Stabili le condizioni del medico italiano in cura per l’Ebola, «è forte e autonomo»
Condizioni stabili per il medico italiano di Emergency risultato positivo al test di Ebola in Sierra Leone e ricoverato da ieri all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, ospedale altamente specializzato nella cura delle malattie infettive, scelto dal Ministero della Salute (insieme ad un altro centro a Milano) per affrontare eventuali casi di Ebola in Italia. Fabrizio cammina, «è forte e autonomo» ed «è una persona psicologicamente forte». Il fatto che le sue condizioni siano stabili (temperatura di 38,5°, pressione normale e assenza di sintomi o segni emorragici) è un buon segno, come spiega il Direttore Scientifico Giuseppe Ippolito, e si stanno valutando le migliori strategie terapeutiche. Viene sottoposto ad un trattamento antivirale specifico con un farmaco già utilizzato con successo in pazienti americani e spagnoli, non registrato in Italia ma autorizzato dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, con l’assistenza dell’Unità Farmaci Essenziali dell’OMS. Non sarà però fornito per ora il nome del farmaco sperimentale in attesa che i protocolli terapeutici vengano definiti. Il farmaco al momento è ben tollerato e il paziente «è monitorato per la funzionalità cardiaca, epatica e renale per identificare l’eventuale comparsa di effetti avversi al trattamento». Il cinquantenne medico siciliano è seguito costantemente da una task force formata da circa trenta persone, personale medico-sanitario esperto esclusivamente designato all’assistenza del paziente che non presenta assolutamente un «rischio maggiore per la comunità» perché osserva rigidi standard di sicurezza, gli stessi usati durante il trasporto, come lui stesso racconta in collegamento telefonico dalla stanza più isolata dello Spallanzani: «Per tutto il tempo, come vuole la procedura, sono rimasto nella barella ad alto contenimento. Immobile. Prima ci sono state lunghe ore in ambulanza per raggiungere l’aeroporto dall’ospedale in Sierra Leone. Poi altre sei sul Boeing dell’Aeronautica. Ora finalmente sono qua». Intanto dalla Sierra Leone è stato spedito con lo stesso aereo il sangue donato da quanti sono stati curati dal medico italiano, nella speranza che possa essere d’aiuto. Queste le parole di Gino Strada, fondatore di Emergency: «È uno tosto, un medico molto rigoroso e preparato. Sono tanti, tra quelli che lui ha curato, ad avermi chiesto notizie in queste ore. Capaci di riconoscerlo nonostante tuta e scafandro, pronti ad aiutare, concretamente con il loro sangue».
In un momento così delicato la famiglia chiede di rispettare la loro privacy, quindi doverosamente ci si attiene ai fatti e a quelle informazioni che sono utili per non creare inutile allarmismo, con la speranza che guarisca al più presto chi ha salvato in questi tre mesi molte vite umane, così preoccupato anche ora dei suoi pazienti da chiedere: «E i miei pazienti? Come stanno oggi?»
Paola Mattavelli
26 novembre 2014