NOVELLA PARIGINI: a vent’anni dalla scomparsa Via Margutta rinnova il suo mito
Si sa che il gatto è il miglior amico degli artisti, scrittori e intellettuali, per quella sua non invadenza, per quel suo sguardo fisso e misterioso che sembra scandagliare i recessi dell’animo umano. E’ una creatura che s’identifica nel “femminino”, possedendo la donna quel quid di capacità percettive che la distinguono.
Che Novella Parigini s’identificasse in questo meraviglioso felino è evidente. Quella “donna-gatto” stava a significare qualcosa al di là di una particolare scelta tematica , come la necessità di comunicare quanto essa possieda quelle prerogative interiori che la innalzano dalla volontà maschilista di relegarla a donna oggetto. E quel suo afflato si rivela a distanza di tanti anni un importante messaggio anticipatore dei tempi, quando la donna continua ad essere considerata un “ usa e getta” nonostante la decretata emancipazione femminile.
Nello studio di Via Margutta, vicino alla casa di Federico Fellini, Novella Parigini trasferì il suo buen retiro e la storia di un’epoca. Vi portò la sua “joie de vivre”, quelle lezioni acquisite all’ Ecole des Beaux Arts della capitale francese, l’ esperienza delle importanti frequentazioni di New York dove recensisce grandi mostre, i consensi del Presidente Kennedy che le commissiona un Cristo per una chiesa del Texas, le amicizie imbastite in giro per le più importanti capitali europee. In quello studio romano confluiscono i personaggi più in voga del mondo artistico e culturale: vedi il Sartre dell’esistenzialismo, una Simone de Beauvoir, un Dalì, un De Chirico o un Cocteau. Una fucina di mostri sacri dell’avanguardia intellettuale , quando gli intellettuali erano davvero il ganglio di una società, dove c’era tutto da mettere in gioco e tutto ancora da dire, quando si usciva affranti da un dopoguerra con la voglia forte della ricostruzione e l’entusiasmo per un futuro nuovo.
Novella Parigini nasce nel 1921 da nobile famiglia senese e quel nome sembra avere una paternità illustre. Fu infatti Gabriele D’annunzio a consigliare in una lettera alla madre dell’artista quell’arioso nome di “Novella” , riecheggiante certi passi della poesia “La pioggia nel pineto”: …” Piove….sui freschi pensieri, che l’anima schiude, novella, su la favola bella, che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione”. Ecco, qualcuno azzarda l’ipotesi che Novella Parigini possa essere frutto di una liaison tra il grande Vate e la madre dell’artista.
Scomparsa nel settembre 1993, rimane nel ricordo come la regina delle notti di Via Margutta, quelle notti bianche come i suoi vestiti, dove allora non scorreva l’abbaglio della droga ma soltanto un libero divertimento, ripiegato in una nottata accanto al camino magari con le caldarroste e il vino rosso, insieme a quegli amici attori e artisti che, una volta venuti a Roma, prima tappa era Via Margutta per una rimpatriata con la Parigini. Era l’epoca della Dolce Vita romana, dei tuffi nelle fontane, della trasgressione acqua e sapone alla ricerca della libertà dagli schemi imposti da una società ipocrita e bigotta, sul vento della bandiera esistenzialistica del grande amico di Novella, Jean -Paul Sartre.
Persino l’ultimo Scià di Persia , Reza Pahlavi, salì personalmente al suo studio per chiederle di ritrarre la bellissima moglie Soraya Esfandiari, da lui poi ripudiata perché non poteva dargli eredi al trono del Pavone: un vero, autentico amore troncato da una ragion di Stato, per cui Soraya si portò dietro l’immagine di “principessa dagli occhi tristi”, quegli occhi di un verde smeraldo luminescente come quelli dei gatti dipinti dalla Parigini.
La galleria “ Il Mondo dell’arte”, in via Margutta al civico 55, la fa rivivere in quella che era la sua strada, offrendo ai romani un tuffo nel mondo surreale di quest’artista che ha fatto scuola e dettato uno stile. Sarà una mostra antologica aperta al pubblico romano dal 21 al 30 novembre, corredata di video nei quali la Parigini si racconta, gigantografie che riproducono giornali dell’epoca e, di particolare interesse, l’originale proprio di quella lettera scritta da D’Annunzio alla madre dell’artista.
Novella, una “favola bella” e irripetibile.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 18 novembre 2013