Fabrizio De Andre | Il Principe Libero
Scegli l’arte perché la verità non rimanga nascosta: Fabrizio De Andrè e l’amore per le parole, per la vita delle persone vere, l’anarchia e la “mussica”. Un dipinto di Leonardo, i canti di Dante, le meraviglie di Roma Antica trascendono il tempo, ci appartengono, restano nell’immaginario collettivo e costruiscono la nostra identità. Faber, le sue canzoni vivranno a lungo nel cuore di tutto il popolo italiano senza distinzione di genere, età e condizione sociale, rappresentando qualcosa di bello, sincero da ammirare e da cui lasciarsi pervadere: un arte tangibile che denuncia, emoziona ed educa attraverso la voce degli emarginati. A quasi vent’anni dalla sua scomparsa la regia di Luca Facchini presenta “Fabrizio De Andrè: Il Principe Libero” con Luca Marinelli nei panni del cantautore genovese. Il segno indelebile della voce perpetua di un visionario che non abbiamo ancora capito arriva sul grande schermo, fuori nelle sale il 23-24 Gennaio e trasmesso in due serate il 13-14 Febbraio su Rai1.
Non è facile scalfire la statua cinematografica di un personaggio come Fabrizio De Andrè, raccontarlo nella sua vita pubblica e in quella privata, descrivere la passione per l’anarchia e la fuga nei carruggi genovesi, delineare un incessante sguardo intellettuale in un vivere empatico, tra sorriso e sofferenza. Tutto questo Luca Facchini lo fa proiettando quarant’anni della vita di Fabrizio, dall’adolescenza agli anni vicini alla morte. L’inquietudine giovanile trova uno strumento di elaborazione nella chitarra, un regalo del padre col quale condivideva un rapporto ambivalente, di forte amore e conflittuale. Fabrizio cresce in una famiglia della buona borghesia genovese, ma rifiuta le norme sociali dei salotti e si precipita col suo amico Paolo Villaggio, interpretato da Gianluca Gobbi, nelle strade malfamate di Genova dove tra anziani ubriaconi e puttane sviluppa l’amore per quella che lui chiama “la gente vera”. Questa attitudine pasoliniana si traduce in canzoni che trasfigurano la realtà che Fabrizio vive, creando personaggi nati dagli emarginati assurti a modelli letterari. Il maledettismo poetico conduce la sua penna e detta il ritmo delle sue canzoni. L’amore per Puny, la nascita di Cristiano momentaneamente placano il genio inquieto che ancora non vive della propria arte e trascorre le serate in compagnia di Tenco, amico con cui condivideva il lirismo decadente, davanti al mare e bottiglie di vino. Arriva il successo, il tedio degli impegni fa perdere alla musica il suo fascino, Fabrizio ragiona sul ruolo della sua arte, quando degli studenti in rivolta cantavano la sua “Canzone di Maggio”. Il cantautore oppresso trova nuova vita nell’amore con Dori Ghezzi e nella fattoria della quieta campagna gallurese dove vive con lei. Una pellicola enciclopedica su un uomo che non riesce ad incolpare i suoi rapitori per un gesto “comprensibile”.
Facchini per tratteggiare questa figura riprende Fabrizio negli incontri intimi, nella sfera privata si compendia un personaggio amorevole, con la sua sensibilità estrema e invadente che spesso si rifugia nell’alcol. Luca Marinelli si cala nel ruolo di Fabrizio De Andrè in una delle interpretazioni più difficile della sua carriera. L’attore romano è molto bravo a rendere i sentimenti, le sensazioni del cantautore genovese; dall’intellettualità frenetica che si intravede nei ghirigori sui pezzi di carta alla spontaneità del vivere, tra vino, sigarette e donna. Manca il genovese e l’intonazione della voce nel parlare quotidiano non si avvicina molto a quella di Faber, ma Marinelli spiega di aver creato un suo De Andrè e non di interpretare l’originale, fornendo una grande prestazione artistica. Sulla stessa linea, Giordano Meacci e Francesca Serafini, sceneggiatori del film, dicono di aver voluto dedicare “la loro canzone” a Fabrizio, ne viene una figura che oltrepassa la mitologia e che racchiude tutte le sfaccettature del cantautore, nel rapporto con i familiari, gli amori, gli amici e soprattutto il padre, interpretato da Ennio Fantastichini. Spiegano gli sceneggiatori che Giuseppe De Andrè è stata la prima forma di autorità con cui Fabrizio si è scontrato ma anche l’uomo saggio e amorevole che lo ha cresciuto. Fantastica Elena Radonicich che da il volto a Puny e ad un amore viscerale per Fabrizio. Valentina Bellè è nei panni di Dori Ghezzi, che ha guidato sceneggiatori, regista e attori nel delineare il ritratto di Fabrizio e il suo ambiente. Una buona fotografia, dalle inquadrature larghe per sopperire anche alla velocità narrativa si decora di una colorata scenografia, si intravede soltanto la Genoa vera amata da Faber. Riccardo Mannerini, Fernanda Pivano entrano nel film per marcare la profonda letterarietà di Fabrizio cresciuto con Rimbaud; la celebre traduttrice prometterà a Dori di fare come con Kerouac per farlo bere di meno. Trecento minuti in cui amare la ricerca della libertà di quest’uomo capace di comprendere intensamente. La colonna sonora del film sono quasi tutte sue canzoni, non poteva chiedersi di meglio. Dori ha dichiarato che chi conosce davvero Fabrizio amerà questo film, chi lo ha soltanto immaginato potrebbe rimanere deluso. Il piacere di vederlo rivivere sul grande schermo e sentire le sue parole è già abbastanza. Del resto, “quella di Fabrizio è la voce di Dio”.
Voto 8
TITOLO Fabrizio De Andrè| Il principe libero
DURATA 300 minuti
REGIA Luca Facchini
SCENEGGIATURA Giordano Meacci, Francesca Serafini
PRODUZIONE Rai Fiction
DISTRIBUZIONE Nexo Digital
FOTOGRAFIA Gogò Bianchi
SCENOGRAFIA Enrico Serafini
ATTORI Luca Marinelli, Elena Radonocich, Ennio Fantastichini