The Floating Piers, quando Christo ci fece camminare sul Lago d’Iseo
Si è spento all’età di 84 anni l’artista bulgaro Christo Vladimirov Javacheff, per cause naturali, lo scorso 4 giugno. Forse il più grande esponente della Land Art, era in grado di modificare qualsiasi tipo di panorama ridisegnandolo secondo la propria visione. L’ultimo progetto sarebbe stato quello di avvolgere per sedici giorni l’Arco di Trionfo di Parigi, rinviato causa Covid al 2021. Da undici anni però Christo lavorava senza la sua compagna, Jeanne-Claude: insieme imballavano molti monumenti e portavano a termine numerosi progetti. Nati lo stesso giorno, avevano passato insieme gli ultimi sessant’anni senza mai smettere di impacchettare opere artificiali o scorci naturali. Per quanto ne sappiamo – fu lo stesso Christo a parlarne – era stata proprio la moglie a pensare ai primi progetti su grande scala coinvolgendo monumenti sempre più grandi. I due si conoscono a Parigi, dove lui si era trasferito per sfuggire al regime comunista, e iniziano un sodalizio che durerà anche dopo la morte, avendo da sempre dichiarato che la realizzazione delle loro opere sarebbe comunque andata avanti anche senza di loro, come accadrà per l’istallazione della capitale francese.
Impacchettava il mondo ma rimaneva libero
Della realizzazione – per assurdo – la fase più complessa è sempre stata quella iniziale, che comprendeva i permessi burocratici da parte delle istituzioni per poter lavorare sui grandi monumenti, dei quali si occupava Jeanne-Claude. Inoltre, i due non ricorrevano ad alcun tipo di finanziamento esterno ma erano completamente autosufficienti economicamente, grazie alla vendita degli studi e dei bozzetti del progetto. Questa indipendenza d’esecuzione gli permetteva di non avere committenti e di operare autonomamente, scegliendo il prossimo spazio di cui occuparsi in libertà ed evitando di prendere parte a quel sistema capitalista del mercato dell’arte. Una lunga preparazione per circa due settimane di happening, durante il quale dei grandi teli ricoprivano monumenti o spazi paesaggistici che diventavano le loro tele su cui lavorare en-plein air invece che in galleria. Questi tessuti, totalmente riciclabili, rappresentavano un abito nuovo di ciò che vi era al di sotto, rivelavano quindi – invece di nascondere – il reale valore dell’opera che non avremmo conosciuto se questa non ci fosse stata. Ricordiamo opere di Christo e Jeanne-Claude in tutto il mondo: dalla Valley Curtain in Colorado (1970-1972) al The Pont Neuf Wrapped di Parigi (1975-1985), dal The Umbrellas in Giappone e California (1984- 1991) al Wrapped Reichstag a Berlino (1972-1995). Per quest’ultimo in particolare l’artista impiega 24 anni per la realizzazione, 15 milioni di dollari e attira ben 5 milioni di visitatori in sole due settimane. L’edificio simbolo della Germania, strettamente legato alla salita al potere dei nazisti dall’incendio del 1933, ospita il progetto di Christo, tra i più complessi della sua carriera: 100mila metri quadrati di tessuto in polipropilene cucito a mano e rivestito in alluminio, tenuto aderente al palazzo da 15.600 metri di corda dello stesso materiale. Un’impresa eccezionale, come molte delle sue del resto, che dona un nuovo significato al panorama cittadino.
The Floating Piers
Nel 2016 il grande artista decide di modificare non il volto di un edificio o di una costruzione architettonica, bensì quello di un panorama naturale: il lago d’Iseo. L’istallazione prevedeva una lunghissima passerella, formata da pontili galleggianti, che collegava la terraferma con le isole di San Paolo e Monte Isola. 220.000 cubi di polietilene ricoperti da 100.000 metri quadrati di tessuto tra l’arancione e il giallo. Tutti gli elementi utilizzati sono stati poi riciclati, come di consueto nelle opere di Christo. L’evento ha registrato oltre un milione di visitatori per due settimane di apertura e 283 milioni per l’economia e il turismo del lago. Ancora un’opera di massa e gratuita, per professionisti del settore e non: chiunque camminasse su The Floating Piers poteva sentirsi parte dell’opera stessa, di un momento irripetibile. L’intento dell’artista era sicuramente quello di dare un nuovo valore estetico al paesaggio, in un certo senso spettacolare, stupendo tutti, dagli addetti ai lavori ai visitatori. Del resto lo affermava lui stesso: “Io, Christo, faccio e distruggo opere milionarie. Ma non cercate simboli: godetevi il paesaggio”.