ROMA – L’inchiesta su Mafia Capitale continua ad allargarsi e mentre spunta anche una maxi tangente a un deputato ancora senza nome, ci sarebbero altri arrestati pronti a parlare. A gestire la rete di referenti dell’organizzazione nella pubblica amministrazione, secondo quanto emerge dalle indagini, era Salvatore Buzzi.
In un’intercettazione, vanta di avere rapporti con Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd molto influente a Roma. Spunta anche un incontro con Gianni Letta, chiesto – pare – al fine di agevolare l’accreditamento del Cara di Castelnuovo di Porto. Alla vigilia Buzzi parla con Luca Odevaine, prima vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, poi capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti e infine al Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno. Anche lui ora in carcere. In quell’occasione gli dice: “A noi ce manda Goffredo con una precisa indicazione”.
Sul Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo emerge anche una specie di dossier per screditare il giudice del Tar che aveva firmato la sospensiva per la gara. Contro il magistrato si sarebbe mossa direttamente un’ex assessore della giunta Zingaretti, Paola Varvazzo, che avrebbe fornito documenti utili all’organizzazione.
Secondo gli inquirenti, i soldi delle tangenti finivano in Svizzera o su conti di parenti e amici. In particolare si parla di un viaggio di alcuni collaboratori di Carminati in territorio elvetico nella scorsa primavera. Una trasferta “finalizzata al compimento di operazioni bancarie di significativo interesse per l’indagine”. Luca Odevaine, da quanto è emerso, per nascondere il denaro in Italia avrebbe utilizzato i conti correnti della madre e dei figli.
Le ricostruzioni dei carabinieri descrivono un sistema che gestiva il territorio tenendo buoni rapporti con la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra. Un’organizzazione che riusciva a far ottenere in soli 3 giorni permessi per la costruzione di 3 palazzi di 7 piani nei pressi del parco di Villa Palphili, nel quartiere di Monteverde. Una rete che distribuiva soldi a politici di destra e di sinistra. Spunta la maxi tangente da 700mila euro che la Breda Menarini avrebbe pagato per la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. Stando alle intercettazioni, l’ex Ad di Eur Spa Riccardo Mancini, vicino all’ex sindaco Gianni Alemanno, ne avrebbe girati buona parte a un politico ancora senza nome. “I soldi non se li è presi lui – dice Buzzi al telefono – L’ha dati a un deputato. Noi sappiamo a chi l’ha dati. Lo sa tutta Roma a chi l’ha dati”.Secondo le ultime indiscrezioni, alcuni degli indagati sarebbero pronti a parlare in cambio di qualche sconto di pena. Gli arrestati hanno annunciato ricorso al Tribunale del riesame: se dovesse cadere il reato associativo, molti sarebbero disposti a rispondere alle domande dei pm e a ricostruire singoli episodi di corruzione. Intanto ai microfoni di Rainews24 il sindaco di Roma Ignazio Marino ha ribadito la sua estraneità all’inchiesta, rivendicando le scelte di rottura rispetto ai suoi predecessori e ha anche respinto l’idea di una città legata alla mafia.
Nonostante le aperture di Marino a una Giunta d’emergenza, aperta anche ai grillini, arriva la stroncatura del Movimento: “Per il bene della città e del Paese, Marino faccia un passo indietro”. Lo affermano Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio in una nota redatta con i membri del direttorio e i consiglieri M5S di Roma. Poi, nuovamente, la richiesta al prefetto di sciogliere il comene per mafia: “Il Movimento vuole una Roma libera dalla mafia, una Capitale guidata da persone oneste e trasparenti che combattono realmente la corruzione. Per questo, alla luce dei gravissimi fatti emersi e che continuano a emergere dall’inchiesta mafia capitale, chiediamo al prefetto di valutare con urgenza la possibilità di sciogliere il Comune di Roma per infiltrazioni mafiose”.
Anche Silvio Berlusconi chiede alla politica romana di fare un passo indietro: al telefono con un’iniziativa dei ‘Club Forza Silvio’ a Palermo chiede “ai partiti uno sforzo comune: si devono tutti dimettere. Vogliamo gente nuova che assicuri gestione trasparente. Non possiamo accettare che Roma, la urbs urbi più famosa del mondo, la nostra Capitale, possa essere gestita da chi è compromesso”.
Davide Lazzini
7 dicembre 2014