Vent’anni a Maurizio Falcioni per aver massacrato la fidanzata Chiara con calci e pugni

ROMA — È arrivata la sentenza per Maurizio Falcioni, trentacinquenne arrestato lo scorso 4 febbraio per avere massacrato di botte Chiara Insidioso Monda, la fidanzata diciannovenne con la quale conviveva da qualche tempo, fino a ridurla in fin di vita: vent’anni di reclusione per tentato omicidio e maltrattamenti, con interdizione legale per tutta la durata della pena e a quella in perpetuo dai pubblici uffici; l’imputato dovrà risarcire anche i danni alle parti civili.
È soltanto di pochi giorni la notizia del risveglio di Chiara dallo stato comatoso nel quale versava da quel terribile giorno dove, al termine dell’ennesimo litigio per gelosia, con la paura di essere lasciato, era stata presa a calci e pugni con una violenza disumana, un accanimento feroce con il cranio colpito e sbattuto più volte. Aveva tentato inizialmente di negare la sua colpevolezza, attribuendo le ferite ad uno svenimento, «dillo che sei caduta! Dillo che sei caduta»; inutile tentativo perché subito la gravità delle ferite (orbita e mandibola fratturate e un grave ematoma), oltre alla disperata condizione della ragazza all’arrivo all’ospedale che aveva richiesto immediatamente un primo delicato intervento chirurgico, l’avevano smascherato. Falcioni era ossessionato a tal punto da controllare ogni movimento della ragazza e da prendere come pretesto qualsiasi futile motivo per i suoi scoppi d’ira. Infatti in aula all’uomo è stata contestata anche «l’aggravante della continuazione per essere stato più volte responsabile di maltrattamenti nei riguardi della ragazza», con una perizia psichiatrica disposta dal giudice ad aggravare la sua posizione processuale perché riconosciuto pienamente in grado di intendere e volere al momento della violenza.
Il padre, che per quasi un lungo anno ha assistito la figlia in ospedale e che aveva presentato più volte esposti contro quest’uomo prepotente, commenta con queste parole una sentenza attesa e accolta da un lungo e commosso applauso di amici e conoscenti arrivati da Casal Bernocchi: «Ancora devo realizzare, avevo paura ieri, credevo che gli avrebbero dato otto, dieci, massimo dodici anni. Invece niente sconti e se non avessero chiesto il rito abbreviato avrebbe fatto venticinque anni di galera». Il processo era a porte aperte, tutti potevano entrare e la gente era tanta. Falcioni però non c’era, non si è presentato, con il suo legale a chiedere l’infermità mentale incolpando le istituzioni assenti per la tragedia compiuta. «Chiara non sarà più come prima ma la Giustizia ha fatto il suo lavoro. Oggi è stata ripagata la fiducia che avevo nella Giustizia, adesso posso pensare solo a mia figlia», anche se «non è stato facile restare impassibile in aula durante il dibattimento», riascoltando tutto quello fatto alla figlia, con le testimonianze dei vicini a raccontare tutto quello subito da Chiara. Una figlia immortalata dal padre con uno scatto fatto in ospedale e pubblicato su Facebook il giorno prima del verdetto: «È forte, straziante, ma forse l’unico modo per far capire bene le condizioni in cui si trova. Con la testa distrutta, inerme, incapace di reagire», pubblicate solo per ricordare che «la vittima sarà per sempre lei e soprattutto che lei non avrà possibilità di scegliere il modo in cui guarire».
Paola Mattavelli
20 dicembre 2014