Gigi Proietti: ci lascia il Cavaliere Nero.

Ci lascia il Cavaliere Nero. Battitore libero, trasversalmente amato, attento a coltivare nuove generazioni di attori. Ci ha regalato il riso e l’ironia come strumenti di comprensione e di adattamento alla vita. Gigi Proietti avrebbe compiuto oggi 80 anni.
Alla vigilia del suo compleanno, Gigi Proietti, il 1 novembre, già ricoverato in una clinica romana per un malore dovuto ad uno scompenso cardiaco, si aggrava. Si spegnerà il giorno dopo, non arrivando a soffiare sulle sue 80, splendide, candeline, lasciando stordito il suo pubblico, di ogni età, trasversale, numeroso, che perde con lui la sicurezza del sorriso, in un momento di già grande fragilità diffusa. Quel sorriso-riso sempre e comunque, ad ogni costo, di fronte ad ogni cosa della nostra vita. Una vita che al grandissimo attore che era, piaceva rappresentare nella sua interezza, tra vizi e virtù dell’uomo comune, reinterpretazioni dei suoi miti e delle sue favole, dissacrazioni a fin di bene di ogni pomposa vanità dell’Uomo. Di sé diceva di aver raccontato nella sua autobiografia, uscita per Rizzoli, ”l’allegria di allora, impastandola a quella di oggi. Ma senza nostalgia, per l’amor d’Iddio. No, semmai con la gioia per un passato che la mente riscrive come vuole, come un sogno ricorrente che, negli anni, abbiamo imparato a controllare”.
L’anagramma
Teatro-Attore: 6 lettere rimescolate, che per l’amico Vincenzo Salemme, affidando il suo ricordo dell’attore ad una lettera riportata oggi dall’Ansa, coincidono in Proietti nell’”esempio più nobile di teatro”, espressione cioè di un teatro onesto, etico, corredato da un rapporto sempre franco con il pubblico, con il quale stringere via via un patto sempre diverso, e che ogni volta lo ripagava con la sua altrettanto autentica partecipazione. Gigi Proietti è stato a lungo, per oltre 50 anni, il grande mattatore dello spettacolo italiano, un fuoriclasse, un personaggio unico, “il più luminoso dei Giullari”, sempre nella descrizione di Salemme, passando per il teatro d’avanguardia, i night club, il musical, il varietà, la televisione, la musica, il doppiaggio, il cinema – 33 fiction, 42 film, 51 spettacoli teatrali di cui 37 da regista, 10 album da solista, 8 opere liriche con la sua direzione – e disegnando personaggi indimenticabili come Mandrake, Gastone, il Maresciallo Rocca. Innalzando finanche la “barzelletta” – il Cavaliere nero in testa – a cameo d’arte teatrale, accanto ad altri frammenti di autentica poesia. Tra indiscussa tecnica e innato carisma – talento, in una parola – sapeva attraversare i generi, che attraversavano lui, come fili nella cruna di un versatile ago.
La Roma di Gigi
Proietti ci nasce, a Roma, nel pieno del suo centro storico, ma poi ne vivrà le periferie, ed è romano dentro, con quell’orgoglio che possono permettersi quelli che mai se ne fanno e faranno detrattori. Neppure di fronte all’evidenza delle sue carenze e delle sue mancanze. Ci nasce e ci studia, canta nei suoi locali notturni, recita nei suoi teatri – in tanti dei suoi teatri, fino all’amato, personale, progetto del Globe, nel mezzo di Villa Borghese, il palcoscenico elisabettiano che guidava da 17 anni –, ama il suo fiume, il Tevere, che più volte racconterà com’era, con nostalgia dei suoi argini affollati. E quando parla di Roma si capisce che non parla di luoghi, ma di vie dell’anima, tracce della sua biografia personale e artistica che trovano in questa città le sue quinte teatrali ideali.

Gigi Proietti durante il fotocall di presentazione del suo spettacolo teatrale “di nuovo buonasera” al Sistina.
CLAUDIO PERI
L’insegnamento
In una apparizione in tv, parlando dell’oggi, invitava i più giovani a studiare, studiare non solo le nuove tecnologie, ma anche l’”antico”. Non il vecchio, l’antico, spronandoli a recuperare il senso della memoria per la comprensione della realtà. In una recente intervista per un quotidiano raccontava da ultimo di un progetto pensato per i giovani romani. Una radio, Radio Raccordo Anulare, emittente gestita da giovani per tenere collegate e informate tutte le zone della città, specie le periferie, per sopperire, anche qui, al problema della comunicazione. “I romani devono conoscersi, non rimanere distanti come isole”. Una “comunanza” che sentiva profondamente, che non mancava di ribadire e testimoniare, un richiamo all’umanità così attuale nel momento che stiamo vivendo. Nel ricordo che gli dedica la Fondazione Versiliana la citazione di alcune sue parole: “Nella totale perdita di valori della gente, il teatro è un buon pozzo dove attingere“, parole a supporto oggi come mai dell’importanza del teatro e dello spettacolo – di recente ribadite purtroppo anche nelle piazze dai loro lavoratori in difficoltà – in una società alle prese non solo con una grave emergenza sanitaria, e quindi economica e sociale, ma anche con una altrettanto pericolosa e preoccupante crisi di valori. E poi, come è stato ricordato anche oggi, Proietti aveva un vero e proprio pallino per i giovani talenti. In tanti sono cresciuti col suo sostegno, e lo chiamano Maestro, per quelle perle di insegnamento che ha loro lasciato, intorno ad un mestiere “col quale si gioca, ma non si scherza”.
Dai Premi agli Omaggi
Gigi Proietti ha ricevuto una nomination per i Nastri d’Argento come migliore attore non protagonista per il film “Brancaleone alle crociate” e ha vinto due Premi Nastri d’Argento: nel 2003 come migliore attore protagonista per “Febbre da cavallo – La mandrakata” e quello sicuramente più gradito, nel 2018, il Premio alla carriera. Fu palpabile anche da casa la commozione del pubblico presente per le parole che ha pronunciato nel ritirarlo, intese a condividere sinceramente quell’ambito riconoscimento con gli altri, la sua famiglia, i suoi collaboratori, il suo pubblico, come artefici e destinatari tutti, accanto a lui, di quel successo. Salire sul podio è bello, ma ancor più scenderne – questa la sua conclusione – per vivere la vita, anche la più banale, ma con autenticità, fino in fondo. Tante oggi le espressioni di cordoglio e gratitudine che da più parti sono state dedicate a Gigi Proietti. Tra gli omaggi proprio quello della sua Roma, annunciato dalla sindaca Virginia Raggi, che vedrà proiettata una foto dell’attore sul Colosseo e sul Campidoglio, forse fin da stasera. Mentre gli dedica una poesia in dialetto romanesco un altro attore italiano molto amato, Pierfrancesco Favino, che sceglie Facebook per diffonderla. Forse, c’è dentro un po’ quello che tutti noi avremmo voluto dirgli, nel salutarlo, e fa così l’ultima strofa: ”Te se guardava Gi’, te se guardava e basta come se guarda er cielo, senza vole’ risposta. All’angeli là sopra faje fa du risate, ai cherubini imparaje che so’ le stornellate. Salutece San Pietro, stavolta quello vero, tanto già ce lo sanno chi è er Cavaliere Nero”.