Il carcere degli innocenti: sempre più imputati in attesa di giudizio

Su circa sessantacinquemila detenuti italiani, trentamila sono presunti innocenti, ovvero il 44%, mentre la media europea si aggira attorno al 28% e quella tedesca al 15%.
Sono molteplici i motivi che portano sempre più a parlare del cosiddetto “carcere degli innocenti”. Scambi di persona, intercettazioni sbagliate, errori da parte degli investigatori, false testimonianze o falsi indizi sono molto più frequenti di quanto si possa immaginare e danno inizio a un calvario che per molti è letteralmente insostenibile.
Le carceri giudiziarie sono piene di disperati e i tempi della giustizia sono lentissimi e affrontare il carcere è un’esperienza amara per chiunque, per chi sta dentro in attesa del processo lo è ancora di più. Ricordiamoci che una persona è “presunto innocente” finché non è stata emessa una sentenza definitiva, anche se in Italia questo concetto fatica a essere metabolizzato e molto spesso una semplice indagine può avere un impatto stigmatizzante anche in caso di estraneità ai fatti.
L’esperienza del carcere può avere degli effetti devastanti per la psiche, che viene a trovarsi in uno stato di costrizione che non è abituata ad affrontare, ed è bene che venga sempre ricordato che in una società civile il carcere non deve essere considerato come una “punizione”, una “vendetta”, ma un luogo di riabilitazione.
Ecco cosa racconta una testimone che ha vissuto in prima persona questa esperienza:
“essere sottoposto a una custodia cautelare in carcere in attesa di giudizio è un vero incubo, a causa soprattutto del sovraffollamento che c’è nelle carceri italiane. Il primo giorno in carcere, bisogna avere tanta fortuna che ci sia una branda libera, diversamente ti può capitare di dormire con il materasso sul pavimento, sperando che sia una cella pulita, ma di solito è sempre sporca, con macchie dappertutto sui muri. Nell’attesa di essere interrogati dal magistrato di turno, gli agenti ti dicono: Non si preoccupi, appena si libera un posto andrà in sezione, in una cella migliore assieme ad altri detenuti. Ed è proprio in quel momento che comincia per qualcuno l’incubo. Ti trovi in una cella intasata di brande posizionate a castello, non c’è spazio per muoversi e se una persona è in piedi, gli altri devono rimanere sdraiati sulla branda… “.
Secondo la riflessione del sociologo Goffman, l’ingresso del detenuto in carcere coincide con quella che egli definisce spoliazione, ovvero la perdita dei beni materiali che il detenuto possiede, ma soprattutto segna l’inizio della perdita del sé, determinata in primis dalla rescissione dei legami affettivi, familiari e sociali: l’istituzione totale innalza una barriera tra il detenuto e il mondo sociale esterno, e affrontare questo da innocente è devastante.
Un detenuto anche se ha commesso dei reati è pur sempre una persona e la dignità deve essere sempre preservata. Trovare soluzioni che permettono a chi ha sbagliato di affrontare con decoro la pena è un’urgenza, ma ancora di più è quella di trovare delle misure efficaci per velocizzare i tempi di attesa e di evitare traumi soprattutto a coloro che si trovano coinvolti in un incubo senza motivo.
di Serena Panacchia
9 ottobre 2013