Quello di Mongelli “… è un discorso quasi segreto che ha molto a che fare con l’uomo e con la sua avventura esistenziale…. la sua opera è una struttura dialettica, una specie di tentato equilibrio tra l’essere e il non essere”. Così scrisse di lui Pierre Restany, il critico francese scomparso nel 2003, quando, in una mattinata d’inverno romano del 1987, si trovò nell’estrema periferia della Capitale di fronte alla struttura in acciaio e perspex della “Legge di Ohm”. E, a suo dire, ne ebbe … “un colpo al cuore”.
L’identica sensazione che provai quando – era l’estate del 1993 – nella periferia romana mi imbattei casualmente in una visione inconsueta, quella di una “cosa” bellissima posta su un cavalletto fotografico. Quella “ cosa” era il bozzetto in acciaio de “Il Volo”, che Mongelli stava preparando per l’Alitalia. Fu così che conobbi quest’ artista alla continua ricerca di spazi suburbani, dove il cielo si tocca con un dito e l’occhio può appagarsi della voglia di libertà. Lo stesso cielo aperto che poteva offrire l’ideale prospettiva a quel volo in acciaio e perspex.
Mongelli è conosciuto come “lo scultore dell’acciaio”, ma le semplici etichette risultano sempre un po’ tranchant. L’occhio lungo della Cina si è letteralmente appropriato di questa eccellenza della cultura italiana quando, nel 2008, ha voluto una sua opera nel Villaggio dei Giochi Olimpici a Pechino. Il suo spettacolare “H2O”, formula dell’acqua ( in acciaio inox, 20 metri di lunghezza per 6 di altezza e 5 di profondità), resta a carattere permanente nell’area antistante l’ingresso della piscina olimpica quale simbolo della creatività italiana nel mondo.
L’acciaio speculare dell’H20 riesce a dispiegare la fluidità dell’elemento acqua, con la reiterazione dei moduli che si moltiplicano in un infinito immaginario, significando l’impossibile marginalità di quel liquido che dà vita ad ogni cosa sulla terra e nel contempo ogni cosa devasta con la sua energia distruttrice.
Lo scultore ha forse sempre tenuto dentro l’urgenza di rappresentare le enunciazioni matematiche del miracolo Universo, estrinsecando da sé, attraverso la formula razionale e astratta, il microcosmo umano nella sua identificazione con la natura. Non semplicemente analisi epistemologica della scienza e dei suoi dettati, ma visione apologetica del disegno universale.
Le sue “creature” d’acciaio posseggono le vibrazioni, gli impulsi stessi della natura e delle sue leggi, quella musica delle alte sfere, quell’armonia che ci tiene in accordo simbiotico tra terra e spazio. L’uso del geometrismo gli viene incontro a rappresentare, attraverso sfere, cerchi, triangoli, linee rette svettanti all’infinito, l’intima simbologia del mondo, diquegli universi crescenti in ordine esponenziale che, noi inconsapevoli, ci rimbalzano dentro come un boomerang. Viene legittimo un paragone, per moderni e simili versi, con Leonardo, che seppe “giocare” con la matematica regalando al mondo la perfezione delle sue opere, costruite su proporzioni geometriche dense di codici segreti, di significazioni esoteriche, assorbiti e da studi gnoseologici e dagli assunti neo-platonici derivati dall’assidua frequentazione con il matematico Fra’ Luca Pacioli.
Poeta dell’acciaio, poeta della scienza? Sicuramente la sua è una tensione cosmica che sopravviene da un’introspezione, derivante in qualche modo da quell’accezione espressionistica che anziché al passato si rivolge al presente-futuro e che si legge nella trascendenza materica della lega inox, rivelandone una poetica che va al di là del razionale della formula, a calarsi cioè in un territorio metafisico.
Chimica, matematica, che si fanno poesia : OXYGEN, H2O, U/OMO, DNA, IL VOLO, PUNTO E VIRGOLA, INCOGNITA, LA RADICE QUADRATA, la formula di Einstein E=MC2, LA LEGGE DI OHM, PACE……. Strutture per lo più basculanti, che possono cambiare direzione e forma senza falsare il significato intimo dell’opera e la sua intenzionalità. Una “ full immersion” nella scienza, in quell’appassionante ricerca di Mongelli che, come dichiara, era a scuola un alunno piuttosto “assente” in tutte quelle materie che non fossero matematica, c’era da scommetterlo…. Tanto da saper elaborare la dimostrazione dei teoremi per assurdo!….
Quel bambino svogliato, a soli tredici anni trova la sua vera vocazione e spicca il volo. Già questa sua scelta precoce dimostra una volontà precisa e autonoma. Studia scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma con Pericle Fazzini e Leoncillo. Nel 1971 si aggiudica la Cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, di cui diventa direttore. Il passo è breve per ulteriori e legittimi traguardi, come la Cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma in Via Ripetta, che lo aveva visto studente.
L’intellighentia artistica italiana si sofferma su Mongelli già negli anni giovanili, quando viene seguito con interesse da critici ormai scomparsi come Giulio Carlo Argan, Filiberto Menna, Italo Mussa.
Va detto, ed è facilmente deducibile, che la produzione artistica di Mongelli è qualcosa che si proietta al di fuori del mercato. “ Non si può creare liberamente – afferma egli stesso – se si è condizionati dal mercato”. E la libertà di Mongelli non ha mai voluto legarsi a quelle logiche piuttosto perverse. Anche perché, c’è da dire, la tematica delle sue opere non poteva e non può essere oggetto “d’uso” commerciabile, quando la cultura comune si rivolgeva e si rivolge tuttora agli stili prettamente figurativi e concettualmente abbordabili. L’opera di Mongelli è chiaramente il prodotto riservato a un settore di èlite.
Lungo il corposo album professionale sfogliato solo a larghi tratti, nel 1988 la Soprintendenza di Roma gli dedica una Grande Mostra a Palazzo Venezia presentata dallo stesso Pierre Restany, Renè Berger e Carmelo Strano. Negli anni Novanta intensifica la sua attività espositiva in molti Paesi europei, fino a spingersi in Giappone , aToronto e a New York. A tutt’oggi muove la sua attività tra questi poli artistici, interlocutore di istituzioni culturali da oriente e occidente.
A Roma ha creato già dal 2000 una sua libera Accademia , una sua “creatura” indipendente, la R.U.F.A. ( Rome University of Fine Arts), legalmente riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Nel vecchio palazzo stile liberty ai Parioli, l’Accademia apre ai giovani un’ampia scelta di opportunità formative come pittura, scultura, comunicazione, scenografia, graphic design, cinema, fotografia, nello spirito delle più innovative risorse tecnologiche, offrendo agli studenti un titolo equipollente alla laurea universitaria.
Suoi “aficionados” i Premi Nobel Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia. La Montalcini scrisse di lui: “ Il rigore fisico-matematico che caratterizza le importanti opere di Mongelli è esaltato dalla libertà espressiva che rifiuta ogni schematismo scientifico. L’unità e la sintesi raggiunte mettono in evidenza l’eccezionale personalità dell’artista tra le più rappresentative dell’Arte Contemporanea”.
Mongelli non se ne vanta, con la sua indole riservata propria degli uomini di spessore che lo tiene distante dalle mondanità del jet-set. E sorprende la dicotomia insita nella sua personalità, laddove l’ apparente abito riflessivo, privo di enfasi verbali e gestuali , nasconde il vulcano delle sue idee, quello schedario interiore in cui il significato di immobilismo è sconosciuto e che, pur nelle pause di necessario isolamento per un artista, lo ha condotto e lo conduce inevitabilmente alle sue mete.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 24 novembre 2012