente sull’appoggio degli altri partiti, senza i quali il governo Sanchez sarà il primo governo di minoranza nella storia di Spagna. Intanto, nella giornata di oggi, il neo primo ministro ha giurato davanti al Re Filippo VI e per la prima volta nella storia della democrazia spagnola, non ha giurato con la mano sulla Bibbia.