32° Torino Film Festival: Whiplash recensione
Immaginate di amare la musica con tutta la vostra anima, e di voler diventare dei veri e propri professionisti in questo meraviglioso campo, cosa sareste disposti a fare per realizzare il vostro sogno più grande? Soprattutto, quali sacrifici nella vostra vita sareste disposti a sostenere per raggiungere la gloria, ottenendo così la possibilità di avere una carriera colma di straordinari successi? Il protagonista di questa fantastica pellicola intitolata “Whiplash”, diretta dal giovane Damien Chazelle, sa bene ciò che desidera, e non ha alcuna paura della fatica che occorre perché la sua passione possa in futuro diventare un lavoro, almeno fino a quando non incontra il terribile Terence Fletcher, docente del prestigioso conservatorio di Manhattan dove è iscritto, qui interpretato dall’attore J.K. Simmons, il quale non mancherà di rendere l’esistenza dell’esordiente batterista jazz Andrew Neyman (Miles Teller) un inferno senza precedenti.
“Whiplash”, facente parte della categoria in concorso denominata “Festa Mobile”, del 32° Torino Film Festival, a detta dello stesso regista, pur essendo un film musicale, rappresenta una sorta di epica battaglia tra due moderni Davide e Golia, il primo, un timido quanto orgoglioso ragazzo con un ambizioso obiettivo da raggiungere, e il secondo, un maturo direttore d’orchestra cinico, esigente e spietato, al quale non importa di niente e di nessuno, a meno che gli allievi che si avvicendano di fronte a lui durante le estenuanti prove, non gli dimostrino estrema bravura e totale dedizione alla sua altissima figura di musicista, paranoico, petulante e pignolo come pochi.
In “Whiplash”, lo spettatore assiste a un tour de force al limite del tollerabile, rimanendo piuttosto scioccato da tutta una serie di elementi potenzialmente rilevanti, come continui rivoli di sudore che imperlano la fronte di Andrew, battiti accelerati del cuore e conseguente fiatone oltre misura, per il troppo sforzo effettuato nel suonare lo strumento tanto amato, e dulcis in fundo, scorticature della pelle delle mani con estesa fuoriuscita di sangue, nell’ossessivo utilizzo delle bacchette di legno battute sulla cassa della batteria. Tutto ciò non fa altro che aumentare l’ansia e la frustrazione del protagonista, convinto più che mai che solo con la sofferenza otterrà la sua più importante vittoria, personale, professionale e sociale. Chi ha visto e vedrà “Whiplash”, titolo della pellicola ma anche storico brano di jazz composto da Hank Levy e registrato da Don Ellis, con l’augurio che perciò arrivi presto al cinema in lingua italiana, ha vissuto e vivrà incredibili emozioni, si è sentito e si sentirà pervadere da sensazioni mai provate prima, ha patito e patirà con enfasi estrema tutto lo sfiancante iter di Andrew per arrivare al successo, e infine ha gioito e gioirà con lui per avercela fatta, per aver testimoniato al mondo intero o anche solo a una piccola parte di esso, che se si vuole fortissimamente una cosa, niente è impossibile.
Voto: 10
Selene Virdò
4 dicembre 2014