La messa è finita. Destinazioni laiche per sacre architetture
Via l’altare, via le madonne, i crocifissi, i confessionali, le vie crucis, i battisteri. Rimasta nuda e cruda, l’architettura si ri-inventa lo spazio e cambia la destinazione d’uso. Molte chiese sconsacrate d’Italia, archiviato il loro religioso passato, sono state recuperate e adibite a nuove funzioni laiche. Tralasciando i pessimi esempi di quelle riconvertite in autorimesse, magazzini, pizzerie, ripostigli comunali, girovagando per la nostra penisola se ne possono scoprire di veramente curiose.
DAL CULTO RELIGIOSO A QUELLO PECUNIARIO. Non più sede del culto religioso, l’ex chiesa alto-medievale di Santa Sabina di Genova è diventata una sede del culto pecuniario, oggi è infatti l’Agenzia 8 della Banca Carige. Gli sportelli sono alloggiati lungo la navata centrale dove, attendendo il proprio turno i genovesi possono ammirare l’abside romanica con il dipinto “La Santissima Incarnazione” del loro concittadino Bernardo Strozzi. Grande il contrasto tra le pietre millenarie del presbiterio e il nuovo allestimento funzionale ai servizi bancari.
VINO NON PIÚ SANTO. Nelle langhe piemontesi, nella chiesa di San Donato costruita nel 1833 come ringraziamento per la splendida produzione vinicola del paese di Barbaresco, si beveva solo vin santo. Quando, dopo la cessione al comune e il consecutivo restauro degli anni ’70, la chiesa divenne sede dell’Enoteca Regionale del Barbaresco, si cambiò anche la bevuta. L’inaugurazione della nuova cattedrale del vino avvenne nel 1986 e d’allora è un punto di riferimento per gli appassionati del Barbaresco, uno dei grandi rossi d’Italia prodotto dalle uve del vitigno Nebbiolo. Nonostante l’enoteca promuova principalmente l’eletto, lungo la curvatura dell’abside si trovano allineate in esposizione un centinaio di etichette che rappresentano il 90% del patrimonio enologico del territorio. Ogni anno l’Enoteca organizza importanti eventi promozionali dedicati alla diffusione e alla visibilità delle denominazioni doc e docg locali.
IL PALCO SOSTITUISCE L’ALTARE. La splendida chiesa di San Filippo Neri è uno dei rari esempi d’architettura seicentesca della città dell’Aquila. Dopo l’istituzione del Regno d’Italia, la chiesa divenne proprietà del demanio e fu adibita a magazzino alimentare. Seguì un lungo periodo d’abbandono finché nel 1987 dopo un appropriato intervento conservativo finalizzato all’allestimento di spettacoli teatrali, accolse la sede della Compagnia dell’Uovo che dieci anni dopo guadagnava il Biglietto d’Oro per il teatro dell’Italia Centrale con la maggior affluenza di pubblico rispetto alla capienza. La navata accolse la sontuosa platea ancor’oggi adorna di affreschi, statue, stucchi, un barocco apparato decorativo purtroppo lesionato dal terremoto del 2009.
IN CHIESA, IN CAMERA O IN GROTTA? Sono veramente insolite le camere della Locanda San Martino ricavate nel contesto dell’omonima ex chiesa a pochi passi dal centro storico di Matera scavato nel tufo e famoso per “I Sassi”. Soffitti a botte, pareti di pietra, nicchie, arconi, atmosfere in bilico tra il conventuale francescano, la grotta paleolitica e i percorsi labirintici delle casbah nord-africana. I nomi delle camere suggeriscono storie e personaggi, ci si può addormentare in quella “dell’arciprete”, “della perpetua”, “del cherubino”, “dell’alchimista”, “delle campane” e si può scendere nella zona termale tra cunicoli, cisterne, percorsi ipogei di gran suggestione.
NON SOLO VANGELI E CORALI. Anche la chiesa di San Giorgio in Poggiale di Bologna è stata fortunata. Innalzata tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, parzialmente distrutta nel 1943, sconsacrata, e a rischio di demolizione, fu acquistata dalla Cassa di Risparmio di Bologna che la trasformò nella Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale. Il patrimonio librario è costituito da manoscritti, incunaboli, bandi, editti, notificazioni; ricca anche l’emeroteca che annovera titoli e testate di varia natura dalla fine del XVIII secolo a oggi e corposo l’archivio fotografico che testimonia i cambiamenti urbanistici della città.
Sono questi solo alcuni esempi di riutilizzazioni di spazi sacri che per lo meno sono riusciti a salvare, se non gli arredi, l’architettura. Sono storie a lieto fine che vorremmo augurare a tutti gli edifici religiosi abbandonati da Dio e dagli uomini.
Cinzia Albertoni
23 giugno 2012