Alla mia patria ovunque essa sia…ma quale? A tu per tu con Filippo La Porta
Ciao Filippo, inizio con il complimentarmi per il tuo libro e ti ringrazio da subito per l’intervista. Iniziamo subito ad immergerci nell’opera; parli del concetto di patria e la mia domanda è: i giovani e le generazioni future, considerato l’attuale momento storico, dove dovrebbero cercare la loro patria?
Anzitutto grazie!
Provo a risponderti. Più che “cercare” la loro patria, dovrebbero inventarla o reinventarla, crearla, ovvero creare anche insieme ad altri un “luogo” (una comunità, una tradizione, una idea di sé, etc.) dove radicarsi. L’essere umano ha bisogno di un radicamento, dunque di una patria abbastanza stabile, ma questa patria non è fatta di “sangue e suolo”, non è contrapposizione ad altre patrie ( a un “nemico”: c’è chi ha bisogno di odiare e di contrapporsi per definire se stesso), e anzi oggi è sempre più deterritorializzata, coincide perlopiù con un immaginario. Un esempio di patria minima: mio figlio, è vero, si sente di Roma Sud – per inciso: è un rapper – , ma è il primo a sapere che la sua Roma Sud è una proiezione immaginaria, si identifica semplicemente con alcuni valori che ha scelto, insomma il suo è anche giocare con una identità. Gli esseri viventi non sono solo egoisti: a volte il singolo si sacrifica per il “noi”, e anzi questo comportamento è più adattivo, più darwiniano. Bene, In fondo la storia della civiltà è la storia di un progressivo allargamento del “noi”: prima il “noi” riguardava solo i consanguinei, poi il clan, il gruppo, la nazione, poi tendenzialmente l’umanità intera.
Citi il film Il Paradiso probabilmente, la possibile soluzione è il nomadismo universale rimanendo lontani dagli attaccamenti nazionalistici di sorta. Sei ancora d’accordo con questa teoria?
Guarda, non amo la retorica del nomadismo, dell’abitare i confini, etc., il nostro ideale non è vivere in una casa cantoniera né migrare per sempre. Abbiamo bisogno di radicarci, benché oggi meno in un territorio fisico che in un ideale, in un insieme di idee e credenze comuni. Primo accennavo alla patria come umanità. Nel De vulgari eloquentia Dante, che pure oscilla tra municipalismo e universalismo, riecheggia Seneca e Ovidio: “Noi, cui patria è il mondo come per i pesci il mare (“Nos autem, cui mundus est patria velut piscibus equor”) . Se l’immagine del mare proviene da Ovidio il tema della patria universale, di una repubblica del mondo, è senechiano. Dunque: quando attraversiamo una qualsiasi piazza di una qualsiasi città del mondo proviamo a pensarci pesci dentro il mare!
In questo preciso periodo in Europa stanno trovando sempre più spazio partiti e correnti di pensiero che fanno leva sul sentimento nazionale come in Polonia, Ungheria e la Francia per citare alcuni esempi. Perché c’è ancora tanto bisogno di legarsi alle radici nazionali?
Appunto: l’identità individuale non ci basta, ne vogliamo una collettiva. Il nostro io avrà una fine, mentre l’insieme più ampio cui apparteniamo è eterno. Insomma tutti cerchiamo di conciliarci con la morte, con il pensiero di qualcosa più grande della nostra individualità, per cui potremmo scegliere di morire. Oggi in Occidente nessuno verosimilmente morirebbe per la propria patria. L’idea stessa della morte è rimossa e occultata nella nostra vita quotidiana. Penso alla frase di Pound, di cui si appropriò Mussolini, e oggi ripresa da CasaPound: “Se un un uomo non è disposto a morire per un’idea o non vale niente l’idea o non vale niente lui”. È una frase enfatica, anzi irritante, ignora la psicologia umana, non tiene conto che ognuno di noi può essere un eroe e un minuto dopo un vigliacco, però ha un fondamento. Il punto di forza di Putin consiste nel messaggio implicito “Noi non temiamo la guerra, voi sì”. Perciò, tra l’altro, bisogna dimostrargli che non è così e sempre anteporre alla pace la giustizia.
Affermi la posizione di primato dei “Luigini” nella nostra società. Chi sono per La Porta i “Luigini”?
Per Carlo Levi i “luigini” sono quelli che non amano ciò che fanno, che mentre lavorano hanno sempre la testa altrove, quelli cui piace obbedire e comandare, sono i burocrati dell’esistenza, quelli che hanno smesso di pensare e di dialogare con se stessi (Eichmann ne è un esemplare estremo, nella lettura che ne diede Hannah Arendt: amministrando lo sterminio si limitava a obbedire, letteralmente non pensava più). Penso che ognuno di noi è un po’ “luigino”. Bisognebbe creare le migliori condizioni esterne – giustizia sociale, uguaglianza, rispetto per la dignità di ogni persona al di là del reddito e del potere di cui dispone (sempre casualmente!) – affinché questa parte “luigina” non possa esplicarsi.
Nel libro ci racconti anche della risposta che hai ricevuto da Ammaniti circa le sue radici, ammetto che è stato uno dei momenti di personale riflessione ma subito dopo la domanda che mi è venuta in mente è stata: quali sono le radici di Filippo?
Ammaniti, con la sua provocazione, disse una verità importante. Come tutti ha una identità multipla, o a palinsesto, e radici in buona parte immaginarie. In che senso? Limitiamoci alla questione religiosa: nell’arco della stessa giornata io mi sento ateo (incoerente), credente, buddhista, cattolico (tomista), mistico (specie verso il tramonto), animista…L’identità di ciascuno consiste in un patchwork, il che non significa affatto che siamo tutti lo stesso patchwork entro una globalizzazione omologante! In ognuno di noi i diversi apporti si combinano in un modo unico, singolarissimo. Per questo gli altri mi interessano e incuriosiscono sempre. Certo, c’è il rischio di “consumare” identità, così come oggi consumiamo tutto. Ma in realtà ogni giorno costruisco, ricombino e rafforzo la mia identità specifica – necessaria – perché solo così posso relazionarmi ad altre persone, e verificarla, a collaudarla. Le radici? Come disse un regista di spaghetti western anche io, che amavo il western, quando a 10 anni appresi di non essere americano ebbi un trauma! Poi nel ’68 mi sentivo una Guardia Rossa maoista o un guerrigliero tupamaro… Tutto molto esotico. Oggi le mie radici le cerco soprattutto nella cultura, nelle idee (leggo Spinoza e lo sento come fratello), e anche nel paesaggio italiano, nel Sud del nostro paese, nella lingua (meravigliosa) che mi ritrovo a parlare.
Patria: dal tuo punto di vista, come potrebbe intendere il concetto di patria un pensatore di destra ed uno di sinistra al giorno d’oggi? Com’è cambiato il concetto dagli anni dei partiti di militanza ad oggi?
Secondo Bifo (in una recensione al libro di Giorgia Meloni), in una sezione del MSI (dove cercò riparo la giovane Meloni, smarrita, disadattata, vessata dai bulli della sua scuola) ti chiedevano cosa eri, mentre in un centro sociale ti chiedono verso dove vuoi andare…Identità statica vs identità dinamica. La destra insegue una logica identitaria in modo ossessivo (noi contro gli altri), la sinistra tendenzialmente vuole sapere solo per cosa ti batti (per un mondo migliore, etc.). C’è del vero, anche se le due cose si mescolano, e anzi non sono tra loro separabili. Se voglio un mondo migliore, non inquinato, pacifico, senza soprusi, etc., è evidente che già oggi sono antirazzista e contro ogni prepotenza.In generale: la democrazia è una mezza bugia sull’essere umano (si basa sulla finzione che uno vale uno, che ciascuno sappia qual è il proprio interesse), il fascismo è una bugia totale (rimuove la debolezza, la fragilità, invece costitutiva dell’essere umano, ammira i forti, i vincenti, quando l’esistenza non può che essere una “sconfitta” per tutti, sia pure, aggiungo, una sconfitta spesso avvincente).
“Prendo in prestito” uno spunto di riflessione ad Augè e ti pongo l’ultima domanda prima dei saluti: il confine, è un luogo di passaggio o di confine?
Entrambi. Certo, passaggio, transito…un confine non deve essere un muro, non separa ma congiunge. Però anche confine, limite…oggi ci manca una cultura del limite, intendo quel limite sottile oltre il quale una cosa vera diventa falsa, una educazione diventa invasiva, un amore diventa possesso e abuso (perfino l’artigiano a un certo punto capisce che se continua a modellare il suo vaso lo peggiora: deve fermarsi un attimo prima).Complimenti ancora per il tuo lavoro, ci risentiremo presto.