Numero Zero. Su Netflix un viaggio alle origini del rap italiano
“L’Hip-Hop è una cultura nata a New York, nel Bronx. Si fonda su quattro elementi: il b-boying o breakdance, il writing, il djing e il rap. In Italia negli anni ’90 si è vissuta quella che da molti viene considerata la Golden Era dell’Hip-Hop. Comunque la pensiate, questa è la storia del rap italiano e dei suoi pionieri”.
Questo è il galvanizzante incipit attraverso il quale la voce narrante di Ensi rompe il breve ed emozionante silenzio che caratterizza i primi istanti di Numero Zero, documentario musicale diretto da Enrico Bisi.
Numero Zero. Su Netflix la storia dell’hip hop italiano
Numero Zero è un’appassionante tributo, un dettagliato e coinvolgente tour nel decennio che ha visto la gestazione e le prime evoluzioni del rap in Italia. Capace di farci riassaporare le atmosfere, i costumi e l’eccitante fervore che hanno da subito caratterizzato questo movimento musicale e culturale.
Novanta minuti in cui viene intervistata, per la gioia degli appassionati, gran parte dei protagonisti della scena rap di allora.
Basta aspettare infatti meno di una manciata di minuti per riconoscere, senza troppe difficoltà, la voce di artisti storici come Neffa, Ice One o Fabri Fibra, restando travolti da un susseguirsi di suggestive immagini e riprese originali, sapientemente alternate alle continue interviste ad artisti e personaggi che lavoravano in quell’ambiente.
Immancabile la presenza di Dj Albertino che per primo ospitò nella sua trasmissione radiofonica One Two One Two, condotta insieme a J-Ax, moltissimi artisti che orbitavano intorno alla nostra ancor giovane scena Hip-Hop, riuscendo a trasformare lo studio radiofonico in un immaginario ring pugilistico sul quale i vari rapper si affrontavano in ogni puntata a colpi di rime, metriche e freestyle.
Segnaliamo ancora oggi la presenza in rete di alcune registrazioni ormai st oriche e di culto per gli appassionati, grazie alle quali possiamo ancora goderci il sapore delle prime battles e i primi accenni a quella competitività, che sfociò di lì a poco in vere e proprie Jam o Contest. Raduni sempre più diffusi e partecipati in tutta la penisola nei quali ci si sfidava in tutte e quattro le discipline che caratterizzano questa cultura. (breakdance, writing, rap e djing).
Spread the world, spargi il verbo
One Two One Two fu un appuntamento fisso e un faro nella tempesta per una nicchia crescente di persone che iniziavano a seguire con interesse quei primi gruppi e movimenti musicali di questo genere. Così come AL magazine, storica rivista che durante tutti i dieci anni di attività ha favorito sensibilmente l’espansione e l’evoluzione di quell’ancora inedito fenomeno, occupandosi di ogni suo aspetto a 360°. A ricordarlo nel documentario è Paola Zukar – ex collaboratrice di AL magazine e già manager di Marracash, Fibra e Clementino – che contribuì attivamente alla nascita di nuovi collettivi e nuovi gruppi rap in tutta Italia.
Inutile spiegare quanto sia complicato sintetizzare più di dieci anni di storia in un’ora e mezza di pellicola, ma bisogna quantomeno ricordarlo a chi ha criticato – soprattutto in rete – il lavoro di Bisi, lamentando l’esclusione di artisti che probabilmente meritavano di essere anch’essi citati nel film.
Numero Zero merita comunque tutti gli apprezzamenti e i premi che ha ricevuto dalla critica, riuscendo a regalare allo spettatore un piacevole tuffo nel passato, capace di far rivivere dall’interno, anche ai meno appassionati, il rap italiano, i suoi protagonisti e i vari contesti che ne hanno consentito la genesi e la diffusione.
Articolo a cura di Valerio Tomaselli