127 contagiati, 20 morti: adesso l’aviaria fa paura!
Un nuovo ceppo, mai riscontrato prima nell’uomo, si starebbe diffondendo in modo incontrollato nella Cina Orientale. Ad oggi non è ancora chiaro se il virus sia stato contratto tra persone o animali infetti. Nella prima ipotesi, c’è solo da sperare che i casi mortali siano una pura casualità.
C’è il rischio che diventi il più devastante flagello della storia dell’umanità dopo la spagnola, la “Grande Influenza” che tra il 1918 e il 1920 colpi il 20 per cento della popolazione mondiale, provocando più di 80 milioni di morti. E’ il nuovo virus influenzale A(H7N9), una variante dell’influenza aviaria comparsa in Cina lo scorso mese di Aprile e che si sta diffondendo con estrema rapidità in tutto il Paese asiatico. L’epidemia non è sotto controllo e la situazione è molto seria; in pochissimi giorni il virus ha contagiato 127 persone e provocato 27 decessi. Un’esposizione lunga e non protetta con un soggetto contagiato, potrebbe inoltre dar esito a una variante virale altamente letale, capace di una trasmissione da uomo a uomo di tipo aggressivo, mille volte più pericolosa di quella attuale. L’area del contagio risulta al momento circoscritta alla parte orientale della Cina e le province più colpite sono quelle dello Jiangsu, l’Anhui, lo Zhejiang, Shangai e Pechino.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, la World Health Organization (Who-European for Investment for Health and Development), avverte: «minaccia grave per l’uomo che va presa molto seriamente» e non esclude il rischio di influenza pandemica. A preoccupare i ricercatori della prestigiosa agenzia dell’ONU specializzata nella tutela della salute pubblica, è il numero relativamente alto dei casi segnalati in un lasso di tempo così breve e l’elevato tasso di mortalità riscontrato, caratteristiche che potrebbero avvalorare l’ipotesi di una patologia virale inarrestabile.
Al momento, infatti, dei 125 soggetti che hanno contratto il “virus-killer”, circa il 21 per cento sono morti, un altro 20 per cento ha superato la fase critica della malattia, mentre il restante 60 per cento risulta ancora malato con una prognosi riservata, per l’assenza a oggi di una terapia efficace o un vaccino in grado di uccidere e contrastare i microbi.
Nel corso della conferenza internazionale “H5N1 research: biosafety, biosecurity and bioethics”, organizzata dalla Royal Society di Londra gli scorsi 4 e 5 aprile per conoscere, discutere e fare il punto della situazione sul virus A(H5N1), i più grandi esperti internazionali di virologia avevano già espresso la loro preoccupazione per il nuovo ceppo A(H7N9). L’agente patogeno, infatti, oltre a trasmettersi tra uccelli e umani in maniera più semplice rispetto alla prima variante, presenta una differenza molto insidiosa: mentre il pollame infettato da A(H5N1) muore con una certa celerità e di conseguenza è abbastanza semplice individuare le unità infette, il virus A(H7N9) non ammala i volatili ed è per questo molto difficile determinare quali siano quelli contagiati, con enormi rischi per chi lavora o vive a contatto con questi animali.
Il professor Colin Butte, virologo del Pirbright Institute, centro del Regno Unito per la ricerca e la sorveglianza delle malattie virali degli animali da allevamento e i virus che si trasmettono da questi agli uomini, ha evidenziato che «più a lungo il virus resterà in circolazione, maggiore sarà la probabilità che questo muti e diventi trasmissibile tra esseri umani». Anche John McCauley, altro esperto di malattie virali presso il National Institute for Medical Research, organismo londinese specializzato in biologia strutturale, neuroscienze, ricerca genetica, infezioni e immunità che con l’OMS segue l’evolversi della situazione in Cina, ha messo in luce la pericolosità di A(H7N9) che «sinora non aveva mai colpito l’uomo». I virus del tipo A H7 appartengono infatti a gruppi influenzali che circolano normalmente tra i volatili e solo alcune varianti – i sottotipi H7N2, H7N3 e H7N7 – hanno, in rare occasioni, infettato delle persone. Inoltre, dei sierotipi conosciuti, solo due risultano altamente patogeni per l’uomo e sono: H7N3, H7N7; nessun contagio umano da virus A (H7N9) era stato mai segnalato prima d’oggi.
L’infezione fa il suo esordio come una normale influenza, con sintomi limitati a un lieve rialzo febbrile accompagnato da tosse secca e stizzosa. Se la sindrome di esordio peggiora, con un aumento dell’intensità della tosse o della febbre, può evolvere in una grave forma di polmonite. In questo stadio della malattia, il paziente presenta dolore toracico, mal di testa e difficoltà respiratorie anche abbastanza severe che, attraverso il coinvolgimento degli organi extra polmonari, possono portare alla morte dell’individuo colpito. Al momento, tuttavia, viste le scarse informazioni disponibili, non si conoscono tutte le possibili patologie che A(H7N9) potrebbe sviluppare. Il virus viene monitorato costantemente dalle autorità cinesi e lo scopo principale è quello di conoscere se e quando lo stesso sarà in grado di trasmettersi da uomo a uomo. Una cosa assodata è che A(H7N9) è diverso da A(H5N1), il virus dell’aviaria da anni nel mirino dei ricercatori. Secondo il professor Robert Booy, della The University of Sidney, in Australia, «è improbabile allo stato attuale una pandemia legata a questo virus. Sono state rilevate solo alcune mutazioni che confermano la capacità di adattarsi ai mammiferi, ma da qui alla capacità di trasmettersi da uomo a uomo la strada è ancora lunga»
Ma a far rizzare i capelli agli studiosi di tutto il mondo, è la notizia trapelata alcuni giorni fa, secondo cui gli scienziati cinesi avrebbero creato in laboratorio un nuovo sottotipo del temibile virus dell’influenza aviaria al fine di poterla studiare da vicino e contrastarla efficacemente. Lo studio sarebbe stato intrapreso da un gruppo di lavoro guidato dal professor Chen Hualan, direttore dell’Harbin Veterinary Research Insitute, centro di riferimento per il controllo dell’influenza aviaria in Cina. Il team avrebbe deliberatamente miscelato il temibile virus dell’aviaria A(H5N1), deleterio per l’uomo ma difficilmente trasmissibile tra le persone, con un ceppo influenzale molto contagioso per gli esseri umani, creando così un nuovo sottotipo, altamente infettivo e dall’elevato tasso di mortalità. E se A(H7N9) fosse il prodotto di questa ricerca controversa e scellerata sfuggita al controllo degli addetti ai lavori?
Per Simon Wain-Hobson, uno dei massimi esperti internazionali di virologia presso l’istituto Pasteur di Paris «quello portato avanti dal team cinese è un progetto ambizioso nel campo della virologia ed è molto impressionante. Tuttavia, gli scienziati non hanno riflettuto chiaramente su ciò che stavano facendo». Un virus come quello che in queste settimane sta flagellando il territorio cinese, con un tasso di letalità del 20 per cento, se colpisse 500 milioni di persone potrebbe provocare 100 milioni di morti.
di Roberto Mattei
6 maggio 2013