Tra cultura e società: la mentalità comune

Per mentalità comune si intende l’insieme di credenze, opinioni, stereotipi, convinzioni e appunto luoghi comuni di un gruppo sociale in un determinato periodo e in un determinato posto. Forse la società non esiste, come sosteneva Margaret Thatcher, però la mentalità comune esiste sicuramente. È vero però che tutti gli studiosi hanno sempre posto l’accento sull’indeterminatezza, sulla vaghezza ma anche sull’approssimatività della concezione di mentalità comune.
Insomma, dove inizia e dove finisce la mentalità comune? E poi comune a chi e per chi? Già Leopardi scrisse sui costumi degli italiani. Luigi Barzini e Prezzolini proseguirono in questa direzione. Scrittori come Longanesi e Flaiano ci hanno lasciato aforismi memorabili sugli italiani e sull’italianità. Eppure, i sociologi hanno spesso considerato delle generalizzazioni indebite gli studi, le riflessioni di chi voleva descrivere il carattere di un popolo. Spesso si usa dire che la mentalità comune è retrograda e limitata. Spesso i luoghi comuni dei gruppi sociali, dei popoli si tramandano di generazione in generazione e sono difficili da eliminare. Basta leggere “Dizionario dei luoghi comuni” di Flaubert per constatare che alcuni luoghi comuni della sua epoca sono ancora oggi esistenti e diffusi. L’aspetto peggiore della mentalità comune è il concentrato di pregiudizi che essa contiene. La mentalità comune è pervasa dal cosiddetto “perbenismo interessato” di cui cantava Guccini in “Dio è morto”. Rimanendo in ambito cantautorale Claudio Lolli in “Borghesia” descriveva in modo arguto e pungente i limiti del pensiero comune degli italiani degli anni Settanta. Il senso comune deforma, volgarizza, peggiora nozioni e valori importanti della cultura e delle religioni. Secondo la mentalità comune ogni nozione scientifica è certezza assoluta, mentre gli stessi scienziati considerano tutto in un’ottica statistico-probabilistica e usano sempre l’espressione “allo stato attuale delle conoscenze “.
Per il pensiero comune l’umanesimo è ormai inutile. Per la mentalità comune italiana un uomo deve avere un mestiere, una moglie, una macchina (il cosiddetto modello delle tre m). La mentalità comune italiana è ancora oggi omofoba. Secondo la mentalità comune del nostro Paese è una disgrazia avere un figlio che si droga, che è alcolizzato. Secondo il pensiero comune chi è disoccupato è incapace e/o inetto. Secondo il senso comune una ragazza poliamorosa è una poco di buono da condannare. Chi ha una mentalità comune ha anche spesso dei pregiudizi nei confronti delle persone disabili. Il senso comune non vede di buon occhio gli artisti, a meno che non diventino ricchi e famosi: è un antico retaggio di qualche secolo fa che distingueva tra artisti e borghesi. Per capire lo iato tra arte e borghesia consiglio di leggere “Fiorirà l’aspidistra” di Orwell. Per la mentalità comune una persona per essere rispettabile non deve dare scandalo e non deve avere familiari che danno scandalo. Inoltre, tutte le dicerie, le voci di paese o di quartiere si creano basandosi costantemente sul pensiero e sul sentire comune. Ogni pettegolezzo ha come fondamento la mentalità comune. Le opinioni comuni creano chiusure mentali in molti. In questi ultimi anni ci sono però stati l’emancipazione dei costumi, la conquista dei diritti civili, l’affermarsi del politicamente corretto, la nascita del movimento Lgbt. Perciò, per quanto ci sia ancora oggi una mentalità comune passatista, può darsi che nel giro di pochi anni avvenga una grande svolta, un cambiamento epocale in questo senso. Si può infatti notare il cosiddetto gap generazionale tra i giovani d’oggi e i loro genitori in termini di mentalità. Inoltre, esiste un feedback continuo tra potere e mentalità comune. C’è un processo bottom-up in quanto qualsiasi potente è condizionato fin dalla tenera età dal sentire comune, che in parte determina la sua personalità di base. Non solo ma i potenti devono sempre tenere in considerazione l’opinione pubblica. Allo stesso modo esiste anche un processo top-down: le personalità, le visioni del mondo dei potenti, i condizionamenti dei mass media e dello show business determinano in parte la mentalità comune. A ogni modo un gruppo, una comunità o un popolo non possono vivere senza creare una loro mentalità. È l’unico modo per darsi delle regole di comportamento e allo stesso tempo per avere un senso di appartenenza, per costruire un’identità sociale. Il senso comune è anche espressione della cultura di un gruppo o di un popolo. Nella mentalità comune c’è anche del buono, c’è anche la saggezza di un popolo. Le persone ispirate dal buon senso dovrebbero cercare quindi di prendere il buono e di togliere gli elementi negativi, il materiale spurio dell’opinione pubblica. Probabilmente la cosa più saggia non è quella di abbracciare totalmente il senso comune, né di opporsi totalmente, ma di porsi in modo dialettico, nel senso più nobile e filosofico del termine. Probabilmente la cosa più saggia è di attuare nei confronti del senso comune il movimento triadico hegeliano, ovvero tesi (conoscenza del pensiero della comunità di appartenenza), antitesi (opposizione e contestazione), sintesi (cercare di prenderne il meglio). Detto in parole povere, non ci resta che attraversare, oltrepassare e superare il senso comune per approdare a essere persone di buon senso, anche se spesso, come scriveva il Manzoni, “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune'”.
Articolo a cura di Davide Morelli