La cannabis light non è droga: ormai lo dicono tutti
Il Tar del Lazio ha confermato che la cannabis light non è droga. La decisione è stata presa, con una nuova ordinanza effettuata in seguito al ricorso dell’ICI (Imprenditori Canapa Italia), che ha portato alla sospensione del decreto del Ministero della Salute. Quest’ultimo aveva, infatti, inserito le composizioni orali contenenti cannabidiolo (Cbd, un estratto della cannabis), tra le sostanze stupefacenti. Il decreto ne vietava di fatto la vendita in negozi, erboristerie e tabaccai. Il Tar ha ritenuto che «nella piena condivisione di quanto già statuito, sussistano i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza cautelare», confermando la prossima udienza del 16 dicembre 2024, per definire nel dettaglio tutti i ricorsi proposti.
Cbd e Thc: facciamo chiarezza
Attualmente è in vigore una legge del 2016 che permette in Italia la coltivazione della canapa a uso industriale, ma solo con una quantità di Thc inferiore allo 0,2%. Dal 2017, il Cbd non figura più tra le sostanze controllate dell’Oms. Il Cbd, a differenza del Thc non ha effetti psicoattivi ma è ricco di proprietà rilassanti, antinfiammatorie e antidolorifiche: per questo i suoi estratti vengono spesso utilizzati anche per prodotti terapeutici. Allo stesso modo, la caratteristica della “cannabis light” è proprio di essere povera di Thc e ricca di Cbd. A fronte di tali ragioni, le associazioni e i rappresentanti dei produttori sostengono da sempre che una norma volta a considerare la cannabis light come un droga, oltre a essere antiscientifica, non farebbe altro che favorire il commercio illegale e di conseguenza la criminalità organizzata.
Il decreto e l’attacco ad un intero settore
La stretta alla cannabis light, attuata con il decreto dello scorso 27 giugno, che inseriva le composizioni orali contenenti cannabidiolo nella tabella dei medicinali con sostanze psicotrope o stupefacenti, significava un ulteriore divieto a vendere qualunque prodotto derivato dalla canapa. La cannabis light era, di fatto, paragonata a quella non “light”. Il divieto alla produzione, vendita e consumo comprendeva, pertanto, qualsiasi derivato prodotto dalla pianta della canapa. Ciò significava un conseguenziale stop al commercio, alla lavorazione ed esportazione di tutto quel ciò che conteneva sostanze tratte da questa pianta, usate oltretutto anche nella cosmesi e nell’erboristeria o per la produzione di integratori alimentari. Gli utilizzi della canapa sono, in effetti, molteplici e diversificati. Dall’industria tessile (con l’uso delle fibre di canapa), al settore alimentare e ai mangimi, dall’edilizia alla produzione di carta. Le aziende che coltivano la cannabis light in Italia sono circa 800, mentre 1.500 sono quelle specializzate nella trasformazione. Inoltre, la superficie destinata alla coltivazione della canapa tessile in Italia nel 2023 era di 298 ettari, con una produzione di 23 820 quintali e una raccolta di 23 492 quintali. Molte aziende sarebbero state quindi duramente colpite dal decreto ministeriale e un intero settore sarebbe stato messo in ginocchio. La Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) aveva denunciato la decisione del Ministero della Salute come una «grave sconfitta per la libera impresa in Italia» e «frutto di pregiudizi ideologici».
Un ostacolo per il ddl sicurezza
La decisione del Tar potrebbe intralciare anche il ddl sicurezza, approvato alla Camera e in attesa di essere discusso al Senato. L’articolo 18 del decreto vieta, infatti, la lavorazione e la vendita del fiore della canapa, anche se priva di thc, per ragioni di sicurezza pubblica. Sicurezza che, secondo il Tar del Lazio, non sarebbe, però, più compromessa. Associazioni e imprenditori del settore da mesi hanno promesso battaglia verso l’emendamento: «La criminalizzazione del mercato della cannabis light produrrebbe un effetto giuridico paradossale: Punire con le sanzioni penali e amministrative previste per le sostanze psicotrope anche chi produce o consuma infiorescenze prive di effetti psicoattivi», scrive in un appello il Forum sulle droghe.