La Capannina di Forte dei Marmi ha compiuto 90 anni
La Capannina di Franceschi non è una discoteca, né un night club e neppure un ristorante. È da sempre, per tutti, la Capannina, un unicum nel quale si riassume la storia d’Italia dell’ultimo secolo.
Il 15 agosto del 1929 nasceva in Versilia quello che sarebbe diventato il locale più longevo d’Europa. Al di là delle mode è sempre di moda e vanta quattro anni in più dello storico Maxim di Parigi. La sua storia è il racconto di feste sfrenate, vizi, lusso del bel mondo italiano ricco e potente, affascinato da quel luogo tanto piccolo e semplice e nello stesso tempo esclusivo, riservato a pochi eletti.
Il 15 agosto del 1929 Achille Franceschi, ex sindaco di Forte dei Marmi che Indro Montanelli definiva “intrepido e ottimista” creò La Capannina e fu per merito suo che Forte dei Marmi, che faceva parte del Comune di Pietrasanta, divenne Comune autonomo. Franceschi aveva capito prima degli altri il potenziale di Forte dei Marmi, piccola perla versiliese incastonata tra le Alpi Apuane e il mare, che sarebbe poi diventata il più importante luogo di villeggiatura balneare d’Italia.
La piccola capanna in origine misurava tre metri per quattro e era adibita a deposito degli attrezzi dei pescatori locali. Achille la acquistò per mille lire prese in prestito dalla moglie Nella. La aprì da tutti i lati, la ripulì e la coprì con un tetto di fronde. La foderò di tela di sacco e la tinse di verde, avorio e arancione, i colori che contraddistinsero da allora in poi lo storico locale. All’interno mise dei tavoli di legno, qualche sedia di paglia e in un angolo collocò il bar.
Il posto divenne presto il punto di ritrovo dei nobili della zona: i conti Piccolomini, Spalletti e Ruccellai, i principi Belmonte, Del Drago e Rospigliosi, il marchese Cinzano, il conte Negroni che diedero il loro nome ai celebri cocktail inventati proprio alla Capannina. Quel locale spoglio e rude divenne così celebre che la sua fama varcò i confini della Versilia e giunse dapprima a Firenze e poi a Milano.
Alla fine della stagione Achille ampliò lo spazio interno, creò uno spazio per ballare e comprò uno dei primi grammofoni elettrici dell’epoca, un Pansthrop Brunswich che gli costò ventisette mila lire, anche questa volta prese in prestito.Si racconta che il grammofono piacque a molti ma non alla duchessa D’Assergio, che abitava nella villa antistante la Capannina e detestava il rumore del grammofono. Achille, arguto come sempre, trovò la soluzione e ingaggiò un’orchestra di ragazzi di colore di Parigi, la cui musica era decisamente più gradevole del rumore emesso dal grammofono. L’orchestra parigina ebbe grande successo e incrementò la fama del locale.
L’11 agosto del 1954, in occasione del venticinquesimo compleanno della Capannina, Montanelli che amava quel locale, scrisse sul Corriere d’informazione: “Era sottinteso che dentro quel recinto di frasche da selvaggi africani con tanta modestia battezzato per entrarci bisognava essere almeno conte.” Si fece un’eccezione soltanto per Edoardo Agnelli, poi arrivò Edda Ciano e, infine, Italo Balbo che ammarò con il suo idroplano proprio davanti al celebre locale.
Nel 1939 un incendio distrusse la Capannina che venne ricostruita in due mesi con l’aspetto che conserva ancora oggi. Fu l’architetto Maurizio Tempestini di Firenze a ridisegnarla, lo stesso che progettò la Bussola, altro celebre locale della Versilia. Nell’estate del 1939 Achille Franceschi morì, si dice per aver mangiato troppa carne di daino dopo una battuta di caccia che si era tenuta nella riserva del duca Salviati.Gli successero i figli Nevio e Guido che si occuparono della Capannina in un periodo di grande splendore del locale, che nel frattempo era diventato meta de gli industriali milanesi. Iniziò così la stagione dei balli che si protraevano per quasi due giorni, battaglie a colpi di tappi di champagne, scene osé, gare spericolate. Si arrivò a un tale punto di sregolatezza che Mussolini ordinò la chiusura del locale.
Il 15 luglio 1945 la Capannina riaprì e Forte dei Marmi divenne la meta ambita da una generazione nuova che voleva dimenticare la sofferenza della guerra appena finita. Nel 1946 arrivò Enzo Ceragioli con la sua orchestra di grande successo, l’anno successivo fu la volta del batterista Bruno Quirinetta che veniva dal Dorian Club di Milano. Quirinetta inaugurò un nuovo modo di ballare che non prevedeva pause e introdusse proprio alla Capannina la samba che fece così, dal locale versiliese, il suo debutto in Italia. Sulla pedana inventata da Achille Franceschi si avvicendarono i personaggi più celebri del panorama artistico mondiale: Paul Anka, Ray Charles, i Platters, Edith Piaf che per la sua unica esibizione in Italia scelse la Capannina.
Negli anni settanta lo storico locale venne affidato a Gherardo Guidi, che lo gestisce tutt’ora con la moglie Carla e fu nel 1983 con il film “Sapore di Mare” di Carlo Vanzina che la Capannina entrò nell’immaginario collettivo di tutti gli italiani. A chi gli chiede come questo locale abbia resistito alle mode per quasi un secolo Gherardo Guidi risponde: “ Semplice, non assecondandole, per questo ho mantenuto le stesse poltroncine e gli stessi divani, anche la tappezzeria è la stessa, mi sono limitato a curarla e a conservarne la bellezza.”
Così questa splendida signora, che nel tempo è stata corteggiata da scrittori come Montale, Ungaretti e Primo Levi, amata da industriali come Agnelli, Barilla e Moratti, il 15 agosto ha festeggiato il suo novantesimo compleanno. Con qualche ruga portata con grazia e eleganza è ancora esempio di bellezza e buon gusto, in un mondo che troppo spesso ne è privo, e consapevole del suo passato glorioso si appresta a varcare con classe la soglia dei cento anni.