Matrix Resurrections: le parole della regista Lana Wachowski e la chiave per comprendere il film

Quarto capitolo della saga con protagonista Keanu Reeves e più recente opera della regista Lana Wachowski, Matrix Resurrections ha suscitato non poche critiche dopo la sua uscita, rivelandosi un film molto difficile da analizzare e da comprendere. Sarebbe un errore però giudicarlo semplicemente come un quarto capitolo stanco, o senza senso, scritto male e ricco di confusione. Per trovare la corretta chiave di lettura dell’opera può essere utile capire le parole della regista stessa, in un’intervista rilasciata prima dell’uscita del film e che dopo la sua visione assumono un significato fondamentale. Vanno considerati inoltre, per ricostruire un quadro più completo, anche eventi avvenuti fuori dal set e che riguardano la vita privata della regista nonché della sua carriera.
L’intervento di Lana Wachowski
L’intervista in questione è parte di un intervento di Lana Wachowski al Berlin International Literature Festival, evento a cui è stata ospite proprio nel 2021 qualche mese prima dell’uscita di Matrix Resurrections. Nella serata le sono state poste molte domande sia sul film in uscita, sia sul suo modo di vivere il lavoro creativo, su come funzioni il processo che porta lei e i suoi collaboratori al concepimento di opere tanto iconiche e originali. La Wachowski ha rivelato dettagli molto interessanti per chiunque si appassioni di cinema o creatività e arte in generale, ad esempio che spesso parte da una musica per concepire l’idea di una storia invece di aggiungerla in seguito a film realizzato, in quanto la musica comunica immediatamente sensazioni ed emozioni da cui è più semplice partire per immaginare lo spirito e il senso di un’opera. In seguito le viene chiesto cosa l’ha spinta a riaprire una saga storica scritta come quella di Matrix, e la risposta sorprendente e molto intima riguarda proprio degli eventi nella vita personale della regista. Lana Wachowski racconta infatti che in un periodo molto breve entrambi i suoi genitori e un amico sono morti, si è ritrovata quindi a dover processare un periodo molto intenso di lutto difficile da superare, e che questo l’ha portata ad immaginare di riportare indietro questi affetti a lei cari ormai assenti. Questi eventi molto intimi e delicati hanno ispirato la trama del quarto capitolo infatti chiamato Resurrections.

Solo un conforto o anche arte critica e filosofia?
«È semplice, questo è cosa fa l’arte, cosa fanno le storie, ci confortano e sono importanti»
Con queste parole Lana Wachoski riassume la sua risposta a una serie di domande e incertezze che racconta di essersi posta, dubbi e ansie che possono accompagnare certamente un artista nell’andare a lavorare ad un’opera già conclusa e storica come la saga di Matrix. Alla luce di queste affermazioni personali risulta anche molto più chiara la comprensione di scelte nell’opera che in sala potevano lasciare sorpresi o dubbiosi i fan, come il rapporto con la follia e il dolore, le difficoltà nelle relazioni sociali in seguito ad eventi traumatici, vissuti dai protagonisti, ma anche appunto dagli artisti nel mondo reale, e in generale le emozioni come protagoniste assolute del film.
Anche avendo più chiaro un quadro del contesto che ha fatto nascere la pellicola, ciò non giustifica la presenza di difetti abbastanza oggettivi dell’opera, come una trama dimenticabile se non assente, un eccessivo e spiacevole girlpower, un fan service ricco con tanto di creature dagli occhioni dolci degni di un film Disney e non certo adatti a un Matrix. Ciò che lascia più confusi è che nella seconda parte del film si realizzano tutti quegli stereotipi o difetti del mondo del cinema contemporaneo che vengono criticati sapientemente e brillantemente nella prima parte, come se Lana Wachowski stesse dicendo al pubblico “ecco cosa accettate di guardare e spesso cosa pretendete di guardare”, per poi inserirlo puntualmente nella seconda parte.
È chiaro che Matrix Resurrections sia stato concepito in un momento di lutto, di confusione e magari anche di rabbia e depressione, ma il lato critico della nostra società, della fama, dei social, dell’insensibilità verso il prossimo più fragile e verso l’altro in generale è comunque molto presente e lucido. Se la scelta di inserire questi elementi stereotipati, grotteschi e ridicoli e renderli protagonisti della seconda parte del film è stata inconscia, allora può succedere ad ogni creativo e artista, ma se tale scelta è stata frutto di una strategia lucida per sorprendere, e magari anche provocare le coscienze degli spettatori, forse il gioco non è valso la candela. Si può fare grande cinema o grande arte critica e intellettuale senza compromettere e stravolgere il senso e anche la dignità e il rispetto di un’opera, come la stessa Lana Wachowski ha pienamente dimostrato in passato insieme alla sorella.
