The Pills – Sempre meglio che lavorare: Vitelloni di Roma sud
Dopo aver conquistato popolarità indiscussa sul web e dopo un programma tv passato in seconda serata su Italia 1, The Pills invadono anche il grande schermo.
La domanda che un po’ tutti si erano fatti, all’annuncio della nuova avventura nell’audiovisivo del trio romano, in realtà era molto spicciola: riusciranno i nostri eroi a sopravvivere in un mondo cinico come quello del cinema o verranno sbranati vivi da pubblico e carta stampata?
I più perspicaci invece, mossi da uno straordinario spirito critico e da una innata propensione alla chiacchiera da salotto, erano andati anche oltre: i tre riusciranno a convincere e far ridere anche fuori dal Grande Raccordo Anulare?
E fortunatamente le risposte a questi dubbi amletici sono tutto sommato positive! Tralasciando il fatto che preoccuparsi della marcata romanità delle situazioni vissute significherebbe cancellare in un attimo la comicità dei vari Verdone, Montesano, Brega e affini, The Pills-Sempre meglio che lavorare ha come punto di forza proprio il background metropolitano da cui i protagonisti provengono. Che poi le risate più grasse nascano dalle piccole situazioni o dai piccoli personaggi secondari, come ad esempio Samir, il kebabbaro istituzione di Arco di Travertino, è un problema del tutto marginale (o forse il problema è solo di chi non conosce Samir).
Tramite una regia funambolica e ambiziosa, Luca Vecchi ha tentato di costruire un contenitore che riesca ad inglobare, nella sua ossatura, linguaggio cinematografico e retaggi internauti. Un melting pot che unisce citazionismo , web serie ed indie rock romano. Ambiente in cui trovano spazio e stessa dignità Tarantino come i Thegiornalisti, Calcutta come Muccino e Fellini.
Certo, è naturale che le sequenze intorno al famoso tavolo di quella cucina che ormai è anche un po’ la nostra, risultino essere comunque le più riuscite del film. Segno questo di una affinità ormai collaudata e di una genuinità che è probabilmente il vero aspetto preponderante di tutta la pellicola. I tre ragazzacci di YouTube sono cresciuti e, nella loro evoluzione, hanno maturato un grado di disillusione e rabbia, nei confronti di questa nostra società, tale da rendere indistinguibile il confine tra reale e surreale, tra provocazione e verità.
Essere trentenni, oggi, in Italia, non significa più avere certezze e responsabilità. Significa piuttosto vivere in un oblio di precarietà in cui l’ansia del domani accomuna proprio tutti, da Bolzano a Canicattì.
Un solo imperativo resta quindi categorico: ‘na svolta!