Il caso #MuseumWeek: quando la cultura diventa virale
Sono sempre di più le realtà museali che si affidano al social sharing per far conoscere i propri patrimoni artistici a un pubblico sempre più vasto, coinvolgendolo in iniziative, giochi e progetti. Il primo obiettivo di chi fa comunicazione sui social nel mondo dell’arte è stare al passo coi tempi, ideando modi nuovi per far divertire e stimolare il pubblico, così da renderlo partecipe e qualche volta anche co-protagonista, insieme all’opera, di un’esperienza culturale unica e riconoscibile.
«7 days, 7 themes, 7 hashtags»: la terza edizione di #MuseumWeek è ufficialmente iniziata.
Di cosa stiamo parlando? Si tratta di un’iniziativa culturale, lanciata su Twitter nel 2014, con lo scopo di sfruttare il web, con le sue molteplici possibilità, come punto di partenza per rendere la cultura maggiormente accessibile e accattivante.
Grazie a questo progetto le istituzioni di tutto il mondo possono collaborare tra loro, confrontarsi e aggiornarsi, mentre i followers, appassionati e non, possono relazionarsi più intimamente con le opere d’arte e le istituzioni.
L’edizione 2016 è partita il 28/3 e si concluderà il 3/4. Nel corso degli anni l’iniziativa ha raccolto sempre più adesioni da parte delle istituzioni: nel 2015, infatti, hanno partecipato 2800 musei, di cui 259 italiani, provenienti da 77 paesi: un numero quattro volte maggiore rispetto alla prima edizione. Tra i musei coinvolti ricordiamo il Museo del Louvre a Parigi (@MuseeLouvre), il Guggenheim Museum di New York (@Guggenheim), Museo del Prado a Madrid (@museodelprado) e la Tate Gallery a Londra (@tate) a livello internazionale; mentre in Italia troviamo il MAXXI (@Museo_MAXXI) e i musei civici romani (@museiincomune), la GAM (@gamtorino) e Palazzo Madama (@palazzomadamato) a Torino, il Museo MADRE di Napoli (@Museo_MADRE), iI Museo del Novecento di Milano (@museodel900), il Mart di Trento e Rovereto (@mart_museum) e il Mus.e di Firenze (@musefirenze), solo per citarne alcuni.
Questa edizione è destinata a riscuotere un successo ancora maggiore, dal momento che sono già più di tremila i musei che vi prenderanno parte, di cui 290 italiani; inoltre, se l’anno scorso ci sono stati seicentomila tweet, quest’anno il numero è sicuramente propenso a crescere.
Come funziona nello specifico la piattaforma? Ogni giorno i musei aderenti twittano su un particolare tema con un preciso hashtag, invitando gli utenti a partecipare alla conversazione. Rispetto alle edizioni precedenti quest’anno è stata introdotta una novità: per la prima volta è stata offerta la possibilità a tutto il mondo di scegliere gli hashtags, accedendo all’account officiale del progetto.
I temi della #MuseumWeek 2016 sono legati non solo alla tutela e alla celebrazione del patrimonio culturale, ma anche a valori umanitari quali la tolleranza, la condivisione e la libertà d’espressione. Di seguito il programma della settimana:
#secretMW- per far scoprire al pubblico gli angoli più reconditi ed esclusivi dell’istituzione;
#peopleMW- per parlare dei padri fondatori dell’istituzione, delle sue figure emblematiche, ma anche di coloro che vi lavorano tutti i giorni.
#architectureMW – per raccontare la storia dell’edificio e dei suoi luoghi rappresentativi.
#heritageMW – per far scoprire al pubblico l’offerta culturale, in termini di qualità e quantità.
#futureMW – per condividere con il pubblico le prospettive future, le sfide, i progetti di ricerca e gli obiettivi istituzionali.
#zoomMW – si tratta di adottare un approccio inconsueto per far scoprire contenuti e opere in modo alternativo, attraverso l’analisi dei particolari, delle cornici, il racconto di aneddoti.
#loveMW – ecco poste su un piedistallo le punte di diamante dell’istituzione (opere, mostre, spazi), corredate da utili consigli per godere pienamente della visita.
Per maggiori info: museumweek2016.org
#MuseumWeek rientra dunque nel novero di strategie digitali che oggi giorno sono indispensabili per un’efficace comunicazione, valorizzazione e fruizione dell’arte. Nell’era 2.0 le istituzioni culturali sentono sempre di più la necessità di essere social, nello stesso modo in cui lo sono i politici e le star. Questa presa di consapevolezza segna una svolta epocale nel modo di intendere i musei, in quanto, attraverso il digitale, può concretizzarsi il passaggio da un’idea statica e conservativa di museo ad una dinamica, innovativa e orientata alla valorizzazione e alla fruizione globale. Il museo del futuro è dunque quello social, museologicamente e museograficamente concepito sulla logica della sharing culture.
Nello specifico quali possono essere i veri vantaggi di un approccio strutturato e di una strategia di comunicazione integrata sui social media per un museo? Di seguito alcuni spunti.
- I social media sono fondamentali per creare o rafforzare l’immagine del museo.
- Tramite lo storytelling il museo può raccontare la sua storia, la sua mission e presentare la sua collezione.
- Cresce il coinvolgimento del pubblico ed il senso di appartenenza alla community, creando interesse verso una nuova iniziativa, generando il passaparola sull’evento stesso, presentandolo in anteprima, fornendo dettagli, rispondendo alle domande o curiosità.
- I social media possono essere utili per mettere in contatto i professionisti che lavorano all’interno della struttura coi visitatori.
- E’ possibile svolgere ricerca diretta, tramite i sondaggi, utilizzandoli per interrogare e interagire con il pubblico, per acquisire le informazioni relative agli interessi. Fondamentale è anche l’uso dei feedbacks, al fine di conoscere i pareri dei visitatori per apportare modifiche e miglioramenti ai programmi.
- Si può promuovere le vendite ( tickets, prodotti editoriali, merchandising, etc.).
- E’ possibile diversificare la presenza sul web a seconda del target di riferimento e personalizzare l’offerta, utilizzando toni informali e un linguaggio colloquiale, chiaro, e semplice.
- Infine, il Qr code e le app possono essere utilizzati per creare itinerari guidatii, interattivi e multimediali.
Se a livello internazionale la comunicazione museale 2.0 è molto sviluppata, in Italia, invece, l’utilizzo di questi strumenti è ancora limitato. C’è però una buona notizia: sta crescendo la consapevolezza che “affacciarsi a questo mondo” possa rappresentare una buona opportunità sia per far circolare le informazioni sia per promuovere gli eventi a basso budget.
Tra gli ottimi esempi che il panorama estero propone, segnalo quello del Metropolitan Museum of Art, che ha saputo sfruttare brillantemente lo strumento Instagram per creare una gallery, premiata a livello internazionale con il Webby Award per il settore Arte e Cultura; oppure quello del Brooklyn Museum che sfrutta numerosi canali social, come Facebook, Twitter,Youtube, Flickr, Tumblr e Foursquare per comunicare con l’esterno. Per quanto riguarda l’Italia, invece, spicca tra tutte le iniziative del Mart di Trento e Rovereto nel cui sito è possibile trovare, oltre ai riferimenti social, la sezione community e la web tv commentabile.
Concludo riportando una dichiarazione di Luca Melchionna, collaboratore del settore di Comunicazione del MART, intorno alla strategia 2.0 del museo, sperando che questa possa essere un buono spunto e un esempio per molti altri musei italiani.
I musei sono più lenti di altre istituziuoni a cambiare, ma non è questo il punto. Per arrivare ad una partecipazione trasversale bisogna lavorare con chi ci sta, indipendentemente dal fatto che si occupi di informatica, storia dell’arte e comunicazione. Bisogna avere fiducia nel fatto che le attività 2.0 per loro natura incuriosiscono e affascinano. Al Mart questo processo graduale è iniziato: i nostri curatori, operatori della didattica e alcuni artisti coinvolti dal museo partecipano se stimolati, e qualcuno incomincia a farlo anche spontaneamente.
Valentina Anna Piuma
@valentinanna23