Water Drops. I gemelli di Giovanni De Angelis al Macro

di Valeria Romano
Ogni uomo nasce gemello, colui che è e colui che crede di essere.
Chi non rimane affascinato dalla strabiliante somiglianza dei gemelli? Chi non si è mai posto domande sull’universo psichico di due individui identici, doppio l’uno dell’altro?
I gemelli, divini in alcune culture, maledetti in altre, richiamano certo la nostra attenzione, come quella del fotografo Giovanni De Angelis (classe 1969) che ha dedicato alla condizione gemellare il suo ultimo progetto, Water Drops, Gocce d’Acqua.
In sedici scatti, il fotografo ha immortalato otto coppie di gemelli di Candido Godoi, nello stato di Rio grande do Sul, in Brasile; in questa cittadina abitata prevalentemente da famiglie di origine tedesco-polacca, i parti gemellari sono all’ordine del giorno con un impatto del 10% sulle nascite, tanto che essa è comunemente conosciuta con il nome di “terra dei gemelli”.
Si pensa che tale fenomeno sia da mettere in relazione con le ricerche del medico nazista Joseph Mengele che aveva già condotto esperimenti ad Auschwitz su circa 3000 gemelli.
La mostra fotografica, curata da Costanza Paissan, è stata allestita in una sala al III livello del Macro e sarà possibile visitarla fino al 15 settembre.
Dopo essere passati per l’installazione di Tomas Saraceno, i puzzle di Tiravanija e le opere astratte di Bice Lazzari, la sezione 14 sembra presentare immagini quasi troppo tradizionali per un museo d’arte contemporanea.
Si è sorpresi nel vedere che si tratta di semplici fotografie, in formato quadrato e in bianco e nero, di coppie di gemelli in pose statiche e tradizionali, da manuale (ci sono primissimi piani, primi piani, mezzi piani e un piano intero).
Le fotografie sono state disposte in modo da chiudere lo spazio della sala creando tre lati e appena entrati si viene immediatamente fagocitati dagli sguardi delle otto coppie di gemelli.
Ci troviamo ad essere osservati senza altra via di scampo che non sia quella di girarsi e andare via. Con Water Drops, entriamo nel mondo del doppio: doppie le figure nelle foto, doppie le foto di ogni coppia di gemelli, doppi e gemelli i lati del quadrato. E quale mezzo più adatto a rappresentare il concetto se non la tecnica fotografica, l’unica a poter doppiare fedelmente (o quasi) la realtà?
Da Joao e Joanna Grimm (9 anni) a Canisio e Dionisio Fritzer (54 anni), i trentadue volti ci guardano con aria quasi inquisitoria, senza l’ombra di un sorriso o di un’espressione che ne riveli i pensieri. Essi semplicemente fissano l’obiettivo, sono concentrati ad osservare e proprio sullo sguardo si polarizza il lavoro di De Angelis: osservando l’altro, il diverso da noi, costruiamo la nostra identità, ci percepiamo come unici, diversi. Perfino i gemelli sono simili ma non identici, come accade per le gocce d’acqua, che pur avendo la stessa composizione chimica differiscono nella forma.
Osservando meglio le fotografie allora, ci si rende conto che non bisogna concentrarsi sull’identità delle coppie dei gemelli ma sulla loro differenza, o meglio, sul processo di differenziazione in atto: spesso la figura del gemello in secondo piano è sfocata dando l’illusione che la persona ritratta sia soltanto una, quella messa a fuoco. Nei gemelli il processo di individuazione-separazione, primo passo verso la costruzione del sé, è tanto evidente quanto problematico; quelli ritratti da De Angelis sembrano aver preso coscienza della propria individualità, anche se l’individuo che è venuto alla luce è sempre accompagnato da un’ombra sullo sfondo, quella del gemello appunto. Lo sdoppiamento è possibile, tuttavia mai pienamente attuato.
De Angelis fotografa, documenta uno stato d’animo psichico, mantenendolo avvolto in quell’aura di mistero di cui è carica la condizione gemellare.
Il progetto si è avvalso non a caso della collaborazione della psicoterapeuta Luisa Laurelli che ha accompagnato l’artista a Candido Godoi ed ha intervistato i gemelli delineandone la personalità ed il cammino verso la differenziazione. L’immagine diviene allora un “mezzo espressivo che permette di osservare l’altro dunque di considerarlo diverso da sé” e la ricerca non è più soltanto artistica ma assume valore scientifico, oggettivo.
Notiamo però che i gemelli non si guardano mai, ci guardano e sembrano costituirsi come una cellula compatta e differente dal resto della società, come ben reso dalla fotografia delle gemelle Francine e Franciele, a braccia conserte di fronte all’obbiettivo.
Ecco allora che i trentadue volti ci fanno sentire partecipi dello stesso processo di individuazione-separazione di cui essi sono protagonisti: dall’analisi della condizione gemellare, Giovanni De Angelis passa all’analisi di tutti gli uomini in quanto individui, che si percepiscono tali osservando l’Altro e relazionandosi con esso.
In un certo senso sono i gemelli a scrutarci. E se a primo acchito questo potrebbe farci sentire soli nella sala o sotto ispezione, a pensarci bene chi di noi non possiede almeno un doppio anche se non in carne e ossa? Anche noi siamo o possiamo essere due, quello che percepiamo di essere e quello che gli altri percepiscono di noi, quello che siamo e quello che crediamo di essere.