“Appuntamento sotto il letto” per riscoprire la commedia

Quando si ha voglia di ridere, di divertirsi, di svagare la propria mente per qualche ora, le possibilità sono molteplici. Che si desideri seguire i propri “guilty pleasures”, che si decida di farsi guidare dal mondo che ci circonda, si può spaziare dalla pur semplice ed efficace camminata all’aria aperta, dalla cena fuori con gli amici, dalla visita guidata di una mostra fino ad arrivare al cinema.
Anche la Settima Arte (oserei dire, soprattutto) ha il potere di prendere il cervello dello spettatore e fargli staccare la spina: certe volte in maniera più violenta, con uno strappo deciso come quando ci si toglie un cerotto, altre volte con un ritmo deliziosamente lento e delicato. Tutto dipende dal tipo di film che si decide di vedere, perché oggi le categorie sono davvero infinite e crearsi un gusto personale può non sembrare così banale.
Ci sono i supereroi, che non muoiono mai; ci sono i thriller che ti fanno dubitare del tuo vicino di poltrona e più in generale del genere umano; ci sono gli horror, anzi no i prequel / sequel / reboot perché riuscire a fare paura con idee nuove e originali ad oggi sembra impossibile (!!); infine ci sono le commedie. Un fantastico mondo, una definizione talmente ampia che nel calderone si passa da “Vacanze di Natale 2000” a “Perfetti sconosciuti”. Come è possibile pensare che due film così differenti, che veicolano dei messaggi così diversi (e sono solo due esempi presi a caso), finiscano nella stessa categoria? Non lo si spiega, ma soprattutto non si spiega perché per riuscire a far spuntare un sorriso ci si debba buttare o sulla demenzialità condita da un susseguirsi di battute volgari oppure sul dramma della famiglia italiana, dell’uomo che si infila in situazioni rocambolesche per tenersi in piedi moglie e amante. Peccato che di tutto questo non ci sia proprio da ridere, anzi.
E allora dove sono finite le commedie che davvero ti facevano sorridere in maniera sana? Che ti permettevano di staccare i pensieri per potersi godere due ore di passatempo, nella sua vera accezione del termine? Dove sono finiti i vari “Notting Hill” o “Nine Months” o ancora “Appuntamento sotto il letto”?
In modo particolare è cosa buona e giusta riscoprire l’ultimo sopracitato titolo: “Appuntamento sotto il letto” (titolo originale “Yours, Mine and Ours”) è una commedia del 1968, del regista Melville Shavelson, che vede Henry Fonda e Lucille Ball come interpreti dei due protagonisti.
Decisamente più impattante il titolo originale (come sempre la traduzione ne tradisce un pochino il significato), la storia è davvero molto semplice: Helen e Frank sono rispettivamente una donna e un uomo, rimasti vedovi entrambi del rispettivo marito e della rispettiva moglie. Si incontrano “per caso” e decidono di convolare a giuste nozze, in quanto convinti con la loro unione di poter dare una nuova possibilità e una nuova vita anche ai loro rispettivi 10 e 8 figli. Ecco, per un gradevole totale di 18 figli, sotto lo stesso tetto, più due adulti: 20 essere umani, costretti a vivere nella stessa casa, che devono soprattutto imparare a costruire insieme una nuova famiglia.
Certo, la situazione è terribilmente irreale: 18 figli, ma quando mai? Ma anche presi singolarmente i due protagonisti, quando ci si può permettere di avere 8 o 10 figli? Ad oggi, diventa difficile poterne avere anche solo uno. Ma questo è il primo strato del cinema: rappresentare qualcosa che attinga dalla realtà, che la superi e che vi porti dentro una situazione un po’ grottesca. In questo film si va oltre però, perché il significato di due ore della famiglia Beardsley / North è che la vita è difficile: come dice Frank alla loro figlia più grande (indecisa se avere o meno un rapporto sessuale con l’attuale fidanzato): “E se vuoi sapere veramente cos’è l’amore, datti un’occhiata intorno e guarda bene tua madre: è dare la vita che conta, e finché non sei pronta per questo, tutto il resto è un imbroglio. La vita non è un pic-nic: sono i piatti da lavare, il dentista, il calzolaio, i conti da pagare… e ci vorrebbe una giornata intera per dire quant’è lunga la lista! E non è andandoci a letto che dimostri ad un uomo quanto lo ami: è alzarsi la mattina ed affrontare lo squallido, miserabile e meraviglioso mondo”. Con queste poche parole, il protagonista riesce a veicolare un messaggio che oggi si è completamente perso: in senso lato ed esteso, le cose o te le conquisti con fatica e determinazione, oppure non valgono un granché.
Questo comporta un certo livello di pazienza, di accortezza nel far determinate scelte, di lunghi respiri presi prima di parlare (come fa la povera Helen quando guarda la pila di bicchieri e piatti da lavare ogni giorno), di un po’ di sano egoismo che non deve mai mancare (la bottiglia di champagne al posto della luna di miele), di sapersi mettere nei panni altrui quando serve, benché questo rappresenti sicuramente la prova spesso più difficile.
Terminato il film, si sorride: questo perché non serve davvero prendere in giro la realtà che ci circonda come ugualmente non serve tentare di far spuntare la risata buttandola sulle volgarità. Alle volte bastano 18 figli, una mamma e un papà che si riscoprono anche marito e moglie, per dipingere una commedia dalle tinte tenui, dai messaggi forti e dalla risata spontanea.
Rebecca Cauda