π – Il teorema del delirio: Numeri, follia e tanto talento
π – Il teorema del delirio è un film del 1998 scritto e diretto da Darren Aronofsky. Lo conosciamo per grandi film come The Westler, Noah, Requiem For a Dream o Il Cigno Nero.
Metafisica e violenza visiva sono tratti tipici per questo particolare regista, ma π – Il teorema del delirio è probabilmente la sua opera più complicata e disturbante.
Debutto cinematografico importante e coraggioso, con tecniche sofisticate e sperimentali che lo hanno fatto apostrofare da metacritic come il “film d’essai statunitense dell’anno”.
La trama racconta la storia di Maximillian Cohen, matematico ossessionato dai numeri e dalla sua teoria: tutta la natura è racchiusa in un unico schema di base che può spiegarla e renderla prevedibile.
I numeri, accompagnati con una regia ansiogena e mozzafiato, diventano quasi gli antagonisti del racconto, morbosi, sfuggenti e distruttivi per Maximillian che ogni minuto in più di pellicola, compie un passo ulteriore verso l’oblio e la pazzia.
Il protagonista conoscerà due personaggi interessati alla sua teoria: un ebreo molto religioso, numerologo che cerca di comprendere la connessione tra parole ebraiche e numeri e la rappresentante di una azienda molto quotata in borsa, che teme che la teoria di Max possa rendere la borsa governabile.
Il film dura ottanta minuti, fatti di stancante pressione psicologica che ci lascia immedesimare nel protagonista, sempre più indebolito da sé stesso.
Le interpretazioni possono essere molteplici e disparate, ma di sicuro il senso è racchiuso in questa frase:
“quando ero piccolo mia madre mi diceva di non guardare fisso il sole, ma una volta, a sei anni, lo feci. Da principio quella luce accecante era insopportabile, ma io non distolsi gli occhi neanche per un momento. A poco a poco la luce iniziò a dissolversi, le mie pupille si ridussero a capocchie di spillo, e riuscì a mettere tutto a fuoco. Per un momento vidi e capii.”
Valerio Di Lorenzo
28 maggio 2015