Musei. Nuove opportunità nell’incertezza

«Di fronte a fenomeni naturali o sociali razionalmente inspiegabili, solitamente teniamo due atteggiamenti: ci rivolgiamo al soprannaturale o scegliamo la fuga mentale dimenticandoci che, spesso, l’incertezza non è solo genesi di pericoli dai quali difendersi, ma anche trampolino verso inimmaginabili opportunità. E se trovassimo nei musei e nella cultura le risposte ai tanti interrogativi che, certamente, toglieranno il sonno a tante persone nel momento in cui prenderanno coscienza che “nulla sarà più come prima”?».
Parte da questo interrogativo il nuovo libro di Maurizio Vanni, Docente di Marketing museale in differenti università italiane e straniere, scritto in sinergia con Domenico Piraina, Direttore del Palazzo Reale di Milano.
La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza è un lavoro che ha avuto luce in pieno lockdown, e cioè quando, chiusi in casa, immaginare il futuro diventava una vera e propria necessità.
Allora, anche la presentazione del volume, che finalmente torna ad essere occasione di dibattito in presenza, sembra essere una vera e propria conquista. «È un libro che nasce da esperienze di vita vissuta — racconta Piraina, durante la presentazione tenutasi al Palazzo Merulana di Roma —, non ci sono pensieri teorici calati nella realtà. Siamo passati dall’esperienza alla sistematizzatine di alcuni concetti. Rispetto agli approcci top-down, in questo libro abbiamo preferito un approccio down-top».
Un cambio di prospettive che forse si rende necessario proprio alla luce del diverso approccio metodologico con cui ci si deve avvicinare al museo. Come spiega Maurizio Vanni: «Lo shock c’è stato, ma scrivere in pandemia è stato divertente. La sfida era quella di analizzare il futuro dei musei in un confronto molto lungo, in un’ottica post. Ci siamo resi conto che il cambiamento era già in atto prima della pandemia, ma ancora farraginoso, asimmetrico. Dunque, la domanda sorgeva spontanea: “e se la pandemia fosse l’enzima che spinge verso nuove opportunità?”».

Allora, nella visione di Domenico Piraina e Maurizio Vanni, diviene fondamentale il rapporto che il museo intrattiene con il visitatore, in una prospettiva che per certi versi si ribalta rispetto alla museologia del passato: «E se — si domanda Vanni — iniziassimo ad analizzare i cambiamenti anche da un punto di vista antropologico? Come usciremo da questo tunnel? Impauriti, ansiosi, con nuovi punti di riferimento? Con nuove identità? Con nuovi stili di vita? E a questo punto, come reagiranno i musei? Ci è sembrato necessario ragionare sul fatto che la museologia si trovava ad un punto zero e che si dovesse scegliere quale strada intraprendere: ricostruire sulle ceneri del passato o far finta che quel passato non sia mai esistito?».
La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza è un libro che può essere decodificato seguendo diverse parole chiave. Una di queste è sicuramente “profilazione”, ovvero definire differenti target di pubblico che si interfacciano al museo e preoccuparsi di regalare loro esperienze di visita su misura.
A sottolinearlo è anche la moderatrice dell’incontro a Palazzo Merulana, la giornalista Raffaella Salato: «Nel libro individuate almeno quattro settori di pubblico da profilare e fidelizzare: diversamente abili, bambini, terza età e adolescenti. Tutte categorie che hanno particolarmente sofferto durante questa pandemia. Come possiamo recuperarle?»
«Dobbiamo ragionare sulla responsabilità sociale del museo — spiega Maurizio Vanni — e cioè avere chiara l’etica di cui si permea la nuova museologia. Il museo deve offrire al visitatore delle esperienze precise e su misura. Le nuove parole d’ordine saranno “divertimento”, “coinvolgimento”, “partecipazione”».
Come portare a compimento questa transizione? «Facile dire “servono più fondi statali!”— scherza Piraina —. La verità è che servono figure nuove!».
È dello stesso avviso anche Maurizio Vanni: «In molti paesi del mondo se i professionisti non raggiungono gli obiettivi vengono lasciati momentaneamente “in panchina”. Quindi è importante avere dei business model e un board che contempli figure nuove come gli economisti, che siano persone diverse rispetto a chi fa comunicazione o a chi si occupa di digital marketing. Aprire a tante competenze non significa avere più costi, significa spendere meglio e avere più risultati!»
Poi conclude: «Per abbattere le barriere sociali dobbiamo ascoltare le persone. Questi non sono esercizi di stile, sono esigenze vere e reali.
Perché, come recita la Convenzione di Faro sul valore dell’eredità culturale per la società, “tutti hanno dignità di entrare in museo da protagonisti”».