X di Valentina Mira

Ma tu lo sai almeno che cos’è uno stupro? Credo che se le persone dovessero rispondere a questa domanda in maniera completamente sincera, direbbero di no. Valentina Mira con il suo “X” edito da Fandango Libri, prova a raccontarci la sua storia.
X
Una piccola X tatuata sull’anulare: che significato si nasconde dietro una lettera così comune? Nessuno lo può sapere davvero con certezza, perché i tatuaggi sono così personali (alcune volte) e particolari, che spesso solo il legittimo proprietario sa realmente cosa di nasconda dietro a quel simbolo, a quella frase o a quel disegno.
L’autrice di questo romanzo Valentina Mira decide però di aprirsi in questa storia, la sua storia e cita che “X è il tabù, il rimosso.. X è il tesoro dei pirati sulla mappa che disegnavamo da bambini.. X è la voglia di dissotterrare i segreti”.
Perché ha un segreto lei, che custodisce dentro la sua pelle da ormai 7 anni e che non riesce più a tenere sotto controllo.
Lo stupro
Valentina ha appena superato l’esame di maturità con un voto che la riempie di orgoglio e le apre le porte verso un’estate romana che si scatena tutta improvvisamente e quella sera decide di andare ad una festa che mischia tante età e tante persone: ma lei se la merita, come si merita anche il vestito che la madre le regala per celebrare il suo voto.
A queste feste si beve, c’è musica, si fuma sempre troppo e si esagera, ma tant’è: si dice che si è giovani una volta sola, giusto?
A Valentina la gioventù gliela ruba all’improvviso G., amico fidato di suo fratello (che lei per prima definisce quasi gemello), proprio durante quella serata di festa, quando decide che dopo qualche bacio, quel “No” che lei prova a dirgli in faccia per fermarlo, è un “No” detto per gioco, detto per finta, che in fondo sottende ad un sì.
Così G. la violenta, lei rimane paralizzata dalla paura e ciò che le rimane è una macchia di sangue, il suo sangue, su un lenzuolo che non è nemmeno il suo e un senso di vuoto che non l’abbandonerà mai.
Quel maledetto dopo
Cosa succede dentro il corpo di una donna che viene stuprata? Le reazioni possono essere le più differenti: possono essere violente, possono essere di piena negazione, possono essere di terrore puro, possono essere di un vuoto assoluto.
Valentina si trascina per tutta l’estate, non riesce a mangiare, si scarnifica le gambe, non parla, non riesce a confidarsi con sua mamma, suo papà e nemmeno con suo fratello. G. si è presentato sotto casa sua la mattina dopo l’accaduto, le ha rivolto delle scuse assolutamente finte, minacciandola anche del fatto che se mai lei avesse deciso di denunciarlo, sarebbe stata la sua parola contro quella di G. “E indovina un po’ a chi crederebbero alla fine?”.
Valentina perde tutto in maniera definitiva nel momento in cui decide di far esplodere la verità davanti agli occhi del fratello: quella sua seconda metà che l’ha sempre difesa, decide di credere al suo stupratore e se ne andrà di casa dopo poco, non rivolgendole mai più la parola, né a lei né a tutto il resto della famiglia.
La confessione
Così l’autrice decide di raccontare davvero tutta la sua storia sicuramente a tutti i lettori che hanno acquistato il suo romanzo, ma principalmente al fratello, a cui sono rivolte queste lettere, in cui lei non solo gli domanda “Perché? Perché te ne sei andato”, ma parallelamente gli racconta la sua vita: la decisione di studiare giurisprudenza, il precariato derivante da una società che fa schifo e non investe mai e poi mai sui giovani, ma preferisce tenere persone vecchie e che puzzano di stantio alle cattedre, il lavoro come rider in cui non guadagna niente, il primo lavoro in un giornale vero che porterà ad altre complicazioni perché “sono gli uomini i veri cacciatori, noi donne diventiamo, volenti o nolenti, le prede da stanare”.
Quando il cacciatore imbraccia il suo fucile e va in cerca di una preda, lo fa per corteggiarla? No, lo fa per ucciderla e portarle via per sempre la vita. Come questo abominio sia ancora concesso non si spiega, come ugualmente non si spiega perché il concetto di seduzione e di corteggiamento venga spesso affiancato ad un concetto che ha a che fare con la morte, non certo con la vita e con l’amore.
Come davvero non si spiega perché da piccoli ci insegnano (a tutti quanti, indistintamente) che il “Sì” e il “No” non sono interpretabili: vogliono esprimere due concetti ben precisi, da una parte la concessione, dall’altra la negazione. Non è difficile dai, penso che davvero questi siano due concetti elementari.
NO vuol dire NO: tu uomo che leggi ricordati questo semplice concetto, che prima o poi se non entra in quel cervello, ti si ritorcerà contro.