Le resistenze e le opportunità delle operazioni transfrontaliere nell’Unione Europea: il caso Unicredit Commerzbank
La fusione Commerzbank- Unicredit, che in queste ultime settimane sta tenendo banco con la discesa in campo direttamente del governo tedesco per impedire al gruppo italiano di acquisire ulteriori quote azionarie della seconda banca tedesca, passando dal 21% attuale, ottenute tramite l’acquisto di titoli derivati, al prossimo 29,9%, approvazione della BCE permettendo, ha riflettuto l’essenza più profonda e distinguente dell’Unione, ovvero quel “protezionismo degli interessi nazionali” degli Stati membri ogniqualvolta un’impresa, un gruppo bancario o un altro attore economico di nazionalità diversa tenti di sfruttare i vantaggi di un mercato che dovrebbe essere realmente unico ma che invece permane ancora oggi, a distanza di trent’anni dalla entrata in vigore prevista con l’Atto Unico Europeo e realizzato con il Trattato di Maastricht, preda di protezioni e tutele nazionali.
“La fusione tra Commerzbank e Unicredit presenta delle questioni reali sulle quali è necessario porre l’attenzione” con queste parole è intervenuto Joachim Nagel, presidente della Deutsche Bundesbank ovvero la nostra Banca d’Italia, sul dibattito che vedrebbe il gruppo italiano voler “scalare” il secondo gruppo bancario tedesco con l’obiettivo di creare un primo grande gruppo bancario“paneuropeo”.
I “Timori” per la fusione Commerzbank-Unicredit
La prima questione “reale” sottoposta dal presidente della Bundesbank e che per Berlino rappresenta un serio timore per la sua stessa stabilità economica e creditizia riguarda la quantità di titoli di Stato italiano che Unicredit ha in pancia, pari a circa 40 miliardi di euro, e che a Berlino non fanno dormire sonni tranquilli se si pensa che oggi il debito pubblico italiano ammonta a poco meno di 3.000 miliardi di euro, pari al 134% nel rapporto Debito Pubblico italiano/ PIL italiano, un dato che se consideriamo invece il rapporto Debito pubblico/PIL tedesco che ammonta al 64 % viene ritenuto una minaccia “indiretta” alla stabilità economica ai conti e alle finanze della Germania.
La minaccia indiretta che spaventa la Germania in questa operazione è rappresentata da quello che fu alla base della crisi economica europea del 2008 e che Mario Draghi nel 2012 definì come “circolo infernale”, ovvero quel rapporto diretto tra crisi del Debito pubblico nazionale con la difficoltà dello Stato ad essere solvibile e la crisi del suo sistema bancario, dimostrando che l’effettiva sicurezza dei depositi bancari è in pratica inseparabile dalla solvibilità di un singolo governo.
Procedendo per analogia, pertanto,Berlino ritiene Unicredit una potenziale minaccia al suo sistema creditizio nazionale, in quanto, detenendo il gruppo Italianouna quota consistente di titoli di debito pubblico italiano, una “potenziale” crisi di solvibilità del governo italiano, come è quasi accaduto con la Grecia e altri paesi un decennio fa, manderebbe contemporaneamente in sofferenzail suo sistema bancario nazionale, tra cui potenzialmente anche Unicredit stesso, e, nel caso di fusione traUnicredit e Commerzbank, questa crisi potrebbe “estendersi” fino a minacciare la stabilità della Germania e del suo sistema economico, che già oggi vive una fase di recessione economica.
Le resistenze e i timori di Berlino trovano fondamento anche perché persiste la mancanza di un reale meccanismo di “backstop” europeo, ovvero di un meccanismo comunitario capace, qualora un gruppo bancario fallisse a seguito di crisi di solvibilità di uno Stato membro nel sostenere il suo debito pubblico, di attivare una rete di “protezione” europea dei depositi dei risparmiatori, che permettesse così facendo di tutelare i depositi bancari con garanzie comunitarie scorporando la crisi di solvibilità di uno Stato dai depositi bancari dei risparmiatori. Oggigiorno, infatti, i depositi bancari sono tutelati prevalentemente da meccanismi nazionali di garanzia, che ,tuttavia, finiscono per impedire una normativa “comunitaria” in grado di assicurare a livello europeo i risparmiatori con uguali parametri, indebolendo e scoraggiandole operazioni transfrontaliere come quella di Unicredit e Commerzbank.
L’assenza di un meccanismo europeo di protezione dei depositi e dei risparmi rimane ad oggi quella terza gamba mancante dell’Unione bancaria Europea, nata a seguito della crisi economica europea, che si sorregge prevalentemente sul meccanismo di vigilanza unico, con il ruolo centrale della Banca Centrale Europea (BCE) e delle banche centrali nazionali che svolgono la funzione di vigilanza sul sistema bancario nell’Eurozona, e sul meccanismo di risoluzione unico, ovvero, su un meccanismo di ristrutturazione di un gruppo bancario in dissesto o a rischio di dissesto tramite l’attivazione di aiuti finanziari che vadano a contenere o a ristrutturare i bilanci dei gruppi bancari in crisi.
Sul tema di un concreto backstop europeo per i depositi anche la Presidente della BCE Christine Lagarde ha ricordato al Parlamento europeo che un sistema europeo di assicurazione dei depositi è stato bloccato per anni dai governi nazionali e rimane “disperatamente mancante”.
Tuttavia, non solo la questione dei titoli di Stato italiano detenuti da Unicredit preoccupa la cancelleria di Berlino, anche le questioni occupazionali e di Know How rappresentano il secondo timore del governo tedesco e delle parti sociali nell’Affaire Commerzbank-Unicredit.Il cancelliere Olaf Scholz, alla domanda sulla possibile fusione Commerzbank-Unicredit ha dichiarato che ogni tentativo di scalata del gruppo italiano verrebbe ritenuta da Berlino come “ostile”, vista l’importanza del gruppo bancario tedesco e l’impatto che avrebbe sul sistema economico reale tedesco.
Non solo ma a fargli da eco in merito alle titubanze sull’operazione di fusione tra i due gruppi bancari sono intervenutisia Stefan Wittmann, che siede nel consiglio di sorveglianza della banca tedesca in rappresentanza dei lavoratori, che ha ribadito i timori per una fusione che potrebbe condurre a una riduzione dei due terzi del personale del gruppo bancario tedesco, sia la CEO di Commerzbank Bettina Orlopp, che ha posto l’attenzione sull’abbassamento del Rating, Commerzbank ha un rating A- per Standard and Poor mentre Unicredit ha un rating BBB per la stessa agenzia, a cui andrebbe incontro la banca tedesca se si fondesse con il gruppo Italiano paventando l’ipotesi che “perderemmo clienti che hanno determinati requisiti in termini di rating e che fanno affari solo con banche con ottimi rating”;
nonché sui potenziali pericoli per l’economia reale tedesca in quanto, a detta della CEO, una fusione con il gruppo bancario italiano, oltre a richiedere anni per unire i sistemi di entrambe le banche, avrebbe un impatto diretto sulle imprese tedesche e sulla loro richiesta di accesso ai prestiti.
Le opportunità europee dell’affare Commerzbank-Unicredit
Nonostante le opposizioni “elettorali” poste in atto dal governo tedesco, alle prese con la stagione del populismo e dell’affermazione in molti Landertedeschi sia del partito di estrema destra di Alternative fur Deutschland (AFD) che del partito di estrema sinistra di Sahra Wagenknecht-Ragione e Giustizia entrambi scettici nei confronti di una reale integrazione europea, nonché dalle parti sociali tedesche riguardo un’operazione considerata “ostile”, nella realtà per il settore bancario Italo-tedesco nonché per tutto il settore europeo i benefici provenienti dalla conclusione dell’acquisizione delle quote azionarie di Commerzbank da parte di Unicredit, se avverrà, saranno numerosi e rappresenteranno in primis l’opportunità di completare partendo dal basso, tramite gli operatori economici, quel mercato unico dei capitali e quell’Unione bancaria che a Bruxelles gli Stati membri stentano a finalizzare normativamente.
A riprova dell’opportunità di rafforzamento della stessa Unione bancaria Europea, la BCE ha già dichiarato che l’acquisizione delle quote azionarie condotta da Unicredit, attraverso l’acquisto dei titoli derivati, è avvenuta nel rispetto dei regolamenti europei, bollinando de facto positivamente l’operazione di acquisizione delle quote azionarie che hanno portato Unicredit al 21%, con l’auspicio non troppo velato a Francoforte, che l’operazione paneuropea di Unicredit vada in porto fino in fondo.
La fusione Unicredit-Commerzbank, è di grande importanza per tutta l’Unione europea poiché, per l’appunto, farebbe nascere un operatore compiutamente “paneuropeo”, capace di essere più “forte e resistente” alle crisi economiche e finanziarie, attraverso una maggiore diversificazione degli Asset e delle attività poste in essere al fine di riduzione del “rischio” di insolvenza, rappresenterebbe altresì l’esempio compiuto del superamento del protezionismo nazionale, avvicinando l’Unione europea e le sue Istituzioni ad un concreto Mercato Unico europeo dei Capitali, composto da attori economici comunitari, e, infine, rappresenterebbe un booster nel medio/lungo periodo per le economie reali di Italia e Germania per la capacità di muovere capitali e sostenere gli investimenti in quei settori definiti dal rapporto Draghi “strategici, delle grandi, piccole e medie imprese Italo-tedesche nei prossimi anni.
Che siano, quindi, proprio quei due paesi, l’Italia e la Germania, che più di ottant’anni fa condussero l’Europa sull’orlo dell’annientamento provocando lo scoppio della II Guerra Mondiale, a compiere quel passo decisivo, tramite i loro operatori economici, verso una reale integrazione economica- finanziaria che passa per mettere in comune le ricchezze costituendo un nuovo attore economico compiutamente Europeo ?