150 anni di Trilussa e «l’impronta ne la storia»

Il 26 Ottobre del 1871 da Vincenzo, cameriere originario di Albano Laziale, e Carlotta Poldi, sarta bolognese, nasce Carlo Alberto Salustri, più conosciuto con lo pseudonimo di Trilussa (anagramma del cognome). Da bambino rimane solo con la madre e cresce nel palazzo del suo padrino, il marchese Ermenegildo Del Cinque, tra via del Babuino e Piazza di Pietra. Non molto brillante a scuola, l’unica passione che lo smuove è la scrittura. Nel 1887, ad appena 16 anni, pubblica infatti il suo primo sonetto dal titolo L’invenzione della stampa sul Rugantino, il giornale scritto in dialetto romanesco e diretto da Giggi Zanazzo. In questa occasione utilizzerà per la prima volta lo pseudonimo Trilussa e da questa prima pubblicazione inizierà un’assidua collaborazione con il periodico romano, grazie anche al sostegno e all’incitamento di Edoardo Perino, l’ editore, che porterà il giovane Trilussa a pubblicare, tra il 1887 e il 1889, cinquanta poesie e quarantuno prose. Tra le tante poesie stampate tra le pagine del Rugantino, riscuote un successo clamoroso le Stelle de Roma, una serie di circa trenta madrigali che omaggiavano alcune delle più belle fanciulle di Roma del 1889.

La poetica
Trilussa estende le sue collaborazioni anche ad altri giornali della capitale, tra i quali il Don Chisciotte, di cui diventa redattore nel 1893. Lavora come corrispondente e cronista, ma è proprio in questi anni che sperimenta il genere favolistico, che lo consacrerà a principale poeta satirico della capitale. Nel 1901 pubblicherà la raccolta di sonetti Favole romanesche. Tra le sue collaborazioni, all’alba del nuovo secolo, Trilussa vanta anche quella con Il Messaggero. La maggior parte della produzione trilussiana tratta con polemica ed ironia di temi politici e sociali. Sono tantissime le poesie antifasciste, contro il razzismo e contro le guerre. Il poeta romano vive infatti entrambi i conflitti mondiali, anche se muore poco dopo il secondo, nel 1950. Oltre queste tematiche però, c’è la parte più intima e sensibile di Trilussa: quando parla d’amore, della vita e del tempo, Carlo Alberto mette spesso da parte sarcasmo e polemica. Un altro tema prediletto del poeta è la religione, da lui vista come un mezzo per credere in qualcosa. Non credente in senso stretto ma nemmeno contro la fede a priori, il suo pensiero era decisamente originale per i tempi in cui scriveva. Tra le poesie antifasciste ricordiamo All’ombra, posta sul basamento del monumento al poeta in Trastevere:
Mentre me leggo er solito giornale
spaparacchiato all’ombra d’un pajaro,
vedo un porco e je dico: — Addio, majale! —
vedo un ciuccio e je dico: — Addio, somaro —
Forse ‘ste bestie nun me capiranno,
ma provo armeno la soddisfazzione
de potè di’ le cose come stanno
senza paura de finì in priggione.
Mentre un perfetto esempio del Trilussa più intimo e riflessivo è Bolla de Sapone:
Sai che cos’è una bolla di sapone?
L’astuccio trasparente di un sospiro.
Uscita dalla canna vola in giro,
ballonzolando senza direzione,
per farsi dondolar, come che sia,
dall’aria stessa che la porta via.
Una farfalla bianca, un certo giorno,
vedendo quella palla cristallina,
che rifletteva come una vetrina
tutte le cose ch’essa aveva attorno,
le andò incontro e la chiamò: – Sorella!
Fatti ammirare! Oh, come sei bella!
Son bella, si, ma duro troppo poco.
La vita mia, che nasce per un gioco
come la maggior parte delle cose,
sta chiusa in una goccia. Tutto quanto
finisce in una lacrima di pianto.

Gli interessi
Grande appassionato di teatro, Trilussa collabora con diversi attori comici del tempo, scrive nel 1917 La vispa Teresa, proseguimento dell’omonima poesia di Luigi Sailer e produce testi per il teatro dei burattini. Il poeta è un assiduo frequentatore dei luoghi della vita mondana capitolina, partecipa infatti a tantissimi eventi, durante i quali incontra altri illustri protagonisti della letteratura dell’epoca come D’Annunzio, ma anche personaggi come il re e diversi politici. Vivendo la vita mondana della capitale frequentata dalla borghesia del tempo, Trilussa mostra spesso nelle sue opere contraddizioni ed ipocrisie del ceto medio. La vita politica, la complessa convivenza con il potere papale e il clima di tensione irrisolto dai tempi della breccia di Porta Pia, sono alcuni dei background dei suoi scritti. Nonostante ciò, l’autore non si iscriverà mai a nessun partito, rimanendo nel tempo un convinto pacifista, anche durante gli anni più duri del regime fascista e della censura. Il 1° dicembre del 1950, l’allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi lo nomina senatore a vita “per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo letterario e artistico”. Prima di lui, solo Alessandro Manzoni e Giovanni Verga; dopo il poeta romano, Eugenio Montale, Eduardo De Filippo e Mario Luzi. Trilussa si spegnerà appena venti giorni dopo quella nomina, il 21 dicembre del 1950, ma le sue metafore efficaci e graffianti messe in rima non smetteranno mai di essere attuali, anche dopo 150 anni.