Ma perché gli influencer non possono parlare di arte (e non solo)?
Chiara Ferragni ha da poco pubblicato sul suo account Instagram le foto del servizio per Vogue Hong Kong – scattato questa estate alla Galleria degli Uffizi – in vista della mostra Botticelli and His Times – Masterworks from the Uffizi, che ha aperto il 23 ottobre all’Hong Kong Museum of Art. Solo poche ore prima della pubblicazione del post, l’influencer invitava tutti all’utilizzo della mascherina, dietro la richiesta del premier Giuseppe Conte di sensibilizzare i suoi 21 milioni di followers riguardo la delicata situazione del paese. Lo stesso fa il marito il giorno prima, esortando i seguaci – in particolare i più giovani – ad essere prudenti per evitare lo scenario peggiore. Due personalità influenti nel mondo dello spettacolo e della moda entrano nelle nostre case, direttamente dai nostri smartphone, per dirci qualcosa che non è affatto legato a moda e spettacolo, ma a questioni di arte e attualità.
Qual è il problema?
Per una parte abbastanza nutrita della popolazione, Chiara Ferragni non dovrebbe permettersi di parlare di arte e Fedez non sarebbe in grado di esprimere giudizi sulla situazione sociopolitica italiana. L’ignoranza, si sa, genera altra ignoranza e nessuno vorrebbe che i nostri figli venissero a sapere dell’ultima mostra in corso o dei problemi dell’Italia attraverso il re e la regina degli analfabeti funzionali. Quando, a luglio, Chiara Ferragni ha postato una foto con alle spalle la Venere di Botticelli, i commenti degli haters sono stati vari, pieni di odio contro il museo, chi lo dirige e, ovviamente, contro l’autrice del post. Insulti di ogni sorta a sostegno del fatto che un’influencer senza cultura non sarebbe degna di entrare in un posto come gli “Uffizzi”, categoricamente con due zeta. Non manca poi il body shaming di chi ha deciso che la Ferragni è troppo magra, troppo alta, troppo brutta o troppo e basta. Ancora una volta i paladini della purezza della cultura e dell’arte inneggiano a un’oligarchia dell’intelletto, fatta per i veri sapienti, i soli classicisti (o meglio dire classisti?) e non certo per il popolo.
Chiara Ferragni e il +27%
Ma forse, i cari difensori dell’elitarismo, non sanno che dietro la bellezza mozzafiato di Botticelli, si nasconde un discorso economico di cui tenere conto. Le persone non visitano più i musei, i ragazzi non sono interessati alla cultura, gli italiani preferiscono vedere un cinepanettone piuttosto che una mostra, quante volte abbiamo sentito queste frasi? Forse c’è qualcosa di sbagliato in principio, forse gli spazi culturali si avvalgono di mezzi di comunicazione vecchi e sorpassati, forse nel 2020 i meccanismi della promozione sono cambiati. Ecco che Chiara Ferragni, dopo una sola volta agli Uffizi e attraverso un solo post, ha innescato un incremento del 27% dei flussi dei visitatori nel weekend successivo a quello della sua visita, tra cui soprattutto giovani. Abbiamo sottomano quindi risultati tangibili e possiamo dichiarare che i nuovi mezzi di comunicazione siano più efficaci dei vecchi – se non per tutti – per alcuni settori. I media tradizionali si indignano se vengono interpellati gli influencer per parlare di cultura, arte, politica o qualsiasi altra cosa che non sia sciocca e irrilevante, ma questo avviene perché abbiamo nella mente un’idea sbagliata del loro lavoro. Nel settore del marketing l’influencer è chi, essendo determinante nell’influenza dell’opinione pubblica, costituisce un target importante cui indirizzare messaggi pubblicitari, al fine di accelerarne l’accettazione presso il pubblico più vasto. Quasi un leader d’opinione, insomma, il cui lavoro si basa sul propagare su larga scala dei messaggi, attraverso il passaparola. I nuovi principi dei social e del Web 2.0 hanno sovvertito ogni regola, ora anche l’arte ha un mercato digitale e in quanto tale risponde ai meccanismi della visibilità. Attraverso Instagram si promuovono eventi, mostre e cultura e l’universo dell’arte si apre a tutti, anche a chi prima non avrebbe mai pensato di mettere piede in un museo. Ecco che la figura dell’influencer acquisisce importanza, nel fare da ponte tra i due mondi senza evidenziarne le differenze o sottolinearne l’utenza, solo incoraggiando l’avvicinamento di una vasta fetta di popolazione social che si sente così adeguata a partecipare. I Musei Vaticani, dopo aver registrato un calo delle visite dell’80%, hanno di recente invitato diversi personaggi del mondo di Instagram, a visitare il loro patrimonio artistico e a parlarne poi sui social.
Una di loro è stata Cristina Fogazzi, in arte l’Estetista Cinica che, dopo aver divulgato le bellezze della Cappella Sistina e non solo, è stata attaccata per averne parlato in quanto “shampista”, come se la professione di una persona ne limitasse la libertà d’opinione o, più semplicemente, la facoltà di mettere piede in un museo e di parlarne. Non lamentiamoci, allora, della poca partecipazione delle persone alla vita culturale del Paese se poi non ci va bene il mezzo attraverso cui si passa il messaggio. Per concludere il discorso come lo abbiamo iniziato, ricordiamo che non è la prima volta che personaggi di successo vengono coinvolti in iniziative che necessitano di sostegno: nel 1956 Elvis Presley accetta di promuovere la campagna di vaccinazione antipolio e si vaccina in diretta tv. Grazie anche a lui in dieci anni la polio negli USA passò da 58.000 casi a 910.