Il sole nascente di Pelizza da Volpedo
La visione di questa sole, la nostra calda stella , oltre ad illuminare ed emozionare , traina sicuramente lo spettatore in un punto di totale arrendevolezza verso la natura. Sia per dominarci, sia per la sua sacralità .
Quando l’ autore scrive all’amico Occhini nell’aprile 1903 delineò per la prima volta il tema di questo suo quadro, precisando di voler scegliere “soggetti eterni”, e quindi di voler trattare “la bella natura che assorbe l’uomo e lo annienta per campeggiare essa stessa sfolgorando la sua immortale bellezza… Tu devi già aver indovinato il mio tema, la bella natura che assorbe l’uomo e lo annienta per campeggiare essa stessa sfolgorando la sua immortale bellezza.”
L’intenso desiderio di tradurre sulla tela gli spettacoli più emozionanti della natura lo spingeva a salire, ancora in piena notte, le colline circostanti e raggiungere oltre Monleale la località Cenelli in regione Brada, per attendere, pronto davanti al suo cavalletto, l’apparire sfolgorante del sole. Come scriveva a Matteo Olivero egli cercava di rappresentare la natura nei suoi spettacoli più grandiosi, mirando, più che a trascenderla, a coglierne l’essenza con estremo rigore scientifico e filosofico. Il rigore scientifico derivava dalla volontà di tradurre la luce con la somma dei colori che la compongono secondo le analisi della scienza fisica: la pittura divisionista aveva posto come uno dei propri cardini di interesse e di ricerca proprio il raggiungimento della massima luminosità e Pellizza, apostolo di questa tecnica da più di dieci anni, si sentiva pronto per usarla con estrema sicurezza e padronanza. Il rigore filosofico era conseguente alla disamina dei problemi legati all’esistenza che Pellizza aveva sempre compiuto in concomitanza con la sua attività pittorica e che lo aveva spinto a passare dalla riproduzione esteriore del vero alla ricerca dei valori primari dell’esistenza fisica e sociale. Il momento generante della vita, il passaggio dalle tenebre alla luce era il punto nodale di tutto il mondo naturale e la pittura dopo aver colto il manifestarsi della luce negli oggetti doveva cogliere proprio quest’attimo generatore di vita. La tela emoziona.
Alla sua prima mostra nelle sale del Castello Sforzesco di Milano, ricevette come ovvio sia diverse critiche, c’è chi lo definí ancora troppo verista, chi vi ammise una spettacolare prospettiva ed uso dei colori da rendere riuscita l’impresa del Pellizza.
Ma è quella di Primo Levi per “l’Italico” (1853-1917), che vogliamo riportare più solennemente; annotò sulla “Tribuna”: “Bisogna infine volgersi a Pellizza da Volpedo per sentirsi illuminati da un sole che sembri davvero quello dell’avvenire”: con la frase coglieva, riferendosi ad uno degli elementi della iconografia legata ai partiti operai e socialisti, quel profondo senso di rigenerazione e di rinascita di tutte le cose che Pellizza aveva avuto di mira nel riprodurre il momento di massimo fulgore della natura, raccontava di un sole dell’avvenire ,facendo del sole nascente, dell’alba di un nuovo giorno, anche l’alba di un nuovo secolo che avrebbe potuto conoscere più a fondo i misteri e l’essenza dell’universo. Il motivo naturalistico del sole nascente incarna così profondamente la volontà simbolista di Pellizza.”
Nel 1906 l’opera fu acquistata dal Ministero per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al prezzo di lire 2500.
Forse quella speranza di questa alba è andata perduta nei decenni successivi, ma la sacralità e la bellezza della tela restano miracolosamente impressi negli occhi del visitatore.
Questo quadro è un inno all’arrendevolezza della vita verso la vita stessa.
Che indomabile come il movimento solare o la furia di una fiera: vince, decide, e riparte sempre.
Il sole o Il sole nascente del 1904,
(olio su tela) è ancora esposto a Roma presso
la Galleria Nazionale d’Arte Moderna.