Operazione ACAB

Nel torpore in cui versa il cinema italiano da ormai diverso tempo, uno dei principali motivi che porteranno all’inevitabile collasso di Cinecittà sarà l’abiura pressocché totale del cinema di genere.
Quello della morte del cinema di genere in Italia è infatti una annosa questione che si ripropone ciclicamente ogni volta che l’autore illuminato di turno porta nelle sale un film in grado di attirare masse copiose ed entusiaste (assai di rado, a dire il vero).
Probabilmente, l’ultima volta che si è parlato con così tanto affanno di cinema di genere fu quella volta che il geniaccio Gabriele Mainetti se ne uscì con Lo Chiamavano Jeeg Robot. E allora tutti pronti a far uscire hero movie all’italiana. Fu solo una fiammata. E menomale.
Ma se nessuno si è accorto che in Italia è agonizzante persino la commedia, figuriamoci quanto possa accendersi il dibattito intorno al cinema politico.
Inutile citare Elio Petri, tantomeno scomodare Nanni Loy o Damiano Damiani. Il nostro cinema ha preferito sconfessare ogni forma di impegno civile in nome di un benaltrismo che non sembra voler portare da nessuna parte. Tolte le dovute eccezioni (il cinema dei padri, Bellocchio, Moretti, Martone…), o solipsismi di stagione (Diaz – Don’t Clean up This Blood di Vicari, Sulla mia pelle di Cremonini, Palazzina LAF di Riondino, La grande ambizione di Segre), rimane ben poco.
Ci sono però delle fortunate eccezioni. E tra queste, una delle più interessanti è ACAB – All Cops Are Bastards. Così come Romanzo criminale, Gomorra e Suburra, anche ACAB è un prodotto trasmediale, che cioè ben si adatta a più forme di narrazione: il film di Stefano Sollima (primo capitolo di una trilogia sulla Roma Criminale che comprende anche Suburra – Il film e Adagio); la recente serie tv Netflix e il punto di partenza, ovvero il libro di Carlo Bonini, recentemente ripubblicato in una nuova edizione dalla casa editrice Feltrinelli.

E a veder bene, ACAB, Romanzo Criminale, Gomorra e Suburra sono tutte operazioni con una matrice comune, oltre alla presenza costante di Sollima in qualità di regista o produttore in almeno una delle declinazioni del prodotto mediale.
E quella matrice comune è sempre il libro come punto di partenza. Che si tratti di Saviano (Gomorra), De Cataldo (Romanzo Criminale e Suburra) o Bonini (Suburra e ACAB), i guizzi di cinema civile partono sempre da un grande lavoro di scrittura.
Il materiale per nuove operazioni di questo tipo di certo non manca…