Tenta suicidio in cella. Capece (Sappe) denuncia: ‘situazione drammatica’
ALESSANDRIA – Gli uomini della Penitenziaria hanno sventato un tentativo di suicidio da parte di un detenuto nel carcere San Michele. L’uomo, di origine nordafricana, era stato trasferito di recente nella struttura alessandrina dal carcere di Torino. Nel pomeriggio di ieri ha legato la coperta della branda intorno alle sbarre e poi si è cinto attorno al collo il resto del cappio improvvisato con l’intento di soffocarsi. Solo il tempestivo intervento del personale ha permesso di evitare la tragedia ma, come denuncia il sindacato Sappe, la situazione nelle carceri è drammatica e il rischio suicidio elevato.
L’episodio di San Michele, infatti, è il secondo della settimana uscente: ad Alba mercoledi scorso si era verificato un fatto analogo in cui gli agenti sono dovuti intervenire per impedire che un detenuto straniero – su cui grava una pena definitiva – s’impiccasse nella sua cella.
Come meglio precisato dal segretario generale del Sappe, Donato Capece, il rischio di suicidio tra i detenuti è elevatissimo ed è complicato per gli agenti della Penitenziaria garantire l’incolumità dei reclusi senza gli strumenti (uomini e mezzi) adeguati: “Ogni giorno nelle carceri piemontesi un detenuto si lesiona il corpo ingerendo chiodi, pile, lamette, o procurandosi tagli sul corpo. Ogni settimana – fa notare ancora Capece – un ristretto del Piemonte tenta il suicidio. Nel 2014, in Piemonte abbiamo contato 58 tentati suicidi, 423 episodi di autolesionismo, 183 colluttazioni e 31 ferimenti”.
Dinnanzi a questi dati impietosi, Capece esorta chi di competenza ad assumere provvedimenti concreti. “Non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria la gestione quotidiana delle costanti criticità delle carceri piemontesi e del Paese tutto”. Già a seguito del tentato suicidio ad Alba, Capece aveva denunciato una situazione “allarmante, nonostante in un anno il numero dei detenuti sia calato a livello nazionale dalle 53.498 persone oggi detenute rispetto alle 59.683 dello scorso anno”.
“Altro che la favola della ‘vigilanza dinamica’ e l’autogestione delle carceri da parte dei detenuti come panacea ai mali penitenziari – osserva sarcasticamente Capece – le idee e i progetti di chi santifica questa vigilanza dinamica e il regime penitenziario ‘aperto’ non tengono conto della realtà delle carceri, che non sono collegi per educande, e rispondono alla solita logica ‘discendente’ che ‘scarica’ sui livelli più bassi di governance tutte le responsabilità. E ricadono sulle spalle di noi poliziotti, che stiamo 24 ore al giorno in prima linea nelle sezioni detentive. Intanto i poliziotti continuano a sventare suicidi, a gestire eventi critici come gli atti di autolesionismo, le aggressioni, le risse, a circolare su mezzi vecchi e fatiscenti”.
Davide Lazzini
24 maggio 2015