Green Hill, allevamento-lager condannato dal Tribunale di Brescia
ROMA – “La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile”, questo il commento di Gianluca Felicetti, presidente della Lega Anti Vivisezione dopo la sentenza di condanna a Green Hill arrivata oggi da parte del Tribunale di Brescia.
Il giudice ha condannato a 1 anno e 6 mesi Renzo Graziosi – veterinario dell’allevamento – e Ghislane Rondot, co-gestore di ‘Green Hill 2001’; un anno anche a Roberto Bravi – direttore dell’allevamento – che dovrà inoltre risarcire le spese. I condannati saranno sospesi dalle attività per 2 anni ed è stata intimata la confisca dei cani. Infine la Corte ha assolto Bernard Gotti, co-gestore di ‘Green Hill 2001’.
Come riferito dalla LAV sono numerose le prove portate in aula dal Pubblico Ministero, a dimostrazione dell’esistenza di un “sistema Green Hill”, ovvero la pratica aziendale volta ad uccidere i cani affetti da patologie per contenere i costi o perché non erano più idonei allo scopo.
Tra il 2008 e il 2012 sono stati contati ben 6023 decessi, un numero esorbitante, a fronte dei 98 decessi registrati nel periodo successivo al sequestro. Secondo quanto riportato dall’associazione, per Green Hill era più economico far riprodurre in continuazione i cani e sostituire così quelli ‘difettosi’. “Nel corso del processo – spiega la LAV in una nota – la difesa ha dapprima artatamente alluso al fatto che è stato registrato, non si sa da chi, un maggior tasso di mortalità dei cani consegnati alle associazioni animaliste, rispetto alla normalità della gestione di Green Hill: una dichiarazione falsa, una diffamazione e una provocazione, contro la quale abbiamo proceduto legalmente, vincendo”.
La LAV, custode giudiziario (insieme a Legambiente) dei circa 3000 beagle posti sotto sequestro dal 18 luglio 2012, poi affidati a famiglie adottive, sarà risarcita come parte civile, insieme a Enpa, Lega Nazionale Difesa del Cane e Leal. Tale risarcimento, al netto delle spese legali, sarà devoluto per costituire un Fondo per la ricerca sui metodi alternativi alla sperimentazione animale.
Una dura sconfitta per Green Hill e per gli avvocati della difesa, Luigi Frattini ed Enzo Bosio, che avevano invece chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste e non vi è stata condotta dolosa”. Secondo i legali: “non ci sono state violazioni e qualora non fossero state rispettate alcune norme, scatterebbe solo una sanzione amministrativa”. Tra 60 giorni saranno pubblicate le motivazioni della sentenza.
Davide Lazzini
23 gennaio 2015