Cos’è la COP28?
La COP28 si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai. Ricordiamo le origini di questo appuntamento internazionale sul clima, il suo funzionamento e cosa aspettarsi.
Appuntamento il prossimo 30 novembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. La COP28 andrà avanti per due settimane, fino al 12 Dicembre (se non oltre come spesso accade). Questo grande incontro internazionale sul clima dove paesi, ONG e associazioni si incontrano, si tiene ogni anno sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma come nasce la COP? Come funziona? Con quali obiettivi? Proviamo a fare un piccolo riepilogo in attesa di questa importante convention.
COP significa conferenza delle parti (“Conference of the parties” in inglese). Riunisce le 198 “parti”, ovvero i 197 Stati e l’Unione Europea firmatari della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (CQNUCC-UNFCCC).
Questa è una delle tre convenzioni di Rio de Janeiro, adottate al “summit della Terra di Rio” nel 1992.
Le COP si tengono ogni anno in una città diversa dal 1995 ( ad eccezione della COP26, rinviata di un anno per via della pandemia di COVID-19). Sono numerate in ordine cronologico. Quest’anno, la COP28 sul clima succede alla COP27 del 2022, tenutasi a Charm El-Cheikh (Egitto).
In contemporanea alle COP si tengono anche delle conferenze delle parti al protocollo di Kyoto (chiamate CMP, Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties ti the Kyoto Protocol) e delle 195 parti firmatarie dell’Accordo di Parigi del 2015 (dette CMA, Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties ti the Paris Agreement).
Esistono delle COP derivanti da molti altri trattati e convenzioni delle Nazioni Unite, a sostengo di altri progetti come la lotta alla desertificazione o la protezione delle zone umide. Quella sula biodiversivitá si tiene solo ogni due anni, e la sua ultima edizione, la COP15 di Montreal, ha visto nascere un accordo mondiale inedito: il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, 4 traguardi e 23 propositi da raggiungere entro il 2030.
I dibattiti e le discussioni tra alti funzionari devono portare ad un testo finale, adottato per consenso e non per votazione, gestendo le molteplici differenze di interesse, posizione e priorità mirando idealmente a soluzioni nella lotta contro la crisi climatica.
A margine di questi negoziati, che sforano sempre il calendario previsto, si riuniscono i lobbisti, generalmente rappresentanti delle ONG o di organizzazioni internazionali.
Greta Thunberg, la ormai notissima giovane militante svedese, ha definito le COP come macchine da “greenwashing”, riassumendo il risultato di una recente edizione in un “bla, bla, bla…” inutile.
Ad essere sinceri diverse, troppe, edizioni di COP non hanno portato a nessuna decisione concreta, fuori sincrono con l’inseguimento del riscaldamento climatico e i disastri che questo causa.
La COP15 del 2009, tenutasi a Copenhagen, fallisce nello stipulare un accordo mondiale anche se partorisce in extremis un documento politico che vede inclusi Cina e Stati Uniti.
Altre edizioni hanno al contrario lasciato un segno più positivo nella Storia, cominciando dalla COP21 del 2015.
È quella che vede nascere l’Accordo di Parigi, primo patto che coinvolge l’insieme della comunità internazionale nell’impegnarsi ad avere come obbiettivo il mantenimento dell’aumento della temperatura media mondiale “ben al di sotto dei 2 gradi celsius” rispetto all’era pre-industriale e, se possibile, limitare l’innalzamento a 1,5 gradi.
La COP26 di Glasgow (1921) stabilisce per la prima vota che i “combustibili fossili” e il “carbone” sono la prima causa di riscaldamento climatico. Ma per pressioni fatte da Cina e India, il testo finale chiederà una “riduzione” al posto di una “dismissione” dal carbone.
Secondo i dati forniti dalla sua presidenza, la COP28 di Dubai dovrebbe vedere una presenza record di 80.000 partecipanti, se non più.
La scelta del capo della compagnia petrolifera Emirati a, Sultan Al Jaber, nel presiedere l’evento è stata criticata da molti paladini dell’ambiente, ma difeso da molti altri che vedono in questa scelta l’occasione per parlare concretamente di transizione energetica.
In ogni caso, la sorte dei carburanti fossili sarà ancora una volta al centro del dibattito.
La presidenza emiratina anticipa alcuni obbiettivi concreti da raggiungere da qui al 2030: triplicare l’efficienza delle rinnovabili nel mondo, raddoppiare il miglioramento dell’efficienza energetica, raddoppiare la produzione di idrogeno…
La COP sarà anche l’occasione per fare un primo “bilancio mondiale” sull’Accordo di Parigi . Il rapporto tecnico pubblicato lo scorso settembre dalla UNFCCC (Global Stocktake ) ha concluso, senza alcuna sorpresa, che bisognava fare “molto di più, oggi e su più fronti”, in ambito climatico.
I soldi saranno come sempre oggetto di aspre discussioni, che si tratti di finanziamenti promessi dai Paesi ricchi per l’adeguamento ai cambiamenti climatici o sulle modalità di erogazione di un fondo per finanziare le “perdite e danni” nei Paesi più poveri. E questo sarebbe un vero peccato. Il Mondo ha bisogno di fatti concreti e il tempo a disposizione è sempre meno.