Guy Debord
Guy Debord si autodefinì come “dottore in niente”, una considerazione di sé che non viene condivisa dall’opinione pubblica che parla di “naufrageur”, di colui che spinge al naufragio, di una mente rivoluzionaria che è riuscita a cogliere le problematiche della futura società di massa.
Debord nacque a Parigi nel 1931 e fu proprio la capitale francese ad offrirgli nel corso degli anni la possibilità di entrare in contatto con movimenti letterari e artistici all’avanguardia come i surrealisti, artefici di una corrente di pensiero che influì in particolar modo sulle idee del filosofo.
Una personalità dinamica che, nel 1957, divenne capo dell’Internazionale Lettrista, seguendo le orme del poeta rumeno Isidore Isou e portando avanti il disegno principale del lettrismo, secondo cui le parole non vengono usate, ma sostituite da semplici suoni con un lineare utilizzo di onomatopee e musicalità ritmica; d’altronde si tratta di una corrente fondamentale che viene equiparata al surrealismo e al dadaismo e che ebbe un grandissimo impatto.
Un’innovazione, un contributo geniale per la nascita e fondazione dell’Internazionale Situaizionista. Debord viene riconosciuto come una mente rivoluzionaria, vista la sua critica alla società capitalistica e all’industria culturale, dove superare l’arte borghese e creare un ambiente collettivo unitario è il solo scopo da raggiungere, sfociando poi nella sua passione più recondita, il cinema.
Morì nel 1994 sparandosi un colpo di pistola al cuore.
La società dello spettacolo, un emblema del Situazionismo
Guy Debord presenta la sua critica alla società di massa con il saggio La società dello spettacolo. Uno strumento di propaganda dove emerge un pensiero particolare e profetico, ossia, quello di contrastare l’affermazione della società post-guerra, di quella società che è basata sull’immagine che crea una mistificazione della realtà volta a giustificare rapporti sociali diversificati.
Un solo obiettivo quello di Debord per cui l’uomo non deve essere ritenuto un bene, la mercificazione dell’individuo deve essere contrastata e bloccata perché il suo seguito genererebbe un uomo senza valori, privo di un’anima: desideri e aspirazioni, ragione e virtù, sono tutto ciò che rendono l’essere umano tale, dotato della propria psiche per cui l’essere deve prevalere sul semplice apparire.
Pensieri espressi in un contesto del tutto differente da quello odierno che miravano a diffondere il tema della globalizzazione, un termine che all’epoca non aveva un ruolo e un significato reale e incisivo nel contesto politico, ma era quasi sconosciuto.
Una visione considerata come profetica, dato che Debord parlò delle immagini riferendosi allo spettacolo come una mistificazione volta a giustificare i rapporti sociali, come il nesso dei rapporti sociali; immagini che equivalgono ad un apparire che prevale sull’essere. Emerge un assunto precoce dal saggio di Debord, visto il ruolo minimal detenuto dalle TV e quindi dal fatto che l’immagine ancora non avesse occupato l’intero palcoscenico. Una visione ritenuta fondamentale vista l’audace critica predisposta ad una società appena nascente che deve già riconfigurarsi e aprire la propria mente a nuovi volti della realtà.
Il “Profeta” del maggio 1968
Venne definito come il “Profeta” del maggio 1968, conosciuto anche come Maggio francese in cui toccò e conobbe il suo apice. Un mese di particolare importanza, con uno slogan incisivo: “Il est interdit d’interdire” ovvero “Vietato vietare”.
La nascita di movimenti di massa, l’azione di operai e studenti che portavano avanti nuovi obiettivi che miravano a modificare il contesto socio-politico, a riportare la libertà, la dignità e i diritti civili in un contesto ormai privo di alcuni valori e principi.
Nello scenario degli anni ‘60 venivano rivendicati quelle virtù e necessità che rendono l’uomo tale, che gli permettono di avere un’anima, quei valori che Guy Debord aveva professato e diffuso già nel corso degli anni ‘50.
Anni di fermento culturale, ma che erano stati anticipati, analizzati e criticati già attraverso il concetto dell’immagine e della mercificazione, rendendo il filosofo e sociologo francese un profeta, una personalità di spicco che ha ottenuto seguito soprattutto per i suoi ideali rivoluzionari costernati di saggezza.