Lo stalker 2.0 passa da Netflix con “You”

Una delle tante è quella di rendere la propria vita più interessante, più stimolante, più attiva e meno vittima della pigrizia: meno mezzi pubblici (che tanto ci fanno solo arrivare in ritardo), più passeggiate all’aria aperta (che sia fortemente inquinata, poco conta).
Poi però si comincia a sentirsi osservati, mentre si cammina, ci si sente un paio di occhi puntati sulla schiena, ma quando ci si gira non si vede nessuna figura umana. Quindi scatta la paranoia, la paura vera che ti attanaglia le viscere e si opta (soprattutto la sera) per un comodo taxi. Per fortuna questa non è la descrizione della realtà che stiamo vivendo, ma al contrario è la finzione che vive la giovane Beck, protagonista della nuova serie tv presente nel catalogo Netflix, che ha un titolo semplice ed efficace: You.
Una ragazza bionda, poco trucco e tanta voglia di fare qualcosa di diverso dalle sue coetanee: niente feste mondane, niente cocktail spacca cervello, ma tanta poesia da studiare e da provare a scrivere, tanti libri da leggere, qualche lavoro che rattoppi le esigenze economiche di una ragazza giovane che cerca di mantenersi da sola in una città come New York. Le difficoltà sono molte, ma Beck non si scoraggia mai e in uno dei momenti meno gradevoli della sua vita trova conforto in una libreria particolare e dal fascino un po’ retrò, gestita da Joe, un ragazzo dal sorriso dolce e che sembra capirla al volo.
Peccato davvero che dietro quel sorriso si nasconda il carattere di uno psicopatico, un vero e proprio stalker che decide di volerla nella sua vita, poco importa che lei abbia già una sua vita sentimentale. Lui la desidera e farà qualsiasi cosa per farla sua: un concetto di possessione al 100% che farebbe scappare a gambe levate qualsiasi donna che ne sia al corrente, ma Joe gioca molto bene le sue carte facendo in modo che Beck cominci a considerarlo come l’unico essere umano decente sulla faccia della terra. Per fare sì che lui rappresenti per lei non un “forse”, ma l’unico che valga la pena conoscere davvero.
A interpretare molto bene il protagonista matto e pericoloso ritroviamo Penn Bagdley (il Dan Humphrey di Gossip Girl), che da ragazzo innocente dell’Upper East Side si trasforma in un uomo dai connotati decisamenti diversi: affascinante certo, umano anche nella sua follia, adorabile nelle vesti di amante dei libri, psicologicamente malato.
La serie è tratta dai romanzi di Caroline Kepnes (You il primo, Hidden Bodies il secondo) e dipinge quello che fin dai primi minuti si può definire come un amore tossico: nell’era dei telefoni “che tutto possono, che tutto controllano delle nostre vite”, diventa ancora più semplice per una persona intelligente come Joe riuscire a seguire l’oggetto dei suoi desideri sempre, ovunque vada, in qualsiasi locale si trovi. Ci sono alcune caratteristiche che vengono romanzate e portate all’estremo, ma questo è il gioco narrativo della serie tv e può anche andare bene.
Quello che non funziona è il fatto che ci siano donne che vivono un rapporto tossico e morboso, consapevoli di chi si trovano a fianco, e ne che siano felici. Perché in You Beck non ha idea di chi si trova di fronte e non considera nemmeno gli ammonimenti e i suggerimenti delle sue amiche (cascando ulteriormente nella trappola del “sono soltanto gelose”), mentre spesso nella vita reale queste donne sanno e accettano o addirittura ricercano un rapporto così disequilibrato.
Penn Bagdley riesce ad essere davvero molto convincente in questo ruolo così diverso dai precedenti, sia per presenza fisica che per presenza psichica: non si vacilla mai mentre lo si osserva nei suoi atteggiamenti devianti, non perde la sua credibilità per nemmeno uno dei 10 episodi che compongono la prima stagione (la seconda è in produzione, anche se non si sa ancora molto).
Anche nel momento in cui si occupa di Paco, il figlio dei suoi vicini di casa che spesso staziona sulle scale perché spaventato dai continui litigi violenti tra i due genitori, raggiunge una credibilità completa: riesce ad alternare ad un atteggiamento violento, un modo di fare quasi paterno nei confronti di un bambino abbandonato a se stesso, come era già successo allo stesso Joe quando era più piccolo.
Una serie che non si pone obiettivi troppo alti, ma che affronta due tematiche attuali (l’ossessione e il femminicidio), agendo attraverso lo sguardo distaccato delle telecamera e tramite la bravura dei due protagonisti, entrambi perfetti nei loro ruoli, che hanno anche un’ottima alchimia tra di loro durante tutta la durata della prima stagione.
Da vedere e rigorosamente in binge watching, perché capace di trascinare dalla prima all’ultima puntata, con una copertina inquietante che si appoggia sulle vostre spalle e lì rimane, fino al termine del decimo episodio.
Rebecca Cauda