VENEZIA 2017 | L’umanità sullo schermo #Day3

Lido di Venezia – Terza Giornata della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Il filone che sicuramente i film di Venezia stanno seguendo è quello umanitario e dell’umanità, vista sia da un punto di vista globale, sia personale. L’immigrazione o il cambiamento climatico sono tra i temi più gettonati, così come la solitudine degli esseri umani.
Sicuramente il portabandiera dei film umanitari è Human Flow di Ai Weiwei, oggi arrivato al Lido.
HUMAN FLOW – In Concorso
Il documentario Human Flow diretto da Ai Weiwei racconta il più grande esodo di immigrazione avvenuto dalla seconda guerra mondiale. Oltre 65 milioni di persone si allontanano dalle loro case per colpa di carestia, cambiamento climatico e guerre. Il regista si cala nei panni dei profughi, entrando nella loro “famiglia” e osservando il loro lato umano da vicino.
Il film spazia in 23 Paesi tra cui Afghanistan, Bangladesh, Francia, Grecia, Germania, Iraq, Israele, Italia, Kenya, Messico e Turchia. Proprio perché non è il problema di un singolo paese, ma una crisi generale, che non riguarda soltanto il numero dei rifugiati, ma anche degli occidentali ormai assuefatti che si girano dall’altra parte invece di aiutare.
Come artista – dice Weiwei – ho sempre creduto all’umanità e vedo questa crisi come la mia crisi. Vedo queste persone che stanno nei battelli come la mia famiglia. Come essere umano, credo che qualsiasi crisi o difficoltà che colpisca un altro essere umano, è come se capitasse a noi. L’umanità è un unicum. Se non avvertiamo questa fiducia reciproca, siamo decisamente in difficoltà. A quel punto, affronteremo muri, divisioni e inganni da parte dei politici, che ci porteranno a un futuro di oscurità.
In effetti, guardando questo film, risalta che l’unica differenza tra noi e loro è che noi abbiamo avuto la fortuna di nascere dal lato giusto del Mediterraneo. Nessun merito, solo fortuna. Ciò che vivono i rifugiati non dipende da ciò che fanno, ma da un fattore geografico.
Per quanto riguarda l’Italia – continua il regista – nel suo insieme ciò che ha affrontato e ciò che ha fatto è di gran rispetto. Sono molto colpito da questa nazione che ha comprensione umanistica e che ha capito questo argomento. L’Italia ha agito in modo molto rispettoso. Però l’immigrazione di massa non è un problema italiano, ma globale e le conseguenze non devono ricadere solo sugli italiani. In quanto fenomeno internazionale, bisogna aiutare i Paesi che stanno subendo di più.
Human Flow non propone una soluzione, ma tenta di creare un terreno fertile per la riflessione. Vorrebbe forse provocare una scintilla che ci faccia capire che cosa sono le priorità, far riemergere la compassione e trovare soluzioni creative ai problemi. Sostanzialmente il nostro sforzo dovrebbe essere solo quello di entrare nei panni dell’altro, ascoltare e osservare, senza accettare lo status quo.
I telegiornali ci dividono – commenta Neils Pagh Andersen, il montatore -. Noi ci chiediamo: che tipo di mondo vogliamo? Non credo dovremmo guardare i Tg perché non credo che il modo in cui danno le notizie ci renda più saggi.
In conclusione è un film che tutti dovrebbero vedere. Fa riflettere, forte ed emozionante.
LEAN ON PETE (Charley Thompson) – In concorso
Lean on Pete che verrà distribuito in Italia con il titolo Charley Thompson diretto da Andrew Haigh parla dell’umanità nel suo lato più personale, nei panni di un ragazzo sostanzialmente solo.
Il film è tratto dal romanzo La ballata di Charley Thompson di Willy Vlautin. Racconta la storia del protagonista Charley, un quindicenne abbandonato dalla madre e cresciuto da un padre che sembra più un suo amico che un genitore. Il padre, però, muore. Il ragazzo, per sfuggire al centro sociale, attraversa il paese verso Est per trovare sua zia che non sa come contattare. L’unica speranza è l’amicizia con il cavallo da corsa Lean on Pete, che lo aiuta a mettere da parte le sue paure.
Il cast è formato dal giovane Charlie Plummer (classe 1999) e due icone del cinema indipendente: Steve Buscemi e Chloë Sevigny
Il romanzo di Willy Vlautin – racconta Andrew Haigh – è struggente ma mai sentimentale e la relazione tra Charley e il suo cavallo rivela l’animo gentile del ragazzo, nonché la sua profonda comprensione del fatto che tutti condividiamo un bisogno istintivo di sentirci protetti
Da un punto di vista visivo il regista e il direttore della fotografia Magnus Nordenhof Jønck, hanno cercato di riprendere al meglio i toni verde lussureggianti del Pacifico nord-occidentale e il panorama aperto, assolato e riarso del deserto. Secondo Haigh il cinema ha troppi primi piani, quindi ha cercato di inserire Charlye nello spazio con un paesaggio ampio
In ultima analisi si potrebbe affermare che anche Lean on Pete si avvicina al tema della sofferenza dell’umanità, come il documentario di Weiwei.
Willy Vlautin non denigra nessuno dei protagonisti del romanzo, anche quando non si comportano nel migliore dei modi – sostiene il regista – Egli è perfettamente consapevole che queste persone stanno lottando per la sopravvivenza e questo ha un impatto profondo sul loro modo di agire. Da un certo punto di vista il suo romanzo è sul bisogno di gentilezza e compassione da parte di chi non ha nulla. Anche io ho voluto sottolineare questa caratteristica. La gente può essere difficile ma c’è sempre una speranza. Abbiamo dato compassione e simpatia a tutti. Nessuno è davvero malvagio.
OUR SOULS AT NIGHT – Fuori Concorso – e LEONE D’ORO ALLA CARRIERA per JANE FONDA e ROBERT REDFORD
Finalmente in prima assoluta il film che vede insieme la sempreverde coppia di attori Robert Redford e Jane Fonda che oggi riceveranno il Leone d’Oro alla Carriera
Anche in questo film, basato sul racconto di Kent Haruf conosciuto in italia con il titolo Le nostre anime di notte, si parla di solitudine, ma una solitudine dovuta all’età e alla perdita di persone care. Addie Moore (Jane Fonda) però ha una soluzione, quella di chiedere – letteralmente – al suo vicino di casa Louis Waters (Robert Redford) di andare a dormire da lei. “La notte è un incubo”.
Il regista è Ritesh Betra che definisce se stesso come “un prodotto del Sundance”. Nel 1981 infatti Robert Redford fondò il Sundance Institute, organizzazione che aveva il compito di attrarre artisti per sostenere il lavoro di cineasti indipendenti. Supporto che ha aiutato Kevin Smith, Robert Rodriguez, Quentin Tarantino, Jim Jarmusch e Steven Soderbergh ad ottenere notorietà al loro debutto sul grande schermo. Robert Redford però capì che non avevano il potere di lanciare tutti nel mercato quindi iniziarono ad organizzare anche il Festival del Cinema Indipendente, che si tiene ogni anno a gennaio, in modo da dare ai registi indipendenti una vetrina.
Per chi ha successo ci sono due vie. Continuare il proprio successo e focalizzarsi su questo oppure prendere questo successo per poter aiutare e dare opportunità anche ad altre persone. Ho creato con il Sundance un meccanismo per dare ai giovani una voce.
In una simpatica conferenza stampa Jane Fonda e Robert Redford danno sfogo alla loro amicizia e ai tempi passati.
Volevo fare questo film – dice ridendo Jane Fonda -. L’ultima volta che avevamo lavorato insieme era stato 47 anni fa. Nel frattempo lui ha letteralmente cambiato il cinema americano, ha avuto influenza su tutti. In realtà volevo anche innamorarmi di nuovo di lui. E il film ha come argomento la speranza: in fondo non è mai troppo tardi. Si può diventare quello che saresti voluto essere anche se non sei mai stata quella persona
Per quanto riguarda il cambiamento climatico entrambi gli attori hanno le idee chiare:
Per me la cosa importante è salvare il pianeta e ciò significa che ci devono essere molto cambiamenti, soprattutto in America. Dobbiamo pensare al cambiamento climatico (Jane Fonda)
Abbiamo la responsabilità di fare tutto ciò che possiamo per il nostro pianeta. (Robert Redford)

IL CRATERE – Settimana della Critica
Come focus on che uscirà tra breve abbiamo scelto Il Cratere. Docufilm molto particolare che parla del rapporto tra un padre e una figlia ambientato nell’entroterra campano. Un’ambientazione che può ricordare in parte il pluripremiato Indivisibili.

IL CRATERE ANNO 2017
Regia: Silvia Luzi e Luca Bellino
Premio Jaeger Lecoultre
La Biennale di Venezia e Jaeger-LeCoultre hanno oggi annunciato il vincitore del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2017, dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo: Stephen Frears (Philomena, The Queen, Le relazioni pericolose)
Grande narratore di storie, dalle quali emergono tematiche ricorrenti come l’attenzione per personaggi di oppressi e marginali, Frears possiede il dono non comune di offrire nei suoi film migliori un ritratto della società Britannica aspro, pungente, non convenzionale, capace di risultare allo stesso tempo disturbante e divertente (dichiarazione di Alberto Barbera)
Il premio verrà consegnato domenica 3 settembre presso la Sala Grande.