Ballerina, niente di nuovo dal mondo di John Wick

Due stuntman col desiderio di dirigere un film d’azione con un’impronta completamente nuova, un attore ormai apparentemente in declino in cerca di un film in grado di dare nuova linfa vitale alla sua carriera, e un immenso, inaspettato successo, forse pure troppo per un film dalla trama così ostentatamente semplice, eppure funzionale.
Conosciamo già tutti questa storia, è la storia di “John Wick”, dalla cui realizzazione sono ormai passati undici anni nei quali in brevissimo tempo è divenuto icona e poi franchise, nei quali il cinema d’azione ha dovuto per forza di cose rendere conto al lavoro di Chad Stahelski e David Leitch, e nei quali le storie strappalacrime su quanto è buono Keanu Reeves sono divenute un tale trand sui social da poter generare un franchise a sé, ma chissà se già in tempi non sospetti qualcuno avrebbe potuto prevedere se il brand di John Wick avrebbe potuto espandersi pure in TV (con la serie “The Continental”) e in un film spin off che certamente non sarà l’ultimo prodotto derivativo della saga di Baba Yaga.
E proprio questa è la domanda a cui vogliamo rispondere oggi: “Ballerina” con Ana De Armas è solo un prodotto derivativo che declina al femminile qualcosa di già visto, o ha effettivamente qualcosa di nuovo da dire?
Eri piccola così
Considerando di quale franchise stiamo parlando, sarebbe stato legittimo aspettarsi due ore di scontri troppo lunghi con NPC generici macellati, annichiliti e martoriati nelle maniere più fantasiose e con gli strumenti più improbabili, inframezzate da scene con acquisti di armi in grado di sfidare le più elementari leggi della fisica, per poi culminare con l’eliminazione del boss finale con il quale il protagonista ha un conto in sospeso di natura personale (il più delle volte aventi a che fare con cani, auto o case distrutte), e in effetti anche in questo caso la cosa non cambia ma ci sono alcune differenze.
La prima sta nel fatto che “Ballerina” è una storia di origini: quella che ci viene presentata non è una protagonista già formata, ma la seguiamo dall’infanzia passando per gli anni trascorsi nell’organizzazione della Ruska Roma (conosciuta in “John Wick 3”), e il conflitto che la riguarda pone le sue radici proprio nelle suo stesso passato.
L’altra differenza, ancor più evidente, sta nel fatto che stavolta abbiamo a che fare con una protagonista femminile, elemento che il film non fa assolutamente passare in sordina: c’è poco da fare su questo aspetto, in barba a qualsiasi politicamente corretto, la fisicità di una donna non è la stessa di un uomo, e il film ne è consapevole, motivo per cui per rendere credibile una protagonista femminile che sia una macchina di morte al pari di John Wick deve applicare tutta una serie di accortezze.
Eve Macarro (questo il nome della protagonista) non è Baba Yaga e non cerca nemmeno di esserlo.
È meno esperta, meno abile e più irruenta, e proprio per questo più aggressiva, feroce, brutale e talvolta addirittura sleale.
Dimenticate quell’assassino silenzioso che oblitera quindici nemici per inquadratura senza tradire la benchè minima emozione, Eve Macarro è un animale in gabbia improvvisamente liberato e fuori controllo: urla, ringhia e sbraita, e spesso dei suoi nemici non rimane che ammassi sanguinolenti di carne maciullata che ben pochi tratti hanno in comune con un essere umano (specialmente quando utilizza armi esplosive).
Paradossalmente però, forse la più grande pecca del film sta proprio nella scelta di Ana De Armas come protagonista: il film ci dice di continuo che è un assassina nata, che è una bestia assetata di sangue, che l’omicidio le scorre dentro, ma non ci crediamo mai davvero, e quando ce la mostrano nell’atto di fare a pezzi i nemici, tutto quello che vediamo sono ottime coreografie eseguite da un’attrice il cui viso d’angelo, gli occhi da cerbiatto e il fisico minuto distruggono qualsiasi tentativo di far emergere quella ferocia che la pellicola cerca disperatamente di suggerire.
Probabilmente quello tra la brutalità delle sequenze d’azione e l’aspetto aggraziato della protagonista è un contrasto voluto e studiato, ma risulta troppo stridente perché risulti davvero credibile.
Panem et circenses
Oltre a questo c’è davvero molto poco da aggiungere riguardo questo film: poco da dire sulle perfomance degli attori, a cui non viene dato granchè da fare oltre a sparare (da segnalare in questo senso il clamoroso spreco di Norman Reedus), poco da dire sulle implicazioni per il futuro del franchise dato che non espande in maniera particolare neanche la lore stessa di John Wick, poco da dire sulla profondità della scrittura dei personaggi e sulla regia di Len Wiseman, ma tutto sommato ci sta bene così.
Che il protagonista sia Jason Statham piuttosto che Denzel Washington, che sia una storia di vendetta piuttosto che di salvataggio, che sia ambientato in città piuttosto che nella giungla vietnamita, se andiamo a vedere questo genere di pellicole è per avere un attimo di respiro da una quotidianità magari meno violenta di questi film, ma spesso altrettanto frenetica e intensa, per cui ben vengano questi prodotti realizzati esclusivamente per far lavorare qualcuno e far spegnere il cervello a qualcun altro.
Che si cerchi di differenziarli rispetto alla stragrande maggioranza o meno, i film action non sono mai morti, e il pubblico continuerà a richiederne.
Finché esisteranno noia e frustrazione, continuerà ad esserci l’intrattenimento, e anche se questo sarà stupido, senza pretese e stimolerà il nostro cervello quanto una fiorentina stimola l’appetito di un vegano, andrà benissimo così, perché ci sarà bisogno anche di quello.