La firma: “sottoscrivere” equivale a “mettere se stessi”
Un tracciato molto importante e significativo che ciascuno di noi appone innumerevoli volte durate la vita è la firma.
Il suo nome deriva dal latino “firmare” che significa “rendere saldo, assicurare, affermare, sigillare”, quindi quando firmo sottoscrivo, confermo e rendo noto l’autore del testo. Dalla decisiva importanza psicologica e legale passiamo alle considerazioni grafologiche su di essa.
La firma, concentrato della personalità grafica dell’autore, possiede una fisionomia più intima e personale della scrittura stessa, dovuta all’abitudine ed alla automatica “velocità” con la quale si verga. In particolare, l’automatismo del movimento che si acquista con gli anni, esprime atteggiamenti profondi dell’autore e la sua struttura può a ragione essere definita “gesto grafico” che ci rappresenta al mondo esterno.
Se la scrittura è la proiezione del nostro essere, del nostro io individuale, la firma rappresenta il “marchio” con il quale la persona presenta la propria immagine. Una sorta di “sigillo”che rivela lo stile e il modo di comportarci nella società. Lo scritto rivela ciò che l’autore è, la firma sintetizza l’Io ideale, le aspirazioni che abbiamo nel nostro ruolo sociale, in ultima analisi l’immagine che il soggetto vuole dare al di fuori di sé.
La firma la possiamo intendere come proiezione della nostra immagine pubblica, la scrittura la nostra immagine privata ed il loro confronto è utile al grafologo per capire in che rapporto stanno queste due immagine nella vita e nel comportamento del soggetto scrivente.
La firma ha una propria velocità di esecuzione e simbolicamente abbiamo visto che rappresenta l’idea, l’immagine che l’autore vuol dare di se. Quindi è sintesi e nel contempo specchio della personalità. Essa ha pertanto qualcosa di diverso dalla scrittura estesa dovuta anche ma non solo al fatto che la sua forma deriva dalla ripetitività dell’impulso nervoso che sottende ad ogni parola.
Il grafologo Crepieux-Jamin afferma che “..la firma nel suo movimento non è sottoposta allo stesso legame di continuità del testo: presenta sempre proprie caratteristiche grafiche che sono estremamente persistenti”.
Quindi essa può essere di forma e stile uguale al testo, completamente diversa, di grandezza diseguale, maggiormente curata ed elegante, più variabile e disinvolta o più oscura…le variazioni possibili sono molte, compresa la posizione che ha rispetto a dove è vergata.
Il confronto tra firma e scrittura estesa di una persona è utile al grafologo per capire in che rapporto stanno queste due immagine nella vita e nel comportamento del soggetto scrivente.
Abbiamo tutti esperienza di come possano divergere i due atteggiamenti sopra accennati. Ben poche persone infatti si comportano allo stesso modo in mezzo alla gente, a scuola, al lavoro e nelle relazioni con la famiglia, con gli amici, nella sfera privata insomma. C’è chi è intimorito davanti ed in mezzo a tante persone, chi si sente a proprio agio nello scambio con poche o addirittura una sola persona, chi si sente sicuro nell’anonimato della folla e chi invece nel rapporto uni personale. Quando il grafologo è in possesso sia della scrittura estesa che della sottoscrizione di una persona, deve valutare il grado e la qualità dell’omogeneità tra di loro. Se entrambe hanno lo stesso stile, il soggetto scrivente vive una omogeneità tra realtà sociale e realtà intima: come si propone così è.
Se invece non c’è armonia stilistica tra le due, il soggetto con probabilità si presenta in pubblico in modo diverso dalla propria realtà interiore, con e per varie motivazioni, rivelando perciò una scarsa integrazione tra l’intimo ed il sociale.
In modo particolare, prendiamo quattro possibilità relative alla grandezza. Una persona è sicura di sé, si sente tranquilla in pubblico, quando la firma è di poco più grande della scrittura. Se invece la firma è molto più grande – dalle tre volte in su il corpo di scrittura – il soggetto per mascherare e compensare una sua insicurezza interiore, si mostrerà più grande, sicuro di sé, importante con gli altri di quello che è in realtà.
Quando la firma è poco più piccola della scrittura, l’autore per timidezza o riservatezza, non si sente a suo agio nelle situazioni pubbliche; se è molto più piccola la firma, lo scrivente vi proietta una difficoltà accentuata di esprimersi serenamente e compiutamente in pubblico e cercherà di attirare l’attenzione altrui in modo forzato e non naturale.
Un paio di casi particolari potrebbero essere la firma sottolineata, che si riscontra con relativa frequenza: rivela un io forte, che si manifesta senza problemi e che ha notevole sicurezza in se stesso. Sottolineare una parola, sia verbalmente che graficamente, è darle valenza e forza ulteriore.
Poi, altro caso frequente, la firma oscura, quasi illeggibile. Rivela la tendenza a celare qualcosa, a non voler condividere cose private o, in caso estremo, a voler nascondere la vera natura ed identità.
Rossana Agnolin