L’aquilone di Claudio, esorcizzazione dell’atassia
L’atassia è una terribile e rara malattia che colpisce il sistema nervoso periferico, rendendo difficoltoso ogni tipo di movimento volontario. È degenerativa e non esiste una cura.
L’aquilone di Claudio mostra la vita di una coppia felice, Andrea e Martina, che viene travolta quando loro figlio Claudio comincia a perdere l’equilibrio, a svenire e ad avere problemi di coordinamento. Si cerca di non pensare al peggio, all’inizio, ma poi il male prende il sopravvento divenendo sempre più palese e avvilente.
Un tema delicato, un tema difficile, ma il regista del film Antonio Centomani non vuole raccontare un dramma, ma una storia di vita. Non vuole far sentire il peso di questa terribile malattia, non solo, vuole anche mostrare come l’amore di una famiglia, la forza di volontà e una tendenza verso il prossimo possono essere già una forma di cura. Vivere la vita stessa può essere una cura; l’unica possibile.
Non si nasconde una certa critica verso una scarsa, se non quasi assente, ricerca per sconfiggere questo male, vista la rarità dei casi coinvolti in Europa.
Un film insomma che ha l’intenzione di sensibilizzare, mostrare una realtà difficile e frustrante, distruttiva, ma con la volontà di non soccombere, di gettare luce e non un’oscura ombra.
Durante l’anteprima nazionale erano presenti proprio tutti e l’emozione e l’amore per questo progetto erano palpabili. Toccante la commozione del presidente della Onlus AISA (Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche), che ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile questo progetto.
Se le intenzioni e l’umanità dietro questo film sono altissime, la qualità poi tecnica ha purtroppo dei limiti. Punto debole sono soprattutto i dialoghi poco realistici e forzati, e la sceneggiatura in generale ha qualche buco. Complici anche fotografia e recitazione si ha un risultato finale che ricorda molto più la fiction che non il cinema.
Nonostante le intenzioni chiare del regista nel non voler mostrare un male che genera oscurità, ma trovare quella forza nell’amare la vita nonostante tutto, il finale scade in una bonarietà probabilmente un po’ esagerata.
Alla fine della proiezione, in ogni caso, magari per l’abbondanza di miele nel finale che piace al pubblico italiano, magari per il tema in sé e la capacità nell’aver creato la giusta empatia, tutta (quasi) la sala si è alzata in piedi e si è abbandonata a un lungo e caloroso applauso.
“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più forti sono cosparsi di cicatrici”.
Khalil Gibran
REGIA: Antonio Centomani
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Carlo Finale e Antonio Centomani
FOTOGRAFIA: Luigi Cristiano Samassa
MUSICHE ORIGINALI: Luca Centomani
CAST: Massimo Poggio, Irene Ferri, Federico Russo, Milena Vukotic, Fioretta Mari, Luca Potenza