CANOVA, IL SEGNO DELLA GLORIA

Tra i primi disegni, (perché quasi esclusivamente di disegni si tratta in questa mostra sul Canova), incontriamo un Autoritratto, che è incollato al di sotto del titolo della raccolta; un corpus unnitario, probabilmente Canova, lo aveva eseguito a matita, tra il 1779 e il 1780, durante i suoi mesi iniziali della sua prima permanenza a Roma. È uno dei più noti tra i numerosi autoritratti, dipinti e disegnati che Canova compì nel corso della sua lunga carriera. La Bassi propose una datazione tra il 1805-1810, ma forse è più corretta una di fine secolo settecento. Seguono poi molti nudi femminili atteggiati in modi diversi, disegnati in chiave “magistrale”, con grande accuratezza, sapiente chiaroscuro e una morbidezza luministica che ricordano lo sfumato di Correggio e la grande tradizione tonale veneziana. Il foglio rappresenta due figure femminili ignude disposte parallelamente, una stante si prospetto con braccia conserte e capo di profilo lievemente reclinato, l’altra distesa a pancia in sotto, gambe incrociate con il capo e parte del busto sollevati.
È il momento dei nudi maschili, tra i quali uno è praticato con particolare tecnica della penna a inchiostro bruno che, su tracce di matita delinea con nettezza e asciuttezza, le architetture anatomiche, scheletriche e muscolari dei modelli in azione. Il foglio rappresenta il distillato visivo dell’intera poetica figurativa di di Canova alla costante ricerca di un canone estetico contemporaneo in grado di coniugare la perfezione degli antichi con il ricorso alla natura, alla verità del nudo pulsante in azione su valenze espressive legate al sublime. Così operando Canova intende attribuire verità naturalistica ai canoni della scultura classica, secondo quei modelli fidiaci dei quali avrà una definitiva conferma molti anni più avanti. Seguono figure femminili drappeggiate, cioè queste figure, in questo caso, non sono proprio disegni accademici, motivo per cui queste figure, come anche quelle maschili di altri album, hanno in molti casi, atteggiamenti dolenti o comunque, fortemente drammaturgici.
La questione del panneggio poi fu di grande rilevanza per tutta l’arte neoclassica. Il tema dell’espressione figurativa dei caratteri, intorno alla riforma della drammaturgia teatrale, fu uno dei punti centrali della ricerca canoviana sin dagli inizi degli anni ’80. Molti dei disegni di figure dolenti di questo album, rimandano a opere di Canova fortemente patetiche o legate al genere funerario. Come notò la Bassi, talvolta Canova, nel montaggio di quattro disegni su di una singola carta, affianca in chiave tematica due fogli di singole figure aggiungendo degli elementi di raccordo per formare una composizione. Molte di queste composizioni furono sia per la serie di NINFE E AMORINI che per le MUSE, FILOSOFI E POETI. Si continua con gli SCHIZZI CON QUATTRO SCENE DI VENERE E MARTE, dove si può affermare che cronologicamente il disegno è uno degli ultimi della raccolta, riconducibile con buona probabilità agli anni in cui Canova stava lavorando al marmo di Paolina Borghese. Con un curioso procedimento di composizioni multiple incentrate sullo stesso tema, il disegno raffigura come si trattasse di fotogrammi in sequenza, due momenti successivi della parabola amorosa di Marte e Venere
Una figura femminile SDRAIATA SU UN FIANCO, che è il foglio 4300, incollato nella parte superiore della parte di supporto, fa parte di una serie che comprende ulteriori tre disegni di figure panneggiate distese, incollati insieme su una carta che corrisponde alla prima dell’album. Molte di queste figure aggraziate, in pose riposate e calme, saranno usate per le tempere di Possagno, dipinte tra il 1798-99, e il 1806 Segue altra FIGURA FEMMINILE ASSISA IN ATTITUDINE DOLENTE ACCANTO A UN BUSTO. Qui il monocromo è preparatorio per la stele funeraria di Giovanni Falier , del 188, ma pensata nel 1806. Fu uno dei suoi più cari benefattori veneziani. Fu trasferito nella sua attuale collocazione: la chiesa veneziana si Santo Stefano, come dono della famiglia solo nel 1956. Segue il GLADIATORE BORGHESE: qui i due disegni sono straordinari documenti della grande ammirazione di Canova per uno dei più grandi ed importanti capolavori della statuaria antica presenti nella collezione Borghese. La grande accademia a matita e biacca fu realizzata nel 1780 durante i primi mesi del soggiorno romano dello scultore, come la quasi totalità delgli studi di nudo ombreggiati e chiaroscurati che formano la gran parte dell’album E. Il disegno è di grande interesse per il percorso formativo del giovane artista ancorato a una prassi e a uno stile pittorico e naturalistico di matrice prettamente settecentesca.
C’è poi l’ANTINO DEL BELVEDERE, dove, al verso dei due fogli, sono disegnati rispettivamente il corpo da tergo di tre quarti e il busto di Antinoo. Dell’opera esistono diverse incisioni secentesche alle quali Canova può essersi ispirato, ed egli dedicherà grande impegno ai sei disegni che la ritraggono nell’album B. Lo scultore doveva considerare L’Antinoo l’esempio di quel particolare genere di eroe della statuaria antica a metà tra il “forte” e il “gentile”. Essenziale diviene, in questa serie di disegni, il MONUMENTO FUNERARIO A CLEMENTE XIV GANGANELLI. Con esso, scoperto nell’aprile del 1787, Antonio Canova, rivelò la sua grandezza alla città di Roma. Molti anni più tardi, Leopoldo Cicognara scrisse: “…Il deposito Ganganelli parve tagliasse il nodo gordiano, e fosse la linea di demarcazione che bandì da tutte la scuole il cattivo gusto, poiché fu quello che mostrò a tutto il pubblico di Roma grandiosamente il passaggio delle arti trionfanti da un’epoca a un’altra.”.
Ugualmente si arriva al MONUMENTO FUNERARIO A CLEMENTE XIII REZZONICO. C’è da dire che fu Rezzonico che ristabilì la Compagnia di Gesù, c’è da dire che aveva insediato a Roma quattrro nipoti collezionisti, e soprattutto Abbondio si avvicinò al Canova , anche se non lo comprese mai fino in fondo. IL consenso fu straordinario, e si racconta che , anche il Canova, vestito da “pitocco”, si fosse raggirato tra il pubblico per “sondare” il terreno e che vide del grande successo e ne capì i giudizi. Finchè, lo stesso Abbondio , grande sostenitore di Canova infine, salutò lo scoprimento del monumento Rezzonico. Non ultimo NAPOLEONE BONAPARTE COME MARTE PACIFICATORE, dove si può subito dire quanto Canova fosse stato restio ad eseguire il monumento, ma che poi accettò per vie anche diplomatiche, sotto convinzione del Cardinal Consalvi. La statua, rimasta incompiuta, fu collocata in una nicchia di palazzo Rinuccini Bonaparte a Roma.
Intanto, nel marzo 1802 Canova dichiarava che esisteva una sbozzatura del MARTE PACIFICO in marmo su modello colossale. Segue la MARIA LUISA D’ASBURGO COME LA CONCORDIA. È un ritratto sedente, cui Canova lavora; dal 1810/1814. Nell’ambito del ritratto eroicizzato, egli reinventava il tema della trasfigurazione allegorica e nobilitante nelle vesti della Concordia, ispirata alle monete antiche e a taluni modelli pompeiani. Ed egli stesso dichiarava. Ho voluto scegliere UN MOMENTO PIUTTOSTO ALLEGRO CHE SERIO Onde poter prendere il vantaggio possibile da una fisionomia non tanto facile. Segue il MONUMENTO FUNERARIO A MARIA CRISTINA D’AUSTRIA. Complessa e innovativa macchina scultorea ideata dal Canova.Tutte le età, tutti i sessi, il nudo, il panneggiamento, tutto ha risalto in modo singolare, e lo scultore riuni tale varieta di soggetti, che l’arte ebbe luogo a spaziare mirabilmente servendosi di ogni mezzo per giungere al suo scopo, e commuovere e interessare, e piacere persino agli indifferenti.
Esemplare è il MONUMENTO COMMEMORATIVO A GEORGE WASHINGTON. Nel 1816 Canova, ormai al culmine della sua popolarità, ricevette, dal North Carolina, la commissione di una statua a George Washington. Fu il console americano a Livorno a scrivere per bocca del presidente Thomas Jefferson stesso. Compi un primo modellino nel settembre del ’17, variato e definitivo entro il dicembre dello stesso anno. Raffigurante W. Sedente, nell’Ares Ludovisi, vestito all’eroica, con lorica e mantello secondo i modelli antichi romani dei cesari e dei generali, in atto di firmare la lettera di rinuncia al potere. Ai suoi piedi erano adagiati il bastone e la spada. Non ultima la STELE FUNERARIA A VITTORIO ALFIERI. Nel 1804 Fabre scrisse a Canova, per conto della contessa d’Albany chiedendogli di voler accettare la commissione di un monumento funerario al grande trageda, per la Basilica di santa Croce a Firenze. Con una semplice rappresentazione di due figure, la tragedia forse e l’Italia, addolorate, piangenti di fronte all’immagine sua, erano rappresentate alla maniera delle memorie greche sepolcrali. Questa volta, però, immagino la figura allegorica dell’Italia piangente, non seduta, ma stante dinanzi al busto del poeta, volendo rappresentare il profondo rispetto che la Nazione, quella delle Lettere, nutriva e doveva nutrire per il suo grande Vate.
Non è da dimenticare il MONUMENTO FUNERARIO A HORATIO NELSON. Non ancora chiara l’ideazione di un monumento all’ammiraglio della Battaglia di Trafalgar. Canova ne fece delle iscrizioni nel 1806, un anno dopo la battaglia, dove vi scrisse Minerva, Nettuno e Marte consegnarono all’Inghilterra l’eroe infante e di seguito l’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda ricevono la salma dell’eroe segue PAOLINA BONAP. BORGH. COME VENERE VINCITRICE. Tra i ritratti divinizzati quello della Bonaparte borghese come venere vincitrice (senz’ altro il più celebre e discusso). Canova che con l’attualizzazione del ritratto divinizzato di derivazione classica, attraverso il ricorso al mito e alla cultura antica, aveva saputo ancorare alla legittimante antichità la mitografia senza radici dei napoleonidi. Non è escluso che nello schizzo vi sia ancora l’eco dell’iniziale idea di Canova di raffigurare Paolina come Diana, visto anche il richiamo alle forme di Benvenuto Cellini e alle Fontainebleau, ma alla fine si andò a raffigurarla come la dea della Bellezza. C’è da ricordare poi il BUSTO DI PAPA PIO VII che tanto diede al Canova, poichè legato ad un periodo della sua vita in cui fu nominato come colui che dovette collocare i nove busti onorari di alcuni uomini illustri italiani.
Così nel 1820, la raccolta, denominata, PROMOTECA CAPITOLINA fu affidata alle cure dei Conservatori di Roma sotto la direzione del Tofanelli, e nella terza sala, affidato al Canova, venne esposto il Busto di Pio VII. Qui egli coglie il pontefice in un ideale, pacato colloquio con un interlocutore, con l intento di sottolineare le doti intellettuali e di profonda umanità di uno spirito illuminato. Nel marmo lavora le superfici con gradi diversi di finitura e il volto conserva lo splendore di una levigatura intermedia che rende con mirabile naturalezza la qualità dell’epidermide. La penetrante interpretazione psicologica del soggetto testimonia i rapporti di stime, fiducia e familiarità che si erano stabiliti tra il pontefice e l’artista.
Michela Gabrielli
15 aprile 2013