Nello Spazio Mostre, il Museo del Novecento ospita l’esposizione “Andy Warhol’s Stardust”. Si tratta di un nucleo di serigrafie del maestro della Pop art, dalla fine degli anni Sessanta agli anni Ottanta, provenienti dalla collezione Bank of America Merrill Lynch. La disposizione cronologica delle stampe permette di ripercorrere le tappe salienti della produzione artistica di Warhol, a partire dalle celebri serie di stampe Campbell’s Soup, Flowers, Sunset, fino a Grapes e Space fruits, per arrivare ai Mythis.Sono esposte le serigrafie realizzate in gran parte dagli assistenti della Factory e nate per essere vendute, ma che Warhol rifiniva e ritoccava. La tecnica, il formato, il taglio dell’immagine e la tavolozza erano sempre gli stessi specialmente per i ritratti, sia che si trattasse di persone reali sia che fossero eroi dei fumetti o altri miti. Si utilizzava la visione orizzontale che non permette di percepire differenze di trattamento tra i pensatori e protagonisti della cultura del XX secolo, le drag queen della New York più mondana, Babbo Natale e Superman. L’approccio di Warhol uniforma e ridistribuisce i pesi, perchè fermarsi alla superficie rende tutti sufficientemente attraenti e, soprattutto, importanti allo stesso modo. Per questo motivo le opere in mostra si susseguono allineate lungo un corridoio come nella corsia di un supermarket dell’arte dove ogni cosa ha lo stesso valore e diventa oggetto di consumo. Non sono presenti pannelli e didascalie, ma solo brevi testi con informazioni “flash” come piccoli “pop up” che permettono diversi livelli di lettura attraverso nozioni storiche su Warhol e la Pop art, notizie sul contesto socioculturale e curiosità.
La Sala Focus, invece, ospita la recente acquisizione di opere della Donazione Spagna-Bellora. La mostra documenta l’attività di gallerista e di promotore culturale di Gianfranco Bellora (Trecate 1930 – Milano 1999), attraverso una selezione di opere della sua collezione donate nel 2012 al Museo. Nel 1969, dopo aver maturato alcune esperienze collezionistiche e di mercato, Bellora aprì a Milano una propria galleria, lo Studio Santandrea, presentando le ricerche italiane e internazionali del de-collage, della Mec Art e del Nouveau Réalisme, ma anche mostre personali e collettive di alcuni protagonisti italiani dell’astrazione e della neoavanguardia post-informale. Con l’inizio del nuovo decennio Bellora cominciò a raccogliere ed esporre l’opera dei principali autori italiani e stranieri delle più recenti ricerche verbovisuali. Ed è proprio questo versante degli interessi di Gianfranco Bellora a essere rappresentato dalle 21 opere in esposizione tra cui lavori di Lamberto Pignotti, Stelio Maria Martini, Adriano Spatola, Elio Marchegiani, Alessandro Algardi, Vincenzo Accame, Agostino Ferrari, Umberto Mariani, Magdalo Mussio. Sono esposte anche 50 fotografie originali di Enrico Cattaneo che documentano le inaugurazioni dello Studio Santandrea ed altri materiali dell’Archivio Bellora.
Infine, negli Archivi è stata allestita la mostra “Arimortis“, una collettiva di artisti italiani transitati nel DOCVA (Documentation Center for Visual Arts). Il termine, che dà il titolo all’esposizione, è la richiesta di una pausa ed è usato convenzionalmente tra i bambini durante il gioco, per chiederne una sospensione. Nelle vetrine la pausa consente alle opere di convivere con gli oggetti d’affezione, i “memorabilia” e con i tentativi faticosi di esternare le proprie intime risposte emotive. Per la msotra non sempre sono state scelte opere da esporre, talvolta sono stati avviati progetti in collaborazione con altri specialisti, come nel caso dell’artista siberiana Olga Schigal che partecipa alla mostra aderendo e complicando il progetto Madrelingua del musicista Saverio Lanza, o della pittrice Lorenza Boisi che interpreta gli esiti di un percorso di regressione personale accompagnato dall’ipnotista Felice Perussia. Vera Morra e Katthy Cavaliere sono presenti attraverso le rievocazioni di altre due artiste, rispettivamente Chiara Fumai e Sabrina Sabato. In mostra anche le dissolvenze incrociate di Gino Lucente e l’allegorico funerale in papier maché di Luigi D’Eugenio; le anamorfosi di Francesco Mannarini e il pellegrinaggio di Giorgio Andreotta Calò; la vita ritirata di Christian Tripodina e i fragili equilibri di Manuel Scano; le confessioni di Betty Bee e gli abiti nuziali di Paola Pivi e Karma Lama; i crocefissi di Cecile Genovese e l’armatura di Carlo Gabriele Tribbioli; i residui della vita troppo complicata di Giona Bernardi.
Eleonora Franzoni
11 maggio 2013