120 BATTITI AL MINUTO | Il ritmo di chi combatte per la vita

Vincitore del Gran Prix e della Queer Palm all’ultimo Festival di Cannes, e scelto come film francese in concorso per l’Oscar al miglior film straniero, 120 battiti al minuto di Robin Campillo porta in sala il coraggio di un gruppo di ragazzi, raccolti sotto l’associazione Act Up, nella lotta alla sensibilizzazione verso l’AIDS e nella ricerca ad una sua cura.
Nella Parigi dei primi anni novanta, il giovane Nathan decide di unirsi agli attivisti di Act Up. Mentre l’associazione guadagna sempre più visibilità con manifestazioni e proteste, Nathan inizia una relazione con Sean, uno dei militanti più radicali del movimento.
Il film di Campillo è chiaramente un film di finzione con impostazione documentaristica, e, per quanto assurdo possa risultare, in ciò stanno il suo pregio e il suo difetto più grandi. Pregio perché, avvalendosi della finzione cinematografica per raccontare fatti realmente accaduti, riesce a coinvolgere maggiormente, tramite i personaggi, lo spettatore nelle vicende. Difetto perché così facendo il film risulta tuttavia essere un ibrido tra documentario e film di finzione, presentandosi in una forma narrativa eccessivamente parlata, che poco o nulla lascia narrare alle immagini, salvo qualche caso particolare.
Certamente l’intento è quello di mostrare la vita e l’organizzazione dell’associazione, i suoi dibattiti e le sue battaglie, concentrandosi sulle fondamentali riunioni tra i membri. Ma a queste scene viene affidato più del dovuto, ovvero il tirare avanti gli eventi, senza però usare molto altro oltre alla parola, elemento di cui si abusa non poco.
Tuttavia l’opera, pur nella sua durata eccessiva, non risulta sgradevole da guardare o seguire. Se si supera il problema della struttura troppo parlata, ci si ritrova coinvolti dalla coralità a cui il regista dà voce. Si presentano così a noi diversi personaggi e caratteri, ognuno con la sua storia e la sua emotività. A prevalere su tutti sono i bravissimi Nahuel Pérez Biscayart, nel ruolo di Sean, e Adèle Haenel, nel ruolo di Sophie. Coralità che viene a perdersi nella seconda parte del film, per ovvi motivi, ma che fa un po’ rimpiangere la pluralità di voci e di punti di vista presenti nella prima parte.
Ciò che è davvero forte nel film è la rappresentazione della malattia, dell’AIDS visto come mostro invincibile. Il regista lavora affinché arrivi forte il grido di disperazione e paura dei protagonisti, trasportandoci nel loro combattere quotidianamente e, talvolta, nel loro soccombere. Alla fine allo spettatore sarà difficile non provare uno stato di affaticamento o di malessere, dimostrazione che il regista è riuscito nello scopo di scuotere le coscienze e sensibilizzare riguardo il tema trattato.
Questa era senza dubbio una storia che meritava di essere raccontata, ma probabilmente con delle scelte di regia, sia a livello estetico che narrativo, più adeguate, e che meno avrebbero sminuito l’importanza del tema e del messaggio. Questi tuttavia arrivano però a loro modo forti e chiari, come uno schiaffo morale, ricordando ancora oggi, come quasi trent’anni fa, l’importanza di non fa vincere il silenzio poiché questo equivale alla morte, come recita uno dei bellissimi motti dell’associazione Act Up.
VOTO 7,5/10
Dati tecnici di 120 BATTITI AL MINUTO
TITOLO: 120 battiti al minuto
USCITA: 5 ottobre
DURATA: 144 minuti
GENERE: Drammatico
PAESE: Francia
REGIA: Robin Campillo
SCENEGGIATURA: Robin Campillo
FOTOGRAFIA: Jeanne Lapoirie
MONTAGGIO: Robin Campillo
SCENOGRAFIA: Emmanuelle Duplay
SUONO: Julien Sicart, Valérie Deloof, Jean-Pierre Laforce
COSTUMI: Isabelle Pannetier
MUSICHE: Arnaud Rebotini
PRODUTTORI: Hugues Charbonneau, Mare-Ange Luciani
CASA DI PRODUZIONE: Les Films de Pierre
DISTRIBUZIONE: Teodora Film
CAST: Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Félix Maritaud, Ariel Borenstein