32° Torino Film Festival: The Babadook recensione
Vi ricordate ancora di quando eravate bambini? Chi di voi lettori aveva una paura davvero spropositata del temibile “Uomo Nero”, colui pronto a ghermire le vostre anime innocenti, portandovi via dai vostri cari? Ho l’impressione che siete in tanti, e forse nell’angolo più recondito della vostra mente e del vostro cuore, pur essendo diventati adulti, il timore per questo oscuro individuo capace di farsi vedere soltanto al calar delle tenebre, è sempre presente, come un tarlo che si apre un varco nella vostra psiche per non abbandonarvi mai più. La sensazione è quella, non trovate? Ad ogni modo, vi invito a seguirmi in questo viaggio allucinante, alla scoperta dell’horror intitolato “The Babadook”, facente parte della sezione “Torino 32”, del 32° Torino Film Festival appena concluso.
La pellicola, opera prima diretta dall’australiana Jennifer Kent, racconta la storia di Amelia (Essie Davis), mamma single del piccolo ed irrequieto Samuel (Noah Wiseman), che dopo la morte violenta del marito avvenuta sei anni prima, non è ancora riuscita a superare il lutto. Come se non bastasse, tra lei e il bambino le cose sembrano peggiorare a causa di uno strano ed inquietante libro, scovato tra le sinistre mura domestiche. Alla sua apertura e lettura infatti, Samuel cambia completamente carattere, quasi che la figura nera contenuta nei disegni del libro, che porta il nome di “Babadook”, questo l’appellativo della creatura che lo tormenta, controlli prepotentemente tutte le sue azioni, portandolo al limite della follia e alla voglia irrefrenabile di proteggere se stesso e la propria madre, con tutti i mezzi possibili ed immaginabili a sua disposizione, come ad esempio una minuscola e rudimentale balestra di legno. Il problema però, risiede nel fatto che la stessa Amelia finisce per subire l’influenza nefasta del terribile Mr. Babadook, venendo posseduta da lui e quindi apparentemente inerme di fronte al demone. Madre e figlio perciò, dovranno combattere strenuamente per liberarsene, e la lotta sarà senza esclusione di colpi.
Infine, analizzando “The Babadook” dal punto di vista tecnico-narrativo, emergono alcuni elementi chiave tipici sia del genere sia di una delle correnti artistiche più in voga a cavallo tra gli anni ’10 e ’20 del secolo passato, il tanto decantato espressionismo tedesco, qui manifestato magistralmente all’interno della casa di Amelia e Samuel, dove i due protagonisti vengono letteralmente imprigionati senza alcuna probabilità di facile uscita. Il mondo di “The Babadook” è un universo appunto distorto, allucinatorio, fatto di abili giochi di montaggio e di scenografie che pur essendo geometricamente lineari e minimali, hanno la caratteristica di incutere spaesamento e agitazione sino alla risoluzione finale del film. Sono ancora evidenti ottime miscelazioni di colori chiari e scuri dell’immagine, che tendono a rispecchiare lo stato mentale dei personaggi, così dolorosamente provati da ciò che lentamente s’insinua nel loro quotidiano, provando ad annientarli senza pietà. Insomma, “The Babadook” è davvero un bel horror d’altri tempi, e merita di essere considerato un piccolo gioiello della settima arte, nel quale il bene vince sul male, e dove l’amore e il coraggio di una madre per strappare il figlio dalle grinfie del mostro cattivo non hanno confini.
Voto: 7/8
Selene Virdò
4 dicembre 2014