“Che belva si sente?” L’incipit di un programma tv pop che ha catturato il pubblico

“Una tigre”, “Un leone”, “Una cagna maledetta” (squisita citazione di Boris), “L’essere umano”: sono alcune delle risposte che gli ospiti hanno dato alla domanda ormai cult della conduttrice.
Ma entriamo nei meandri della giungla.
Belve è il noto programma televisivo italiano curato e condotto da Francesca Fagnani, che va ora in onda sulla Rai, in collaborazione con Fremantle Italia.
Il format è quello del talk show che promette di scavare nella personalità di personaggi pubblici. Ma lo stile è graffiante e magneticamente avvincente. L’intento è scavare nelle vite delle persone che vengono intervistate e far emergere le loro vicende personali e professionali più scomode, ma soprattutto più “notiziabili” per la cronaca. Una sorta di tabloid formato video che appassiona il pubblico, studiato però in ogni minimo dettaglio.
Fagnani si occupa di temi leggeri, ma ha alle spalle una carriera legata al giornalismo di inchiesta, con un’attenzione specifica alla mafia, alla criminalità organizzata e alla condizione nelle carceri minorili.
Nel suo programma ha scelto di dare spazion alle “belve”, che come ha spiegato, “sono persone non gregarie, che sbagliano per merito o per colpa loro”.

Perché funziona?
A rendere unico il programma non sono solo le domande spiazzanti, ma un intero impianto narrativo e scenografico costruito per mettere l’ospite fuori dalla sua comfort zone, fin dall’inizio.
A partire da un piccolo ostacolo sul pavimento, che ogni intervistato deve fisicamente superare per raggiungere il centro della scena e poi lo sgabello volutamente scomodo, simbolo dichiarato del disagio. Sono dettagli solo in apparenza estetici, ma che hanno una precisa funzione psicologica: spezzare l’automatismo delle interviste convenzionali e creare un momento di rottura che predispone a un diverso tipo di dialogo.
Poi ci sono le luci soffuse e il “dare del lei”, che aumentano la distanza emotiva e al tempo stesso caricano l’interazione di formalità e tensione, come in una seduta psicanilitica. In questo contesto sospeso, Fagnani entra in scena con il suo stile inconfondibile: domande dirette, intime, spesso irriverenti, poste con apparente semplicità ma chirurgica precisione. Nessun giro di parole, nessun filtro, nessuno sconto.
Gli ospiti non conoscono le domande in anticipo: questo crea uno squilibrio, una frizione continua tra il desiderio di controllare la propria immagine pubblica e la spinta a lasciarsi andare. Fagnani lavora proprio in questo spazio incerto, per arrivare al momento in cui l’intervistato si scopre vulnerabile e non sa più cosa aspettarsi.
Un ulteriore elemento di destabilizzazione è lo switch del tono di voce: la conduttrice alterna un linguaggio forbito a un improvviso ritorno al romanesco, creando un ritmo incalzante e imprevedibile che disorienta e costringe a una risposta istintiva.

Il risultato? Interviste che, quando riescono, sono vere e memorabili. È il caso di Sabrina Impacciatore, capace di commuovere e coinvolgere con sincerità, o di Bianca Guaccero e Valeria Golino, che hanno saputo giocare con il format senza perdere autenticità.
Ma ci sono anche casi opposti, in cui l’ospite si irrigidisce o addirittura crolla: Teo Mammucari, incapace di sostenere la pressione, ha lasciato lo studio; Asia Argento si è offesa apertamente; Riccardo Scamarcio, invece, ha mantenuto un atteggiamento ermetico, quasi impermeabile.
A rafforzare il fascino di Belve ci sono anche le sue frasi cult, diventate virali sui social e attese dai fan come veri e propri mantra collettivi. Tra queste, spiccano alcune domande ricorrenti che Fagnani pone con apparente leggerezza, ma che spesso mettono l’ospite in seria difficoltà. C’è la richiesta di autoanalisi: “Il suo più grande pregio?”, “E il peggior difetto?”. Domande semplici solo in apparenza, perché costringono a una sintesi onesta che pochi riescono a gestire senza inciampare.
Poi ci sono le provocazioni semi-comiche, come la famigerata: “Lei è considerata un’icona gay”, posta con tono neutro e curioso, che ha messo in difficoltà attrici, cantanti e politici. E ancora, il celebre momento in cui Fagnani tira fuori il famoso “circoletto” (chiamato così da Giuliana De Sio) del mondo cinematografico, per far emergere tensioni latenti.
L’imprevedibilità è la chiave, il non sapere mai se l’intervista sarà un successo, un tracollo o una sfida tirata fino all’ultima domanda, che rende Belve un programma potente, coinvolgente, e profondamente umano.
Perché dietro ogni “belva” c’è una storia, una frattura, un punto debole. E Francesca Fagnani sa esattamente dove cercarlo.
