“Ghiaccio Bollente”. La Rai del chiudo-non chiudo
Il format di Carlo Massarini eliminato dal palinsesto? “Il programma non chiude: a primavera in prima serata” smentisce Rai5 su Facebook. Ieri sera intanto l’ultima puntata in onda fra petizioni e dubbi su una Rai che gioca con la qualità altrui.
Con un riforma Rai che torna di fatto a ridare ampi poteri all’esecutivo come ai tempi della prima Repubblica, di aria nuova a viale Mazzini se ne respira ben poca. Quel che è certo rimane la costanza nel sopprimere programmi culturali dai palinsesti nazionali. L’ultimo atto di questo perverso sentiero è la chiusura improvvisa di “Ghiaccio Bollente”, programma musicale ideato e condotto dal noto giornalista Carlo Massarini. La possibile chiusura, che sembra provenire dai vertici di Rai5 e Rai Scuola e non dal direttore Campo dall’Orto, ha scosso i telespettatori del programma e lo stesso conduttore ligure. Stando a un comunicato della rete, “il programma tornerà in primavera”. Di fatto ieri sera su Rai 5 è andata in onda l’ultima – per ora – puntata della trasmissione e il limbo del dubbio rimane più che vivo. “È arrivata una mail di una riga, non c’è stato nessun contatto personale né spiegazioni al nostro produttore. Le spese – dichiara Massarini – erano molto più basse in confronto agli altri programmi e i risultati in media con quelli della Rete, talvolta migliori”. Perché allora sopprimere un programma pur di nicchia ma seguito, culturale, e in onda su una rete non ammiraglia? “Considerando che in due anni non abbiamo mai avuto un supporto verrebbe da pensare che non eravamo certo una loro priorità” ha detto Massarini.
Il giornalista dopo un passato radiofonico è stato ideatore e conduttore di vari format di grande successo come “Mister Fantasy” e “Per Voi Giovani”: programmi che hanno contraddistinto l’ingresso in Rai di contenuti culturali di qualità sapientemente divulgati. Dagli anni ’80 Massarini ha portato nelle case dei giovani italiani e non, i generi e le tematiche di artisti e mostri sacri largamente citati all’estero e poco conosciuti o malamente diffusi in Italia. In un’epoca in cui la rete era assente e nello stivale imperavano Marcella Bella e Albano, si è potuto conoscere tanta bella musica, italianissima e straniera, grazie a gente come Massarini. Insomma raccontare le storie delle band post-punk inglesi, il cantautorato americano e l’elettronica europea nell’era e nella Rai post-DC era una mossa importante, un ottimo stimolo per i tempi. E forse è proprio questo punto ad aver concesso agli ostili interni la possibilità di affondare un programma del genere nonostante il rigore alternativo dei documentari e la qualità dei concerti proposti. L’adeguarsi – e ci sono pochi biasimi ma molti fantasmi del passato in questo caso – al mercato sta distruggendo la Rai da oltre vent’anni. Non sarebbe un peccato dunque se la Rai riuscisse a esprimersi a pieno su diversi fronti, soprattutto alla luce dei numeri che la pongono come il quinto broadcast continentale per offerta e mezzi. Si potrebbero tutelare i molti utenti che desiderano una televisione di qualità, sia culturale che e d’intrattenimento, invece costretti a fare le ore piccole per guardare qualcosa di interessante. Ma al momento tutto questo è utopia e il canone Rai continua a rimanere – erroneamente – la tassa più odiata e meno pagata dagli italiani.
Così, come per “Alcatraz” nel 2000, “Passepartout” di Philippe Daverio nel 2011 o “La Storia Siamo Noi” di Minoli nel 2014 – solo per citarne alcuni – anche l’ex Mister Fantasy sa che le cose cambiano, ma che vengono altrettanto gestite male. “La musica in tv non gode di eccessiva attenzione. Ci sono i talent, c’è il Festival di Sanremo, ma viene completamente ignorata la musica di livello – spiega Massarini – quella innovativa, quella fuori dal mainstream: noi facevamo esattamente questo, riempivamo uno spazio che nessun altro presidia”. La palla ora ai vertici aziendali, soprattutto dopo la petizione da oltre 15’000 adesioni su change.org firmate anche da artisti come gli italiani Afterhours o i Talking Heads. “Voglio una Rai-pop” dichiarò all’inizio del suo incarico l’attuale direttore Antonio Campo dall’Orto, lui proveniente da quella realtà solo patinatamente vicina ai giovani ma comunque alternativa che fu Mtv. Ai fatti viene da fare soltanto un grande in bocca al lupo a Mister Fantasy e alla televisione di qualità.