Haiti: 85% barriera corallina morto a causa pesca intensiva
di Enrico Ferdinandi
L’incuria dell’uomo nei confronti della natura continua a mietere vittime. Ma bisognerebbe ricordare prima di tutto che le prime vittime siamo noi stessi, allo stesso tempo colpevoli e vittime, che degradando la nostra casa mettiamo in serio pericolo il nostro futuro e quello degli altri esseri viventi. Lungimiranza sembra una parola ormai lontana dagli ingranaggi che muovono i nostri passi, troppo diretti ad un effimero benessere presente che però è destinato a far tornare con i piedi per terra, ed abbassando lo sguardo rendersi conto che le meraviglie della natura stanno progressivamente pagando il prezzo più caro della nostra avidità e cupidigia.
Come molti sapranno dal 1 settembre in Italia è scattata lo stop della pesca, difatti non è sempre e solo a causa dell’inquinamento che si arrecano grandi danni all’ecosistema, ma anche lo sfruttamento intensivo di una risorsa può causare danni irreparabili. Come è avvenuto proprio ad Haiti dove ad oggi l’85% della barriera corallina risulta danneggiata irreparabilmente (biologicamente morto) a causa della pesca senza limiti e dei cambiamenti climatici. A diffondere la notizia il “New York Times”, che ha riportato una dichiarazione del direttore della ong californiana “Reef Check”, Gregor Hodgson, che ha dichiarato: “Credo ci si trovi davanti al peggiore sfruttamento da pesca del mondo intero, che ha causato un danno ormai da considerare irreparabile”.
Che i turisti e gli uomini di tutto il mondo davanti a notizie di questo genere, almeno una volta si fermino a pensare per comprendere quanto sia importante essere “rispettosi” di ciò che convive con noi.