Ilva di Taranto: il governo ricorre alla Consulta. Città e partiti divisi sulle soluzioni
Ieri Pier Luigi Bersani aveva chiesto al Governo di fare chiarezza sulla vicenda Ilva, che diventa sempre più complicata e i riflettori dei maggiori organi d’informazione mondiale sono ora accesi sul più grande stabilimento siderurgico d’Europa. Anche Angelino Alfano aveva espresso il suo pensiero chiedendo che fosse il presidente Monti ad interessarsi del caso Ilva, perchè la vertenza potrebbe spaventare la politica industriale e gli investitori internazionali. Casini invece denuncia il protagonismo di «certi giudici», che «nuoce alla credibilità delle toghe». Il ministro dell’Ambiente, Clini, si chiede «Se chiudiamo la produzione dell’Ilva chi fornirà l’acciaio per l’economia italiana?».
Sono dunque tanti gli interrogativi, dopo l’ordinanza emessa dal Gip che ha chiesto il risanamento degli impianti senza poterli usare a fini produttivi. La preoccupazione maggiore è per l’occupazione, tanto che Bonanni in merito ha messo in guardia sull’atteggiamento da “risiko” e Di Pietro dell’Idv ha invece sottolineato come sia criminale contrapporre la magistratura ed i lavoratori.
Ma la cosa che più ha allarmato è stata la nuova ordinanza emessa dal gip Patrizia Todisco, con la quale Bruno Ferrante, presidente dell’Ilva, viene rimosso da custode e amministratore, per “palese conflitto di interessi”, in contrapposizione con quanto deciso dal Tribunale del Riesame, nominando Mario Tagarelli, presidente dell’ordine dei commercialisti di Taranto.
Ferrante, dal canto suo, pur non volendo neanche pronunciare la parola licenziamento, sottolinea che bloccare la produzione vuol dire complicare la situazione per i 12 mila dipendenti diretti, ma anche per tutto l’indotto.
Ieri il vertice dei sindacati per valutare il destino dell’Ilva, anche se ancora non si parla né di cassa integrazione, né di mobilità, bisogna prendere atto, è stato detto, che una fabbrica inattiva e senza produzione è una prospettiva insostenibile. Ora, a meno di due due settimane dalla grande manifestazione operaia sulle strade di Taranto e, dopo l’illusione di una svolta seguita alla decisione del Riesame, ritorma la paura che la situazione dell’Ilva possa precipitare nelle prossime ore. Per questo il governo annuncia un possibile ricorso alla Consulta, perchè decida sui provvedimenti della magistratura tarantina, che portano al rischio chiusura degli impianti.
Sulla questione i partiti sono divisi, mentre l’associazione magistrati difende l’operato dei giudici e dichiara che è stato doveroso intervenire, ammonendo nel contempo il pericolo delle «logiche di scontro», che si sta creando col forte rischio di alimentare tensioni, che non gioveranno ad una possibile equa soluzione per i cittadini.
Monti, si dimostra molto preoccupato, pensando al rischio di un possibile effetto domino che la chiusura dell’Ilva di Taranto potrebbe comportare su altri siti italiani, facenti riferimento al grande gruppo. Per tale motivo, dopo essersi consigliato con l’esecutivo e l’avvocatura dello Stato, pensa ad una mossa strategica, senza perdere però la speranza ad un ripensamento responsabile del Gip.
L’ipotesi sarebbe quella di sollevare il conflitto di attribuzione per chiudere al più presto positivamente la vicenda. Questo allontanerebbe il timore di un blocco di uno dei più importanti poli siderurgici d’Europa a vantaggio di altri paesi come la Cina e la Germania, che ne approfitterebbero, creando un inevitabile affossamento del nostro sistema economico, già precario, che subirebbe un duro contraccolpo.
Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dunque in difesa della tesi del governo ha confermato il ricorso alla Consulta spiegando che «la tutela della salute e dell’ambiente è un valore fondamentale che anche il governo vuole perseguire però alcune volte, queste sentenze non sembrano proporzionate al fine legittimo che vogliono perseguire».
Preoccupazione anche nel mondo sindacale che scendono sul piede di guerra, mentre gli operai bloccano la strada statale Taranto-Brindisi. Ma la città è divisa e nel pomeriggio in mille sono scesi in piazza a difesa dei giudici chiedendo garanzie per la salute.
Il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, incontrando i sindacati, ha assicurato che l’azienda farà ricorso in ogni sede, anche alla Cassazione, perchè ritieme «inopportuni e inadeguati» i recenti provvedimenti del Gip, dichiarandosi comunque disponibile a venire incontro alle richieste dei custodi giudiziali nominati dal gip di Taranto, questo per non intralciare in alcun modo ogni possibilità di appianamento della crisi.
Il Guardasigilli Paola Severino ha auspicato la necessità di una soluzione per conciliare esigenze diverse e molto si aspetta dall’interevento dei due colleghi, i ministri Passera e Clini, inviati dal premier a Taranto, sull’esito del quale il ministro dell’Ambiente oggi riferirà alla Camera.
A favore del governo si schiera anche il Pdl con Gaetano Quagliariello che esprime perplessità sull’ordinanza del Gip, giudicando insieme a Stefano Saglia «giusto» il ricorso alla Consulta annunciato dal Governo. Stefano Fassina, però dice che «la produzione non va fermata». Deciso è l’attacco dell’opposizione, che per bocca di Antonio Di Pietro dell’Idv accusa il governo e i partiti di difendere le «logiche di profitto», mentre per la Lega di Maroni la soluzione è un dl come per Acerra, ma ora il governo è in vacanza, quindi sarebbe impossibile. I Verdi si dicono invece pronti a ricorrere alla Corte di Giustizia europea. «contro le ingerenze dell’Esecutivo nei confronti dei magistrati sulla vicenda Ilva».
Sebastiano Di Mauro
14 agosto 2012