Omicidio Gambirasio: intercettazioni Bossetti
Bergamo – A quattro anni dal ritrovamento del corpo della giovane Yara Gambirasio di Brembate di Sopra, il Pubblico Ministero ha notificato la chiusura delle indagini preliminari sull’omicidio della tredicenne, il cui unico indagato rimane Massimo Bossetti, arrestato il 16 giugno dello scorso anno. Dalle 60mila pagine dell’inchiesta emergono i reati contestati a Bossetti: il primo è di omicidio con l’aggravante di “avere adoperato sevizie e aver agito con crudeltà” e di avere “approfittato di circostanze di tempo in ore serali, di luogo in un campo isolato e di persona perché si tratta di un uomo adulto contro un’adolescente di 13 anni, tali da ostacolare la pubblica e privata difesa”. Il secondo è di calunnia nei confronti di Massimo Maggioni, uno dei colleghi del cantiere di Palazzago in cui lavorava all’epoca del delitto, che in uno dei primi interrogatori il muratore di Mapello aveva accusato dell’omicidio.
Dalle intercettazioni in carcere di Bossetti, durante i colloqui con i suoi familiari emergono dei particolari importanti per le indagini, come nel primo colloquio in carcere tra l’uomo e sua moglie, nel quale Bossetti rimprovera la moglie di non avergli fornito un alibi per la sera del 26 Novembre 2010: giorno della scomparsa di Yara.
“Sul giornale c’è su l’articolo… che tu hai detto che non sapevi dove mi trovavo quel giorno lì a lavorare… “, dice Bossetti. “Allora – risponde la Comi – io non ho fatto nessuna dichiarazione sui giornali, assolutamente (…) Ascolta io gli ho detto… perché mi hanno chiesto, a che ora sei arrivato… Gli ho detto “non mi ricordo” Massi”. “Il marito non trova un alibi con la moglie… “, continua il presunto assassino. “Ecco ma dopo – prosegue la moglie – dopo ci ricamano sopra Massi. È per quello che non devi ascoltare, non devi leggere i giornali. Non è vero, gli ho detto solo che non mi ricordo a che ora sei arrivato. Quattro anni fa non mi ricordo a che ora sei arrivato! Gli ho detto che comunque di sicuro prima delle 19.30, perché comunque cenavamo sempre insieme, e poi, siamo sempre insieme anche la sera “. “Usciamo sempre a fare la spesa insieme, ho detto io!”, ricorda il muratore di Mapello. “La spesa? Ma comunque siamo sempre a casa alla sera – lo tranquillizza la moglie – Guarda che loro mi hanno chiesto un’ora, l’ora non mi ricordo Massi, non posso dirgli un’ora che non mi ricordo, capisci? E’ per quello che non mi sento di dire bugie, Massi, devo dire solo la verità… basta! La dico io e la devi dire anche tu, hai capito? Basta…”
Qui affiorano anche i primi dubbi di Marita Comi sul marito, che durante i colloqui successivi chiede al marito di non raccontare bugie, l’uomo, infatti, era soprannominato dai colleghi di lavoro “favola” per le numerose menzogne che era solito dire, tra queste ne emerge una particolarmente raccapricciante nella quale Bossetti per allontanarsi dal cantiere disse di avere un tumore al cervello.
In un’altra conversazione intercettata dalle microspie, con il cognato e sua moglie Bossetti riferendosi alle tracce del suo Dna ritrovate sul corpo di Yara dice: “Se sono, certi è un guaio”.
Ora la difesa avrà venti giorni di tempo per acquisire gli atti dell’inchiesta e chiedere un nuovo interrogatorio dell’indagato o depositare gli atti della difesa. A questo punto il Pm potrà chiedere il processo che dovrebbe iniziare a luglio.
di Marilena Tuveri
2 marzo 2015